Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci


Dossier URSS

La legge sui collettivi di lavoro:
il diritto della classe operaia all’"autosfruttamento"


"Una serie di disposizioni destinate ad ampliare i poteri dei lavoratori nella conduzione delle aziende". Così commenta "Interstampa", n. dei dicembre '83, presentando la legge.

Vediamo in sintesi di che si tratta.

La premessa è che "ogni lavoratore deve sentirsi (?) padrone della propria impresa e rappresentante del suo paese." Dopo la premessa gli obiettivi: un "lavoro altamente produttivo", l'"applicazione dei piani statali e delle norme contrattuali", "l'accrescimento dell’efficienza e della qualità dei lavoro, il consolidamento della disciplina nella produzione e nella società".

Ma chi decide? L'operaio che "deve sentirsi padrone"? L'articolo 3 non lascia dubbi: "Gli organi amministrativi e del potere statale assicurano allo Stato la direzione dell'attività dei collettivi di lavoro sulla base dei centralismo democratico". L’operaio-"padrone" ha il potere di applicare le norme decise dai "legittimo" potere "democraticamente" espresso dalla "nazione".

Ed ecco, a partire da questa precisazione sui ruoli, i concreti diritti che competono ai collettivi.

I collettivi "avanzano candidature", "ascoltano i rendiconti", "sollevano problemi", "partecipano alla elaborazione e alla discussione", "elaborano piani intermedi" per l'utilizzazione delle risorse messe a loro disposizione, "adottano provvedimenti" in conformità a ciò, "confermano ed applicano le misure", "ratificano le norme"…

Di che si tratta in sostanza? Dell’applicazione dei piani di utilizzo dei capitali destinati all’azienda in maniera "partecipata".

In cambio di che?

I collettivi possono adottare misure di incentivazione sociale per chi si distingue sul lavoro (una sorta di promozione di grado per gli "arrampicatori sociali"); possono proporre incentivi morali ed economici per i più solerti; possono destinare "ulteriori sussidi e facilitazioni, prelevandoli dal fondo previsto per questi fini, a favore di coloro che introducono innovazioni tecnologiche" (ovvero di forme di "taylorizzazione" del lavoro che riducano gli "sprechi" derivanti da scarsa produttività: innovazione che, ovviamente, ben sta a cuore agli strati tecnici e manageriali direttamente interessati alla contabilità aziendale); possono fare altrettanto "a favore degli operai d'avanguardia (cioè di quelli che impongono alla massa norme più alte di produttività, n.) e di coloro che hanno lavorato per un lungo periodo e con coscienza nelle imprese". (Avete mai sentito parlare dei "circoli di produzione" alla Fiat e consimili?)

I collettivi possono (o devono?) altresì pensare anche al rovescio della medaglia. Possono prendere "provvedimenti che vanno dalla riduzione temporanea del salario al licenziamento" o alla "non assegnazione totale o parziale dei premi di produzione" nei confronti degli operai non "disciplinati"; "sollevano il problema della non concessione dei premi di produzione annuale e degli scatti di anzianità di servizio, di ulteriori ferie retribuite per anzianità di servizio, nel medesimo posto, propongono il risarcimento dei danni materiali causati all'impresa, all'ente e all'organizzazione, propongono gli spostamenti dei termini di consegna degli appartamenti e l'assunzione di altre misure restrittive previste dalla legislazione" ed infine "partecipano alla soluzione dei problemi riguardanti l'utilizzo, secondo le norme sancite, delle somme risparmiate dal collettivo sul monte salari complessivo grazie alla riduzione degli addetti per in centivare i lavoratori che realizzano un maggior volume di lavoro rispetto alle norme vigenti (obiettivi)".

Saremmo davvero curiosi di sapere dai "filorussi" nostrani in che cosa questa legislazione "socialista" si differenzi dal dispotismo aziendale che ha qui da noi elevato la produttività, introdotto misure di asfissia dei diritti politici e mandato a spasso centinaia di migliaia di "esuberanti", se non il fatto che in URSS questa funzione di polizia del capitale dovrebbe accollarsela la stessa classe operaia (vedi l’esempio bielorusso citato da Gorbacev e i tanti altri d "denunzie" sollecitate e portate in palmo di mano sulla stampa da parte di singoli operai venduti contro i propri compagni di lavoro "indisciplinati" senza "orgoglio" di produzione e di patria…

L’unico diritto di rilievo che sembrerebbe affacciarsi nella nuova legge è quello relativo alla consultazione del collettivo per la nomina e la revoca dei quadri dirigenziali dell’azienda, del direttore aziendale e degli altri quadri. Si prevede in proposito che "deve essere presa in considerazione l’opinione del collettivo di lavoro" e, ricorda "Interstampa, "non è forse inutile ricordare che proprio la nomina del direttore d’azienda occupò a lungo un posto non indifferente nelle discussioni fra i lavoratori polacchi". (n. del dic. ’83).

Senonché questo diritto, ove potesse uscire dai limiti dell’opinione (che non costa nulla), sarebbe esercitato dalla classe operaia per la tutela dei propri interessi immediati, in contrasto con tutte le regole cui mira la legge in oggetto. Tant'è. La stessa "Interstampa" annota: "In un'intervista al settimanale "Nouvelles de Moscou" (25/9/'83) il ministro della giustizia dell'URSS, Vladimir Terebilov, ha dichiarato in proposito: "Come questo avverrà sul piano pratico non saprei affermarlo".

E’ evidente che i "poteri" del collettivo sono stati precostituiti come poteri dei cani da guardia dei regime all'interno della classe operaia. ("Il capo-brigata è una figura-cerniera tra la sfera del lavoro e quella della politica. Tre status devono sovrapporsi in esso: operaio, capofabbrica e rappresentante del potere", M. Drach, cit.) Non è facilmente pensabile che la massa operaia decida di attuare operazioni "spontanee" o indotte per via indolore di polizia contro se stessa. In Jugoslavia, paese antesignano dell'"autogestione", si è spesso verificato il contrario: un blocco solidale di classe, sia pure sulla base estremamente infida di un'autogestione che permette, al massimo, solo margini a valle del meccanismo produttivo)E’ più probabile, invece, che la forma ed i contenuti del "collettivo" costituiranno il terreno di un'azione di massa volta a capovolgerlo nel suo opposto.

Un reale collettivo operaio per gli operai...

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci