Questo giornale

Chi lo fa, a chi si rivolge, con quali scopi


Questo giornale esce in un momento particolarmente difficile del movimento proletario e della tendenza marxista.

Promettente, ma difficile. Promettente, perché sia pure tra alti e bassi, fasi di calma, sussulti e straordinarie lotte (Polonia, Inghilterra, Iran, ...), il movimento proletario sta tornando in campo come forza indipendente.

Difficile, perché non si darà nessuna crescita puramente spontanea del movimento. Che anzi, la discontinuità, l'isolamento in cui le lotte più avanzate rischiano di trovarsi, il peso dominante del riformismo e l'assenza di un programma, una strategia e un’organizzazione comunista all'altezza dei compiti possono tarpare le ali alla ripresa.

In Italia, poi, la situazione è resa ancora più complessa da due fenomeni, diversi tra loro, ma concorrenti nel tempo e negli effetti. Da un lato la bancarotta delle BR e dell’Autonomia ("monumentale ed insieme tragicamente ridicola Canossa"), dall'altro la crisi irreversibile della principale organizzazione della Sinistra comunista.

In tempi non sospetti avevamo previsto come inesorabile questo doppio decorso, ma, ben lungi dal rallegrarci per l'esattezza della nostre previsioni, calcoliamo tutti i rischi indotti connessi ad una simile disfatta e, oggi come ieri, lavoriamo non solo a prevedere, ma a lottare per prevenire le disfatte ed invertire la rotta ai tini della vittoria teorica e pratica del comunismo rivoluzionario.

Un sentimento di rassegnazione e di sconfitta rischia, infatti, di sedimentarsi anche al di fuori delle fila soggettiviste e guerrigliere. Sull’altro versante, rischia di essere compromesso il richiamo al marxismo autentico ed ai fondamentali insegnamenti che provengono dalla lotta della Sinistra contro la degenerazione dell’Internazionale. La situazione è, dunque, densa di difficoltà e pericoli, sia nel mondo proletario che nel campo rivoluzionario. Anche perché va allargandosi nell'immediato l'influenza di organizzazioni riformiste o centriste, di vecchio o nuovo conio come i gruppi filorussi, Democrazia proletaria, Lotta comunista.

E tuttavia lo svolgimento dei fatti ci ripete: "Hic Rhodus, hic salta". È ora che una tendenza genuinamente marxista e leninista si faccia avanti. Questo è il suo momento. Ne siamo certi.

L’uscita del Che fare è l'intensificata produzione di opuscoli e Quaderni marxisti, dei fogli operai, nonché del generale nostro intervento a tutti i livelli in quanto organizzazione, provano che non intendiamo tirarci indietro.

Questo giornale è fatto dal Centro di iniziativa marxista e dai Nuclei leninisti internazionalisti, di cui esprime la linea politica. Questi due raggruppamenti, attraverso un confronto serrato e lungo e un comune intervento nel proletariato, hanno raggiunto un livello di omogeneità tale da rendere possibile la fusione delle loro forze in un'unica organizzazione.

È particolarmente significativo per noi che a tale fusione si giunga da storie, tradizioni e percorsi differenti. E che ciò si è conseguito non abbassando i rispettivi livelli ai minimi comuni denominatori, ma superandoli al fuoco delle esperienze di confronto teorico-politico e di lotta con cui ci siamo misurati. Questo è per noi un sintomo e un esempio di come si andrà, in questa fase di tendenziale ripresa della lotta di classe rivoluzionaria, ad un effettivo "crogiuolo di formazione del Partito".

Rispondiamo cosi alla necessità dell'ora: superare lo stadio della frammentazione settaria delle avanguardie rivoluzionarie effettive per favorire il superamento della dispersione aziendale, locale, nazionale in cui sono tenute, dagli apparati borghesi, le prime anche significative esperienze di lotta di massa.

Il principale problema politico di oggi è che le forme di resistenza operaia e proletaria esistenti (tali da smentire di per sé ogni teoria della sconfitta, comunque mascherata) non costituiscono ancora una risposta adeguata al livello di scontro che la crisi oggettivamente impone e che la borghesia, da parte sua, ha assunto.

Ai rivoluzionari ed alla classe nel suo insieme spetta il compito di elaborare e praticare una organica politica di resistenza e di unificazione del fronte proletario, per garantire la continuità del movimento e raggruppare le forze disponibili. Alla concentrazione e centralizzazione borghese intorno agli stati, si deve opporre una tendenza in direzione eguale e contraria da parte del proletariato!

"Che fare", nella sua caratteristica specifica di strumento politico, intende rispondere a questo compito e all'altro, intimamente connesso, di rafforzare una tendenza rivoluzionaria effettivamente agente sul terreno del comunismo di sempre. Attingiamo al complesso della produzione teorica di Marx e di Engels, alle restaurazione e continuazione di essa ad opera di Lenin, all'opposizione conseguente alla controrivoluzione (di cui è perno essenziale il lavoro della Sinistra comunista), gli strumenti fondamentali per risolvere i problemi vecchi e nuovi che lo scontro tra le classi presenta.

Il nostro scopo finale è la conquista del potere politico da parte del proletariato e la instaurazione della società comunista; il nostro riferimento teorico non può essere altro.

Questo giornale è perciò rivolto, innanzitutto, ai comunisti, organizzati o no. Ma è rivolto nel contempo a quei proletari che nella lotta quotidiana rappresentano in modo più coerente gli interessi di classe.

Non sarà, però, un semplice bollettino delle lotte. Certo, l'informazione sulle lotte serve, specie quando (com'è di regola oggi) esse sono assediate da una cortina di silenzio o di deformazione. Non servono, invece, quei giornali (e ce n'è in giro!) che "insegnano" agli operai più combattivi ad occuparsi solo e soltanto, ovvero in primo luogo, della lotta economica, magari pretendendo che da essa derivi automaticamente la conseguenza politica. In questo modo si tiene a mollo (sino a... rammollirli) elementi di avanguardia che altrimenti potrebbero rendersi capaci, attraverso la presenza attiva nelle lotte economiche, di crescere in quanto rivoluzionari professionali del comunismo.

Per parte nostra, faremo di tutto per suscitare e coltivare negli operai d'avanguardia "la passione delle denunce politiche", convinti che una buona parte del lavoro di un'organizzazione comunista debba consistere nell'innalzare le avanguardie alla comprensione scientifica dell'insieme dei rapporti tra le classi, tra le classi e lo stato, tra gli stati. In caso contrario, non solo esse non potrebbero staccarsi da un sia pur inconsapevole riformismo, lungo la via "spontanea" del minimo sforzo, ma si renderebbero incapaci di indicare anche solo le giuste alternative nella lotta immediata stessa.

Ma la nostra ambizione, in prospettiva, va oltre.

Cerchiamo nuovi lettori anche tra coloro che, pur non essendo già comunisti e pur senza subire l'oppressione capitalista sotto l'aspetto dello sfruttamento del lavoro salariato, sentono -fosse pure da un punto di vista particolare- il peso di questa società alienata ed alienante.

La critica di questi "soggetti" si ferma, per lo più, ad uno o all'altro aspetto isolato in se stesso (l'oppressione della donna, il nucleare, l'ecologia, l'emarginazione dei "diversi"...), ad una o all'altra conseguenza necessaria del capitalismo e s’isterilisce nel tentativo, fallimentare in partenza, di sopprimere la conseguenza senza risalire e colpire le cause.

Sulla base di una critica senza concessioni ad ogni sorta di "socialismo" (o "socialità") piccolo-borghese, noi inviteremo questi lettori ad una considerazione globale dei problemi, risalendo la china dal derivato al derivante. Il marxismo, in quanto teoria onnilaterale ed unitaria della liberazione dell'uomo, ce ne offre le armi: intendiamo usarle per raccogliere e sintetizzare le infinite spinte disgregate di opposizione all'oppressione particolare in un unico alveo contro la causa delle cause, il capitalismo, sulla via dell'organizzazione socialista della società, non più scissa in classi antagoniste, non più schiava del profitto e del produttivismo, non più predatrice della natura.

Questo giornale esce in Italia, ma esso è internazionalista in quanto chi lo scrive si ritiene parte di un movimento internazionale per sua essenza, e per esso lavora.

"I proletari non hanno patria": questa frase segna l'atto di nascita del comunismo. I riformisti di ogni risma, tempo e nazionalità hanno moltiplicato i loro sforzi per cancellare questa elementare e sovversiva insegna di battaglia allo scopo di ribattere sulle mani dei proletari i chiodi della divisione nazionale.

Noi tenderemo al massimo le nostre energie per favorire l'unità dei proletari e dei comunisti di tutti i paesi, vicini o lontani che siano. Misuriamo le distanze a modo nostro: una distanza abissale ci separa dai "compatrioti" e "compagni" Craxi e Natta, mentre sentiamo fisicamente al nostro fianco i minatori dello Yorkshire, i proletari cileni o gli operai di Isfahan. E come i borghesi tessono quotidianamente i fili della loro trama, cosi dobbiamo fare noi nel nostro campo. Vittoria o sconfitta: unico sarà il destino del proletariato internazionale.

Questo giornale darà battaglia -lo dichiariamo subito- a tutte le mezze verità, le mezze rivoluzioni, i mezzi comunisti. Sarà necessariamente polemico, perché dovrà farsi strada nella fitta boscaglia delle mistificazioni e dei fraintendimenti opportunisti.

Polemico non settario. Il settarismo consiste nel considerare la "propria" organizzazione come separata da tutte le spinte all'esterno del "proprio" cerchio chiuso. Noi, da marxisti, consideriamo di lavorare come parte distinta nell'ambito del movimento generale, del proletariato e dei comunisti; non ci consideriamo l'alfa o l'omega di esso; sappiamo di aver "qualcosa" da dire a questo movimento ed insieme molte cose da imparare da esso.

Ci comporteremo di conseguenza, impegnandoci sin d'ora a raccogliere ed anzi a sollecitare tutte le critiche serie e motivate che ci si vorranno fare, come noi cercheremo di fare per gli altri, perché la posta in gioco non è la difesa del proprio campicello dalle incursioni esterne, ma l'estensione del campo generale del comunismo.