Botta e risposta col PCI

A PROPOSITO DI TOGLIATTI, DI STORIA, TRADIZIONI  E FUTURO DEL MOVIMENTO DI CLASSE


L' "offensiva storiografica" del PSI su Togliatti e lo stalinismo in Italia ha rimosso le acque su un tema che non riguarda solo o principalmente il passato, ma il presente e il futuro del movimento di classe in Italia e nel mondo. Su quali obiettivi e strumenti di lotta esso dovrà affrontare il suo domani? Togliattiani "oltre" ed antitogliattiani, nonostante la zuffa in corso, danno una stessa e sola risposta: capitalismo, capitalismo, capitalismo for ever.

Immaginiamoci di esser chiamati ad un botta e risposta col PCI sul tema. Via col "confronto"!

PCI: "L'uscita del PSI è strumentale, non trova riscontro nella realtà attuale, mira ad altri scopi. Si tratta quindi di un dibattito falsato per colpire il PCI qual esso realmente è oggi".

Noi: Come ogni azione politica, anche questa è indubbiamente "strumentale", è, cioè, lo strumento per conseguire un determinato scopo. Che non si tratti di "rivangare il passato", ma di discutere del presente e del futuro è stato lo stesso Craxi a dirlo. Fare i conti con Togliatti e lo stalinismo è, per il PSI, lo strumento per obbligare il PCI, cui si riconosce di "aver fatto molta strada" nel frattempo ed a cui si guarda come partner di una futura alternativa al "sistema DC", a determinate condizioni ed in una determinata direzione di marcia, a fare i conti col marxismo tout-court, con l'idea stessa di socialismo e rivoluzione. È un doveroso (da un punto di vista borghese) atto di assicurazione preventiva in vista del conflitti di classe futuri, destinati a rendere di nuovo d'attualità lo spettro del comunismo, e di fronte ai quali occorre una definitiva opera di ripudio di quella "tradizione" e di costruzione di efficaci argini contro il suo risorgere. Non è l'ombra di Togliatti o Baffone a far paura, ma quella, ad esempio, di una Conferenza di lavoratrici e lavoratori già troppo incline - agli occhi del PSI – ad accondiscendenze "operaiste" e "massimaliste". E l'ombra di una lotta planetaria contro il capitalismo richiamata non dalla volontà di singoli o partiti, ma dall'erompere delle contraddizioni stesse del sistema (lo ha ben sentito anche Giovanni Paolo II), e di fronte alla quale ognuno deve prendere sin d'ora una coerente posizione. A tal scopo non basta più neppure il dichiararsi ed essere riformisti. Occorre lavorare attivamente a soffocare ogni possibile occasione di scintilla attuale, perché, lo hanno detto Dante e Lenin, "parva scintilla gran fiamma feconda" e più che mai, domani, ci si potrebbe trovare avvolti da un incendio incontrollabile (e certamente indesiderato) per non aver spento le scintille a tempo debito.

PCI: "Noi difendiamo la nostra tradizione, perché è proprio grazie al "partito nuovo" di Togliatti che abbiamo superato lo stalinismo e possiamo oggi andare anche oltre Togliatti. Siamo un partito pienamente ed irrevocabilmente democratico che non ha bisogno di ulteriori esami".

Noi: E proprio qui sta il punto. Craxi non vi chiede altro che di affermare che siete "pienamente ed irrevocabilmente democratici", nel senso che vi riconoscete dentro questo sistema "democratico" borghese per oggi e per sempre. Tutto questo rappresenta una completa rottura con le tradizioni delle vostre origini e persino con quelle del periodo stalino-togliattiano. Livorno 1921? Ma proprio voi dite che quella scissione è stata una sciagura, che "Turati aveva ragione" (e che persino Saragat aveva le sue buone parti di ragione: omaggio recente da voi tributato al congresso del "compagni" di Nicolazzi!). Stalin e Togliatti stesso (due affossatori del marxismo rivoluzionario secondo noi) mantenevano comunque un punto di riferimento al socialismo, al movimento comunista internazionale, alla rivoluzione. O, se volete, un punto di distinzione ben preciso tra socialismo e capitalismo (così come, tanto per capirci, faceva la socialdemocrazia europea prima del '14, e cioè in maniera tale da concludere poi nel famoso "tradimento del 4 agosto").

Di tutto questo non c'è traccia nel vostro bagaglio dottrinario presente, per non parlare poi della pratica. Che senso ha, allora, tenersi abbarbicati a tradizioni "vostre" che voi per primi avete sconfessato?

PCI: "Ma siamo stati proprio noi ad essere il pilastro della lotta nella Resistenza e dopo per la democrazia, anche assieme con gli "antistalinisti" di oggi, e certamente in prima - se non, talora, in esclusiva - fila". Ed è stato proprio Togliatti a mostrarci questa via grazie al "partito nuovo" ed alla "democrazia progressiva" che già di fatto rappresentava una rottura con lo stalinismo".

Noi: Per l'appunto con Togliatti si sviluppa decisamente una linea di rottura con la tradizione rivoluzionaria delle origini. Tanto vale, a casa sua, per Stalin. Cominciamo allora col dichiarare morta e sepolta la tradizione di Livorno '21 e dell'Ottobre '17 (la "ricollocazione nella storia" di Occhetto non significa, in modo alquanto anguillesco, precisamente questo?). Con Stalin e Togliatti si passa ad un'altra tradizione, che è quella socialdemocratica classica cui oggi vi state associando ("la sinistra europea", come voi dite, ad intendere forse che occorrerà andare persino oltre i confini socialdemocratici). Orbene, la socialdemocrazia tedesca, storicamente nata dalla tradizione marxista, una volta compiuta la sua trasformazione in partito a pieno ed esclusivo titolo borghese, si è per bene guardata dal rivendicare queste sue origini. Non oltre, ma nonostante e contro Marx i Scheidemann e i Noske si conquistarono il diritto ad infrangere la "conventio ad excludendum" e non ci fu per essi alcun bisogno neppure di tributare speciali elogi postumi al ponte di passaggio della svolta, al "rinnegato Kautsky". Anche questi signori furono in prima fila nella lotta per la "democrazia" (nel cui nome massacrarono Liebknecht e la Luxemburg).

Voi dite: anche il partito socialista, che oggi pretende farci le pulci, era in qualche modo "stalinista". Vero. Il suo "pregio" sta nell'aver fatto i conti, dal '56 in poi in modo particolare, con questo ingombrante passato, legato al suo essere - allora - ancora un partito "operaio"-borghese. In fondo, non vi si chiede che di fare altrettanto: toglietevi la residua qualifica "operaia", e siate coerenti a quella puramente borghese. Per la vostra essenziale azione di restaurazione e difesa di un regime borghese "democratico", "antifascista", siete già stati al governo ripetutamente nel secondo dopoguerra; compite l'ultimo tratto di strada, non fermandovi a metà strada, e ci tornerete con noi, questo il discorso, molto chiaro e per nulla offensivo, del PSI. In caso contrario, dovreste procedere sì "oltre Togliatti", ma all'indietro, verso il punto di partenza, di Livorno e dell'Ottobre. Non è proprio il caso; vero, "compagni"?

PCI: Ad ogni buon conto, non accettiamo che si qualifichi il PCI di Togliatti (e di chi con lui) di "stalinista" e meno che mai Togliatti di "carnefice". Da quando abbiamo imboccato la via del "partito nuovo" ci siamo sempre mossi autonomamente rispetto allo stalinismo, di cui non condividiamo alcuna corresponsabilità. Siamo stati i primi a "riabilitare" Bucharin, ad aprire gli archivi, ecc. ecc. Semmai, è proprio il "nuovo corso" di Gorbacev che deve qualcosa alla nostra azione.

 

Noi: Su questo punto non è proprio il caso di barare. Se a Stalin vanno attribuiti del crimini occorre dire, in primo luogo, di che crimini si tratti. Contro chi? Noi diciamo: contro la prospettiva marxista rivoluzionaria. Noi non imputiamo allo stalinismo il ricorso alla violenza "in sé" (e del resto la democrazia borghese ricorre ben volentieri alla violenza "progressista" quando si tratta di difendere sé stessa, quando - magari con l'aiuto del traditori del comunismo - occorre affrontare l' "emergenza").

I processi di Mosca rappresentano il punto estremo non di una "violazione della legalità socialista", ma dell'impiego più coerente della "legalità borghese" contro la minaccia del comunismo. Su questa strada il PCI ha fatto tutto il suo "dovere". Con Togliatti, tutto il PCI si è schierato per "epurare" il partito dall' "estremismo bordighista" e l'Internazionale dal "trotzkismo venduto al fascismo"; ha contribuito in prima persona all'eliminazione dell'opposizione marxista (non solo ratificando ed esaltando lo sterminio della vecchia guardia bolscevica del PC dell'URSS e l'intero PC polacco, ma quello del fiore del militanti rivoluzionari italiani rifugiati in URSS, od esuli in Francia o combattenti in Spagna o, infine, tornati ad assumere in Italia il loro posto di battaglia); ha sacrificato non si sa quanti generosi militanti del Friuli-Venezia Giulia nell'organizzazione dell'infiltrazione stalinista nella Jugoslavia "fascista" di Tito dopo la condanna di questi da parte del Kominform; ha plaudito ai massacri di Berlino Est nel '53 e di Budapest nel '56 (per bocca non solo del Togliatti, ma, giova ricordarlo agli ignari, del "costituente" Terracini, dell'iperdemocratico Amendola, del "sinistro" Ingrao).

Successivamente, il PCI "nato da Togliatti" si è discostato dall'ubbidienza a Mosca (e ne abbiamo spiegato materialisticamente il perché in precedenti "dossier") e dall'omaggio a Stalin (però: dopo e non prima che se ne fosse liberato il PCUS). Ma la "via italiana al socialismo", sin dalle origini, non è in opposizione allo stalinismo, ma in coerenza ad esso. La "destalinizzazione" in URSS, l'abbiamo mostrato, è la risultante del pieno compimento della funzione stalinista, non il suo opposto. La "destalinizzazione" del PCI, sino al suo più spinto approdo socialdemocratico, lo è del pari. "Oltre Togliatti" ed "oltre Stalin" non c'è una "terza via", ma o il ritorno alle fonti del comunismo rivoluzionario o il pieno approdo ai lidi borghesi. Gorbacev non fa, in fondo, nulla di sostanzialmente diverso da Natta: anch'egli si chiara "oltre Stalin", rivendicandone l'eredità materiale, "depurata" dai "crimini", così come il PCI si dichiara "oltre Togliatti" senza avere neppure questo coraggio "revisionista".

Una sommaria conclusione, non "storiografica".

Il militante di base del PCI che rivendica le sue tradizioni, e magari le identifica ancora non solo con Togliatti, ma con lo stesso Stalin, ha di mira la riappropriazione della propria autonomia di classe, la difesa della nozione, almeno, della lotta antiborghese, del socialismo. Questo, per noi, è un buon punto di partenza, anche se non occorre dire quanto e come esso vada liberato dall'autentica sovrapposizione controrivoluzionaria di cui si riveste. Proprio "Trotzkij, il perseguitato n. 1 dello stalinismo, osava affermare, in ragione di ciò, che "lo stalinismo è una corrente legittima del movimento operaio", e ciò mentre la mannaia di Stalin stava per calarsi sulla sua testa. È la stessa posizione tenuta dai marxisti italiani, ad onta delle proprie vittime del "togliattismo". L'operazione-Craxi mira a cancellare non lo stalinismo "in generale" (dovendo anzi esser grato alla funzione controrivoluzionaria svolta dallo stalinismo internazionale e italiano), ma il "vizio comunista" che in questa base si annida. La "difesa della propria tradizione" da parte del PCI non è che il tentativo di cancellare questo stesso spettro senza osare e potere, per la natura stessa di partito "operaio"-borghese ch'esso continua contraddittoriamente ad essere, dichiarare "sino in fondo" la propria estraneità ed ostilità alla prospettiva anticapitalista.

Ha ben ragione Craxi nel dire che non ci si può fermare a metà del guado. I militanti di classe del PCI sapranno ben fare quel che non è consentito al PCI: muoversi "oltre" Togliatti e Stalin reorientandosi verso il marxismo rivoluzionario. Essi non hanno, nel PCI, alcuna "tradizione" da difendere; hanno un'altra tradizione da riconquistare. Contro Stalin, contro Togliatti.

 

L' "antistalinismo" del PCI Togliattiano

Sui processi di Mosca: "Ciò che il compagno Stalin aveva previsto nel 1933 si è avverato. I relitti del gruppi controrivoluzionari trotzkisti e zinovievisti hanno dato inizio a una lotta disperata contro lo Stato sovietico, non solo appoggiandosi a residui delle classi privilegiate ma anche collegandosi direttamente alle reazione internazionale, ai fascisti…". (Togliatti, "Gli insegnamenti di Mosca ", 1936).

"I comunisti italiani s'impegnano a moltiplicare i propri sforzi ed a migliorare la propria azione onde combattere con sempre maggiore efficacia, in tutti i campi, il fascismo assassino e la sua avanguardia trotzkista-bordighista… Nel loro odio bestiale contro il grande Partito bolscevico e il suo centro dirigente, i banditi trotzkisti-buchariniani, di gradino in gradino, sono scesi sino allo spionaggio e alla provocazione in favore del fascismo". (Documenti del CC del PCI, 1937).

"Contro Bordiga e contro il bordighismo fu condotta una lotta senza quartiere. Fu allora che il bordighismo passò apertamente dall'altra parte della barricata, compì un vero e proprio salto qualitativo, divenne uno strumento di disgregazione del movimento operaio nelle mani della borghesia reazionaria, nelle mani del fascismo e si legò strettamente ai trotzkisti, i quali erano a loro volta divenuti una corrente controrivoluzionaria a servizio dell'imperialismo straniero… Si può del resto supporre (e noi abbiamo avanzato a suo tempo questa supposizione) che Bordiga fosse, in tutto o in parte, al servizio delle classi dominanti anche nel periodo in cui il bordighismo si presentava ancora come una corrente opportunista del movimento operaio". (G. Berti nel quaderno n. 2 di Rinascita, a cura di Togliatti, 1951).

"è stato stabilito al processo di Budapest (contro la "banda Rajk", n.) che Tito era segretamente in contatto con Allen Dulles dal 1944. L'OSS forniva armi a Tito ed ai suoi perché li considerava come la propria avanguardia clandestina nel Balcani… A cominciare dal 1943 esisteva tra i servizi spionistici americano ed hitleriano un contatto segreto, diretto contro l'Unione Sovietica… Che può importarci allora di qualche traditore (le vittime del processo Rajk, n.)? Quando hanno scontato la loro colpa, essi erano già morti nella coscienza degli uomini liberi". (O. Pastore, Pref. a "Gli atti del processo Rajk", 1949).

"Quando abbiamo annunciato la minaccia in Ungheria di un ritorno delle forze reazionarie e fasciste, ci fu detto che era un pericolo immaginario… È ipocrita scandalizzarsi se c'è chi risponde a questi attacchi reazionari, si rifiuta di capitolare e difende lo Stato e il regime dalle rivolte armate del gruppi controrivoluzionari". (P. Ingrao alla Camera, 1958).

Dagli appunti personali di uno che se ne intendeva: "Vidali e Lajolo mi hanno detto che Mieli (nel libro "Togliatti 1937" sull'attiva compartecipazione del Migliore alle "grandi purghe", n.) non ha scritto nulla in confronto di quello che sa per aver saputo dalle confidenze di Togliatti stesso". (P. Secchia, Quaderni del '64).

Togliatti e PCI "stalinisti"? Una "gratuita invenzione"…