1989: ANNO DI "PACE" E DI "SVILUPPO"

Per l'anno in corso i megafoni borghesi non si stancano di martellarci con sicuri oroscopi: sarà un anno di "pace" e di "sviluppo" planetari; ma che dico?, esso segna l'apertura di un "nuovo ciclo" di "progresso", tanto per la pancia che per la pelle (e lo spirito) di tutti e ciascuno di noi.

E, contro il "catastrofismo" marxista, ci sono un bel po' di prove da esibire, questa volta con l'imprimatur non solo dei classici apologeti borghesi, ma degli stessi "insospettabili" partiti "comunisti", al potere o all'opposizione (si fa per dire...) che siano. Gli indici della produzione e del consumo sono in salita e gli arsenali di armi stanno per essere smobilitati (trattori al posto dei missili, come dagli auspici di Pertini o Paolo Giovanni bis). Marxismo in soffitta? Marxismo nella spazzatura!

Noi, "residuali" spazzaturati, in quanto pretendiamo di fondare la nostra prospettiva rivoluzionaria  di liberazione non su astratti "ideali", ma su dati materiali precisi (le contraddizioni reali e le reali vie di uscita da esse), siamo dunque materiali precisi (le contraddizioni reali e le reali vie di uscita da esse), siamo dunque costretti a misurarci con una "realtà" che dovrebbe smentirci.

Ma è poi così?

Che "pace" è questa, in cui le spese per gli armamenti che si riducono ad Est, di fronte ai granai vuoti e come cauzione per la "pacifica" penetrazione del capitale occidentale al di là dell'ex-"cortina di ferro", sono controbilanciate da aumenti vertiginosi della spesa militare in USA, in Giappone (in Europa...)? Che "pace" è questa che si realizza solo a patto di soffocare provvisoriamente la ribellione dei paesi oppressi stringendo attorno ad essi il cappio di una "santa alleanza" tra paesi oppressori (Medio Oriente, Nicaragua, Salvador, Filippine, Sud-Africa..., e su su, sino alle propaggini estreme delle metropoli)? Nessun antagonismo reale è superato, tanto più in quanto ad esso si applichi l'inflessibile "knut" imperialista. E nulla di meglio si vede per quanto riguarda i rapporti tra i big: sulla polpa "pacificamente" messa così a disposizione, sempre più famelici si gettano come cani affamati i vari paesi imperialisti, "uniti" tra loro solo nell'intento di accaparrarsi per sè il massimo del bottino, pronti a sbranarsi per ciò a vicenda. (L'apertura all'Est ha già anticipato un saggio di questa "pacifica" competizione in seno alle stesse potenze occidentali).

Intanto, ne prendano nota sordi e ciechi, in questo mondo "pacificato" si continua a morire come e più di prima per conflitti armati o, in modo più "sereno", per semplice fame...

E che "sviluppo" è poi questo, in cui alla massima esaltazione dello sviluppo delle forze produttive ed al punto massimo di concentrazione e centralizzazione dei capitali corrispondono ritmi di crescita asfittici nelle metropoli e nulli o in caduta alla "periferia" (cioè nella maggior parte del mondo)? Di che sviluppo, e per chi, e verso quale sbocco, si parla allorquando nelle stesse metropoli "sovrabbondanti" il proletariato - l'unica classe produttrice della ricchezza sociale - riesce a stento a mantenere i propri miserabili standard di vita od a migliorarli di un'oncia, a prezzo però - proprio qui, nel cuore dell'affluenza senza limiti" ! - di un peggioramento netto quanto a tempi e ritmi di lavoro ed agibilità politica (di "poteri" è bene non parlare neppure...)?

In pieno "boom" imperialista metropolitano a spese dei paesi controllati e/o dominati non c'è nulla che possa assomigliare agli autentici cicli di sviluppo capitalista che ci stanno, ormai, definitivamente alle spalle. Non siamo noi, ma gli stessi borghesi a vedere come questo "sviluppo" vada avanti sempre più "giorno per giorno", esposto a mille incertezze sin dentro le metropoli, ed astrazion fatta (se mai la si potesse fare!) dall'altra faccia di esso alla "periferia" dell'Impero.

La polarizzazione sociale (preludio immancabile di quella politica) non si attenua, ma procede inesorabile, tra paesi ipersviluppati e paesi "in via di sviluppo" o "mediamente sviluppati" (ridotti spesso allo status di paesi in via di media od alta caduta dello "sviluppo"), all'interno dei singoli paesi - metropoli compresissime, ed anzi in primissima linea-.

Nessuna "pace" stabile, nessun stabile "sviluppo" è possibile per un sistema, quale il capitalismo è, che ha ormai esaurito il suo storico "ruolo propulsore". Ad esso è solo concesso, attraverso una spasmodica concentrazione di energie al proprio vertice economico, politico e militare (un vertice che si scompone poi tra "amici"-nemici sempre più in lotta tra loro!), di rimandare la definitiva resa dei conti usando le risorse a sua disposizione per dividere il fronte potenziale della classe antagonista - il proletariato internazionale-, per ubriacarne di fumi ideologici una parte, per comprarne direttamente un'altra.

Ma come l'economia capitalista sopravvive in forza di "drogature" incapaci alla distanza di farla uscire dalle insanabili contraddizioni di cui è preda, così il dominio sociale e politico borghese drogato non ha migliori prospettive storiche dinanzi a sè.

Le difficoltà presenti del movimento proletario a reimboccare la strada che gli compete e, nelle metropoli, lo smarrimento di buona parte di esso dietro le sirene ideologiche (con relativi "pacchi-dono" degni da Befana Fascista), di cui il "riformismo" si fa sollecito interprete, sono certamente tali da introdurre elementi di scoramento e confusione tra le stesse "avanguardie politiche" della classe in quanto non marxiste. I "fatti" non corrispondono alle "aspettative".

Giusto, i fatti immediati ed immediatamente localizzati possono "dimostrare" che le (fasulle) "aspettative" rivoluzionarie non si traducono qui e subito, e per di più spontaneamente, in realtà da toccare con mano.

Per i marxisti, sulla base non di "idee" e di "pulsioni morali", ma sulla base materialistica di una precisa compulsazione dei fatti che stanno ovunque e continuativamente nel sottosuolo della struttura economico-sociale del capitalismo e che già oggi affiorano "sporadicamente" nel soprassuolo dello scontro in atto - che è tra due formazioni storiche: capitalismo e socialismo, quali che ne siano i rivestimenti esteriori - è altrettanto certo che questo 1989, non "da qualche lontana parte", ma qui ed ovunque, rappresenta un ulteriore avvicinamento al redde rationem "finale": precipizio dello "sviluppo" borghese; conversione della "pace" inter-imperialistica in guerra tra stati rapaci; e, dentro queste coordinate, sviluppo (questo sì) della nostra guerra di classe.

Mai come oggi il sistema imperailista ha unificato sotto il suo dominio il mondo intero; mai come oggi esso lavora ad unificare le forze della rivoluzione destinate a colpirlo al suo "unitario" cuore.

E dunque: benvenuto 1989!