IL CONFLITTO

TRA PROLETARIATO

E CAPITALE SI E' RIACCESO

Questo numero del giornale si presenta alquanto "anomalo" rispetto alla tradizionale struttura del "Che Fare". Esso è pressoché interamente dedicato all'attuale situazione della lotta di classe in Italia, lasciando fuori una somma di altre questioni, interne ed internazionali, di prima grandezza. Non ce ne siamo dimenticati, e provvederemo al più presto a colmare i "buchi". Ma ci premeva, intanto, accendere i nostri riflettori su un "soggetto" che fin troppi si affannano a dar per scomparso od in via di estinzione: la classe operaia, il suo antagonismo, le sue lotte.

Il momento ci pare particolarmente appropriato.

Si era appena concluso il 18° congresso del PCI, con la celebrazione di un "nuovo corso" all'insegna dei ritrovati valori liberali e col conclamato superamento delle nozioni stesse di socialismo e persino della centralità operaia, ed ecco che il conflitto tra lavoro salariato e capitale è riesploso in pieno, rilanciato dall'ennesima offensiva antioperaia delle forze economiche e politiche della borghesia dominante. Ancora una volta, e più che mai, sacrifici per le classi sfruttate; ancora una volta e sempre il profitto über alles, incontrollabile e incontrollato.

Dopo aver subito anni di sconfitte cocenti, il proletariato italiano ha ripreso - contro questa che non è una "manovra", ma il normale modo d'essere del capitale - la strada della lotta, immobilizzando le fabbriche e riempiendo le strade, trascinando dietro di sé masse di popolazione non sfruttatrice, confermandosi così più che mai il polo centrale ed insostituibile della lotta per risolvere in senso sociale i problemi di una società divisa in classi epperciò necessariamente antagonista.

Ora che esso ha saggiato le proprie forze e manifestato la propria volontà di lotta ha bisogno, per andare avanti, di darsi strumenti di lotta e di organizzazione ed una direzione politica capaci di affrontare alla radice i nodi che stanno alla base del conflitto attuale. Ciò significa, per noi, fare i conti con la linea portata avanti dal "riformismo", tanto sindacale che politico.

Non si può abbracciare, assieme, la causa degli operai e quella della "nazione"; quella del lavoro salariato e quella del capitale. Non si possono frammentare le lotte su temi e per movimenti sparsi, limitandosi a rispondere sulla difensiva ai colpi pianificati della parte avversa. Non si può fare delle lotte un semplice sgabello di "forza di pressione" per le alchimie parlamentari ed i giochi inter-partitici. Diritti negati, questione fiscale, opposizione all'insieme del decreto De Mita costituiscono il tutt'uno su cui la classe può effettivamente unificarsi (ed è pronta ad unificarsi!) per ridefinire i propri rapporti di forza rispetto al potere borghese.

Ma quale "corso" deve prendere la lotta operaia per conseguire un tale risultato?

Noi diciamo: quello (vecchissimo) dell'unificazione delle proprie forze, dell'estensione della propria lotta, della direzione politica di essa contro le basi stesse di un sistema che, per quanto "guidato" e "riformato", significa una cosa soltanto: sfruttamento, sfruttamento e ancora sfruttamento...

È l'esatto opposto della strada "riformista", "organizzatrice di disfatte".

Il movimento di lotta attuale non ha aperto solo una linea di scontro con "questo" governo, con "questi" padroni; esso ha aperto le condizioni di una chiarificazione politica al proprio interno.

Per questo esso è doppiamente importante e sollecita tutto il nostro entusiasmo, tutta la nostra più calda ed incondizionata partecipazione!