Da un assemblea di organismi operai indetta dai camalli di Genova

PRIMI ELEMENTI UTILI PER FAR USCIRE 
LE LOTTE DALL'ISOLAMENTO

È luogo comune affermare che gli ultimi due anni sono stati caratterizzati da una sostanziale "stasi" delle lotte. Abbiamo sempre contestato aspramente questa affermazione, e, ciò che è più decisivo, è stata la stessa realtà a smentirla.

È pur vero che di fronte alla strategia del capitale italiano tendente a sottrarre quote di salario ai lavoratori per destinarle al sostegno dei profitti e ad una politica sindacale che via via ha accettato le "esigenze nazionali ", subordinando ad esse gli interessi dei lavoratori, una buona parte della classe operaia, seppur mugugnando, ha accettato i sacrifici che le venivano imposti. Ma è altrettanto vero che, nel momento in cui la massa dei profitti che affluiva nelle tasche dei padroni ha acquistato considerevoli dimensioni e gli operai hanno intravisto la possibilità di andare ad una prima resa dei conti operando per un recupero salariale, essi lo hanno fatto scendendo massicciamente in lotta (contratti '87, integrativo Fiat dell'88).

Da un punto di vista di classe, inoltre, queste fasi di lotta hanno proposto con una intensità quale da molti anni (almeno dall'84) non si vedeva, il ritorno alla aperta critica ad una linea sindacale continuamente disposta a cedimenti e ad azioni al ribasso nelle rivendicazioni. Un processo di critica ai vertici sindacali che ha avuto negli organismi di fabbrica (delegati, cdf) i portavoce. Un processo che nell'immediato non ha avuto alcuno sbocco, frenato come è poi oggettivamente stato, dalla stessa decisione di questi organismi, maturata durante la lotta del contratto '87, di accettare la proposta di demandare alla contrattazione articolata un più pieno recupero salariale. Una decisione che restituiva all'isolamento della singola fabbrica e del singolo stabilimento la lotta e con ciò spezzava nuovamente il fronte unitario di classe.

Nel frattempo e con più veemenza, altre categorie di lavoratori sotto l'incalzare di un duro attacco da parte del governo (i portuali) o perché la battaglia per il recupero salariale era perseguibile solo attraverso il contratto (ferrovieri, aeroportuali), hanno dato luogo a dei significativi momenti di mobilitazione e lotta caratterizzati da categorici rifiuti di assoggettare le proprie rivendicazioni a quelle compatibilità governative che, invece, i vertici sindacali propugnavano. Una battaglia che è stata condotta, e continua ad esserlo, dai lavoratori in prima persona attraverso i propri organismi (già precedentemente esistenti come la CULMV dei portuali di Genova e il consiglio dei delegati degli aeroportuali o creati ex novo come il coordinamento dei macchinisti uniti).

Anche in questo caso, però, è mancata una effettiva azione che cercasse di ricollegare queste lotte ad una lotta di più ampio respiro con referente tutto il movimento operaio. Al di là di proclami verbali non si è mai andati, anche perché ci si è illusi di poter prima affrontare e risolvere in positivo la propria condizione particolare di categoria o settore. In questo modo non solo queste lotte sono state isolate tra di loro, ma si è andato progressivamente scavando un solco tra questi settori e la massa operaia che seguiva le direttive sindacali. Spaccatura, tra l'altro, che è stata sfruttata a fondo dal Governo per imporre, in più di un'occasione, la propria soluzione.

È perciò da salutare con vivo compiacimento l'iniziativa presa ai primi di giugno dai delegati della CULMV di Genova di convocare in questa città un'assemblea tra vari organismi operai e di lavoratori per discutere sui problemi della "democrazia sindacale" e "sulle prospettive di lotta".

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All'invito dei portuali hanno risposto i macchinisti delle ferrovie, vari lavoratori dei servizi ed alcuni delegati ed operai di fabbrica (Aeritalia, Ansaldo, Breda). In generale tutti gli interventi hanno messo in luce la necessitò di uscire dall'isolamento delle singole lotte settoriali, attraverso, soprattutto, una battaglia all'interno del sindacato "per ridefinire in termini di effettiva partecipazione e decisione, il ruolo delle assemblee dei lavoratori e dei consigli di delegati o di fabbrica". Questo, al di là delle accezioni che ognuno dei presenti dava a questa prospettiva, è senza alcun dubbio il traguardo a cui si deve guardare come prima condizione per estendere un movimento di lotta, unitario negli obiettivi e nelle mobilitazioni, a tutti i lavoratori. Non può mai esserci una effettiva, generale ed unitaria mobilitazione dei lavoratori senza una preliminare battaglia in difesa dell'organizzazione operaia e dei lavoratori sui posti di lavoro dagli attacchi dei padroni e del Governo, così come dal tentativo di emarginarli o renderli semplici strumenti di consenso da parte dei vertici sindacali..

In secondo luogo, ciò che è emerso con chiarezza dalla stragrande maggioranza degli interventi è la constatazione, al di fuori di taluni vagheggiamenti su Cobas o sindacatini "rossi"(ma forse è meglio dire: della difesa ad oltranza delle proprie particolarità di "categoria" o "professione"), che questa battaglia non può avvenire oggi che "dentro il sindacato". Porre un argine all'attacco borghese, trincerandosi su una linea di effettiva difesa delle condizioni proletarie significa operare per costituire un Fronte Unitario di lotta il più ampio possibile. Ma ciò non è dato senza passare per il livello di organizzazione Unitaria che allo stato attuale il sindacato, persino quello di oggi, dà al proletariato. Certo per noi, a differenza di vari interventi nell'assemblea, non si tratta affatto di battersi per qualche posto in più nei direttivi, né di legarsi le mani, in termini di prospettiva, a questi sindacati; ma la nascita dell'organizzazione autonoma della classe, che pur deve darsi, non potrà avvenire che attraverso una serie di passaggi nei quali il riferimento dovrà essere sempre all'unitarietà del proletariato, ed alle "sedi" in cui, al momento, essa si esprime.

È significativo che lavoratori che hanno dato luogo a lotte intransigenti per la difesa delle loro condizioni di vita e lavoro, in forte contrasto con la linea sindacale, che sono stati soggetti a molte tentazioni di costituire organizzazioni categoriali, si pongano oggi su questo piano.

Ciò non significa che la strada sia tutta in discesa. Anzi.

Nella stessa assemblea si è evidenziato quale possa essere il pericolo. Nello stesso momento in cui si metteva in luce la necessità di uscire dall'isolamento e di collegarsi in una battaglia più generale agli altri lavoratori, brillava l'assenza di riferimento agli scioperi ed alle mobilitazioni che in quegli stessi giorni gli operai attuavano contro i ticket. Insomma, pur se in modo non chiaramente espresso, la tentazione è ancora quella che identifica, principalmente, i settori più avanzati, e al momento più contrapposti alla linea sindacale, come i veri e quasi esclusivi referenti per la costituzione del movimento di ripresa. Proprio la necessità di costituire il più ampio Fronte Unitario come condizione preliminare per attestarsi (per oggi) su un piano di efficace difesa dall'offensiva borghese, impone il riferimento, il richiamo, il "dialogo" con i più ampi settori operai. È verso la massa degli altri lavoratori, anche quelli che oggi seguono l'attuale linea sindacale, che vanno compiuti i passi da parte dei settori più avanzati di classe. È dalla loro partecipazione attiva alle lotte, anche le più "arretrate", è dalla battaglia per l'unità di obiettivi e mobilitazione nel corpo complessivo della classe, che si pongono le premesse, non solo perché escano dall'isolamento le lotte più "avanzate", ma per la stessa ripresa generalizzata del movimento di classe.

Certo l'assemblea di Genova è stato un primo passo; ai successivi e già programmati appuntamenti, il compito di proseguire su questa strada.