I FERROVIERI AD UN BIVIO


Se nella prima metà degli anni '80 la mannaia della ristrutturazione si è abbattuta, con i suoi pesantissimi costi per la classe operaia, soprattutto sull'industria, sta diventando ora sempre più impellente, per il capitalismo italiano, sottoporre alla stessa traumatica "cura" i cosidetti servizi produttivi, ed il nevralgico settore dei trasporti per primo. Si è cominciato con i duri attacchi sferrati in questi anni contro i lavoratori portuali e la loro "tradizionale" organizzazione del lavoro, poi, in occasione dell'ultimo rinnovo del contratto nazionale del lavoratori di terra, si è proseguito lanciando chiari segnali nel campo del trasporto aereo, e adesso, mentre la legge sulla limitazione del diritto di sciopero va verso l'approvazione, ecco nell'occhio del ciclone le ferrovie.

Brevemente sui recenti avvenimenti. Il commissario straordinario dell'ente ferroviario, Schimberni, annuncia che entro il 1° aprile verranno "messi a riposo" 29.000 dipendenti considerati in "esubero".

Il ministro dei trasporti Bernini, pur ritenendo anch'egli necessario muoversi in questa direzione, giudica al momento eccessivo il piano del commissario e lo invita a soluzioni più graduali (utilizzo, per ora, dei soli prepensionamenti) ed alla ricerca di un accordo con i sindacati. Anche per la pressione di una pronta mobilitazione dei lavoratori, Schimberni accede all'idea di una "soluzione contrattata".

Nella sostanza della cosa, comunque, c'è piena convergenza tra direzione aziendale e governo: bisogna porre all'ordine del giorno una netta riduzione del personale delle ferrovie per ridare ad esse "efficienza, produttività e competitività".

All'annuncio del piano Schimberni i sindacati hanno risposto con una levata di scudi contro questa decisione "unilaterale e non contrattata", indicendo lo sciopero generale della categoria, ma il grado di "fermezza" della loro opposizione era testimoniato dall'apprezzamento (a proposito, quasi solo apprezzamenti dai vertici sindacali per il governo Andreotti!) per la posizione del ministro dei trasporti.

Significativa, e non di parata, è stata in questo frangente la immediata risposta dei lavoratori di Villa Patrizi (dove ha sede la direzione delle FF.SS.), che vi sono organizzati in un comitato di lotta comprendente iscritti e non iscritti ai sindacati ed hanno effettuato una manifestazione di protesta alla stazione Termini di Roma.

Di fronte al formale passo indietro di Schimberni, avendone riscontrata la disponibilità a trattare, i sindacati hanno "sospeso" lo sciopero generale già convocato, dando prova, per l'ennesima volta, di adottare in pieno la logica della accettazione degli esuberi, ponendo ad essa una sola condizione: la "contrattazione". Ma non ha provato già a sufficienza l'esperienza degli scorsi anni quanto sia perdente e smobilitante questo indirizzo di politica sindacale?

L'attacco ristrutturativo nelle ferrovie è appena agli inizi. Il primo pesante segnale lo si è avuto due anni fa con il tentativo di introdurre l'"agente unico" tra i macchinisti che, con una lotta tenace e ferma, anche se sempre più pericolosamente chiusa in se stessa, ne hanno sinora impedito la piena applicazione. È venuto ora il momento di dare un colpo di accelleratore ed ecco l'"uscita" di Schimberni, le dichiarazioni del presidente della Confindustria che auspica la pronta messa in atto di una gestione "economica e realmente imprenditoriale" delle ferrovie, l'impegno del governo ad una rapida approvazione del provvedimento sui prepensionamenti. Non è difficile prevedere che l'attuale commissario, o chi per lui, tenterà in tutti i modi, specie se la massa dei ferrovieri esiterà nello scendere in lotta, di frantumare in mille spezzoni la categoria, di separare gli addetti ad una mansione dagli addetti ad un'altra mansione, combinando l'uso del bastone e della carota al fine di indebolire e più agevolmente colpire tutti.

Di fronte alle nubi minacciose che si affollano all'orizzonte, i lavoratori delle rotaie hanno, al contrario, innanzitutto la necessità di fronteggiare l'attacco con lo schieramento di lotta unitario di tutta la categoria, al di là delle mansioni e della appartenenza o meno ai sindacati (in questo senso un piccolo, ma positivo segnale è costituito dal coordinamento di Villa Patrizi). Se la massa dei ferrovieri può e deve guardare alla battaglia dei macchinisti come esempio di accanita difesa dalla ristrutturazione, i macchinisti debbono, da parte loro, iniziare a comprendere che il loro "splendido isolamento" è già e sarà sempre più condizione di debolezza (loro e di tutti) piuttosto che di forza.

Il temporale s'avvicina ed i ferrovieri si trovano ad un bivio. O imboccare la strada illusoria e perdente indicata dai vertici sindacali, quella degli esuberi contrattati, dei prepensionamenti "mirati" e finalizzati allo "sviluppo" delle ferrovie, quella che, insomma, subordina la tutela delle condizioni dei lavoratori alle "superiori esigenze" della produttività e dei bilanci dell'azienda; oppure predisporsi ad una lotta di difesa intransigente sia dei livelli di occupazione che delle condizioni di lavoro, rispondendo con la mobilitazione unitaria all'aggressione del fronte padroni-governo e ricercando l'appoggio e la solidarietà della massa dei lavoratori di tutte le categorie.