Dossier PCI

Composizione sociale


Sin dal '45 il PCI si caratterizza in quanto partito di massa a fortissima composizione operaia e questi due tratti distintivi sembrerebbero essere rimasti inalterati nel tempo, a voler stare alle statistiche ufficiali.

Si veda, ad esempio, la seguente tabella relativa agli operai aderenti al PCI dal '49 al '77 (fonte: Annali Feltrinelll 1981, pag. 287).

Tabella - Operai aderenti al Partito comunista, 1945-1977 (cifre assolute e cifre percentuali)

Anni    

Numero  Percentuali Anni Numero Percentuale

1949     

887.116 43,8 1964 657.974  4O,2

1950  

886.635  42,0 1965  651.513  40,4

1951   

874.936 42,0 1966 630.521  40,0

1952   

844.639 40,3  1967 617.039 40,2

1953     

860.116 40,3 1968 602.196 40,1

1954    

858.126 40,0 1969 604.564  40,2

1955*   

    1970 580.213 39,5

1956   

811.185  39,9 1971  601.201 39,1

1957    

722.836 39,6 1972  634.655 40.0

1958*  

    1973  650.502 41,1

1959   

690.505  38,5 1974 661.500  49,9

1960   

671.262  37,4 1975  693.911 40,1

1961    

672.262 38,9 1976 727.911 40,1

1962    

643.733 39,5 1977  727.476 40,1

1963  

649.890 39,5      

*Non siamo riusciti a reperire i dati degli anni 1955 e 1958.

Tra le due date estreme abbiamo un'oscillazione dai 2.027.271 iscritti del '49 a 1.814.154 nel 77, con una variazione finale in meno del 10% circa.

Tutto ciò parrebbe confermare, come s'è detto, una sostanziale continuità nella struttura di massa e nella composizione operaia del PCI. In effetti, le cose non sono affatto così semplici e lineari.

In primo luogo, va notato che la perdita di iscritti, considerando assieme PCI e FGCI, è assai più consistente di quanto non indichino le statistiche riferite al solo partito: ad esempio, nel '54 abbiamo un totale di 2.576.000 iscritti (di cui ben 431.000 appartenenti alla FGCI); nel '69 la cifra complessiva si riduce a 1.572.000, con una perdita secca di un milione di unità, su cui, pesa. in particolare, il tracollo della FGCI, ridottasi a 69.000 unità. Il recupero avvenuto dal 69 al 78 non copre questo "buco.. e, soprattutto, si manifesta una crescente difficoltà ad avvicinare mantenere gli iscritti, specie tra i giovani. Il mastodontico complesso del PCI appare sempre più invecchiato, privo delle capacità di ricambio generazionale dei primi anni del dopoguerra, e ciò non potrà non riflettersi sui suoi destini negli anni a venire, quando spetterà soprattutto ai giovani "fare la loro parte" nello scontro di classe. Gli anni del '68 hanno costituito una buona anticipazione su ciò, con un movimento di classe al massimo ed una FGCI al minimo e persino con problemi di agibilità nel movimento di avanguardia.

In secondo luogo, l'apparente stabilità, in cifre assolute ed in percentuale, degli operai iscritti al PCI risulta attenuata di fatto in ordine a taluni dati di fatto: fino a tutti gli anni '70 la società italiana ha registrato una crescita ponderale della classe operaia che non si è affatto riflessa nella composizione sociale del PCI (il post-'68 comporta un afflusso operaio enorme verso i sindacati, alla cui crescita di peso non corrisponde una crescita analoga della componente operaia del PCI), inoltre, alla data del '47 un 17% degli iscritti al PCI figurava appartenente al bracciantato ed al salariato agricolo. cioè ad un settore schiettamente proletario, mentre questa percentuale, in relazione alle trasformazioni strutturali dell'economia italiana, è scesa nel '77 al 5,3% appena. con uno scarto andato, in quest'arco di tempo, a tutto vantaggio dei settori piccolo-borghesi della società. In duplice senso, quindi, diminuisce il peso operaio del e nel PCI.

In terzo luogo, è importante notare come, dai primi anni del dopoguerra ad oggi, sia aumentato il peso specifico in alcune aree tipicamente piccolo e medio-borghesi, come nel caso della grassa Emilia-Romagna, all'interno delle quali gli operai sono "annegati" per così dire, in un soffocante oceano interclassista. L'Emilia-Romagna, che nel '46 contava il 20% degli iscritti totali del PCI, ne conta oggi, da sola il 25%, mentre il peso del triangolo industriale (Lombardia, Piemonte, Liguria) è sceso dal 32 al 22% alla data '79. Si vedano, a questo proposito, i dati relativi al numero di operai iscritti per regione ed alla loro incidenza percentuale sul corpo complessivo degli iscritti a questa scala, sempre nel '79:

Emilia-Romagna: 152.000 35%; Lombardia: 105.000 52%; Toscana: 96.000 38%; Piemonte: 46.000 51 %.

Il peso specifico delle regioni "rosse" (ma non operaie) appare del tutto sproporzionato anche sul piano della forza finanziaria: nell’ultima sottoscrizione per l’ "Unità" l’Emilia-Romagna, coi suoi bravi "compagni" borghesi ha inciso da sola per un terzo circa sulla cifra complessiva raccolta, distanziando di buona misura l'insieme del triangolo industriale, ed anche questo la dice lunga in termini di "rappresentanza" sociale all'interno del PCI.

Infine, ed è un dato ancor più significativo, alle cifre, in numeri assoluti e percentuali, degli operai iscritti al PCI non corrisponde più nulla di simile a quella che era un'effettiva attivizzazione e capacità di mobilitazione ancora negli anni '50. Ad esempio, nel '50 il PCI era organizzativamente presente in 6.647 fabbriche, con 11.272 cellule di officina; nel '79 restavano 2.066 cellule di fabbrica più 1.309 in altri luoghi di lavoro, 553 sezioni di fabbrica e 472 sezioni aziendali. Inutile sottolineare che la "territorializzazione" della presenza operaia è andata, in questo caso, a tutto favore di un suo ulteriore adattamento e ad una sua ulteriore subordinazione al blocco interclassista, di cui la piccola-borghesia regge la danza.

La composizione sociale degli organi dirigenti picisti fino a che punto sia giunto il processo di deproletarizzazione del partito al di là delle cifre delle statistiche ufficiali. Alla data '77 la componente "operai, braccianti, contadini" era rappresentata negli organismi direttivi delle federazioni tra il 25,9 ed il 28,5% appena, nel parlamento in misura del 7,53% (contro il 18,51% all'epoca della Costituente), nel CC del '75 per il 19,7% (contro il 47,2% di 30 anni prima). In una società "pluriclassista" e per una strategia interclassista, cioè pienamente ed esclusivamente borghese, è logico che debbano "emergere" i soggetti che contano.