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Esercito a Napoli: misura provvisoria

o prospettiva permanente?

La Napoli cartolina e "normaliz­zata" di Bassolino ha subìto alcuni duri colpi, prima da una ripresa di conflittualità di operai e disoccupati, poi dal riesplodere delle guerre di camorra e di una micro-conflittualità diffusa e incontrollata, cui è partico­larmente sensibile il "cittadino me­dio", che spesso ne è vittima.

Nel clima di generale isteria, de­stra e sinistra hanno gareggiato in toni forcaioli per invocare misure più radicali di "ordine e sicurezza". L'uso generalizzato dell'esercito, tradizionale parola d'ordine della de­stra, è stato chiesto anche dal Pds. Il governo ha dispiegato, così, 500 mi­litari a Napoli "per liberare la poli­zia da compiti impropri e impiegarla nella lotta alla criminalità". I militari sono stati, però, definiti "agenti di polizia" con la possibilità di fermare e identificare eventuali sospetti. Una "modalità d'ingaggio", voluta da Na­politano, non attribuita in precedenti operazioni. E, siccome l'appetito vien mangiando, sono stati impiegati anche per difendere alcune abitazio­ni in via di completamento... da oc­cupazioni abusive.

Lo schieramento dell'esercito in funzione d'ordine pubblico sta en­trando, ormai, nella normalità quoti­diana. Non ha prodotto alcun risulta­to nella lotta alla mafia, ma ha favo­rito un processo di assuefazione al crescente militarismo che necessa­riamente si accompagna all'aumen­to delle contraddizioni capitalistiche.

L'aumento al sud dell'impoveri­mento e della miseria finisce con l'ingrossare le fila della criminalità, organizzata e non. Del pari, rende prevedibile rivolte incontrollate che mal si accordano con il ruolo di "pa­ese riviera" o di sbocco per investi­menti di tipo "albanese" che il capi­tale sembra destinare a quest'area.

L'uso dell'esercito si rivela, così, come l'unica risposta possibile da parte dello Stato a una situazione che diviene sempre più di emergenza cronica, prodotta dal sistema capi­talistico in generale e dell'incancre­nirsi delle sue contraddizioni in que­sta fase, e in determinate aree in par­ticolare. E' destinato, perciò, a esse­re non occasionale e a tempo, ma a crescere e diventare permanente.

Intanto, i federalisti locali non han­no perso l'occasione per rivendicare allo Stato, in contesa tra loro, "nuovi poteri". I Bassolino e i Rastrelli, ol­tre a chiedere a gran voce l'esercito, hanno rivendicato agli Enti che rap­presentano una più forte titolarità in materia. Il modello di riferimento è il sindaco di New York, Giuliani, e i suoi ampi poteri nella lotta alla cri­minalità (forse immaginano di emu­larne anche le brutalità e le violenze, a riprova che i più piccoli sono an­che i più carogna). Se questi figuri fossero motivati dalla lotta contro l' "illegalità", dovrebbero, come mi­nimo, lottare anche contro l'impres­sionante martirologio di incidenti e morti sul lavoro e contro l'estender­si del lavoro nero e del caporalato. Ma, di questi ultimi richiedono, ad­dirittura, la legalizzazione, confer­mando che la legalità che li preoccu­pa è quanto mai elastica e corrispon­de a un unico criterio: garantire lo sfruttamento capitalistico nelle più tranquille condizioni.

Il Prc, colto dai soliti mal di pan­cia, ha criticato 1-'inefficacia" delle lte del governo, chiedendo di po­tenziare direttamente le forze di po­lizia, e di "affrontare" la questione dello sviluppo e del lavoro. Ma, pun­tualmente, ha votato in parlamento il finanziamento del decreto. In verità, non s'è limitato a questo, ma ha pro­mosso assemblee con magistrati del­la Dia e dei tour in scuole e fabbri­che con team di poliziotti, giudici e sindacalisti, per spiegare come i cit­tadini possono aiutare lo Stato a combattere la criminalità.

Nel proletariato l'arrivo dei solda­ti non è stato percepito nella sua gra­vità, ma persino con consensi. Quan­do anche i partiti che "difendono gli interessi proletari" sostengono che questo Stato possa avere l'intenzio­ne e la possibilità di sconfiggere la criminalità, indicando al proletariato di affasciarsi nella "difesa dello stato democratico", quando si diffonde la fiducia e la delega nelle istituzioni borghesi, cui dare come "cittadini" il proprio supporto, ciò è il minimo che può capitare.

Dal nostro fermo punto di vista comunista, continuiamo a sostenere che l'unico reale argine alla crescen­te diffusione della criminalità, alla melma sociale che genera, è in una vera lotta alla mafia dal punto di vista degli interessi proletari, nel­la ripresa delle lotte e dell'organiz­zazione indipendente del proletaria­to, mnon solo sul piano economico e sindacale, ma contro la matrice unica di questi schifosi fenomeni: il sistema capitalista. Per riafferma­re, e realizzare, la necessità potente di nuovi rapporti sociali.

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