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Testimonianze dalla Cina proletaria

 

Lo sforzo per sollevare i paesi asiatici dall'arretratezza economico-sociale è stato sostenuto dal lavoro e dalla vita di milioni di proletari. Lo sviluppo capitalistico conseguito (benchè incompiuto, bloccato dall'azione dell'imperialismo) ha delineato in modo sempre più chiaro la nuova divisione in classi della società, spingendo il proletariato a riprendere il cammino per darsi una propria autonoma organizzazione, che corrisponda ai suoi interessi. Le vicende recenti nel continente approfondiscono ancora di più il contrasto tra le classi, e delineano anche la realtà sovra-nazionale della classe borghese. Un'organizzazione autonoma di classe si rende più urgente, e deve, anche, fare i conti con la "nuova" e più evidente realtà dell'avversario, riprendendo, su una base nuova, lo slancio anti-imperialista delle lotte degli anni 60.

Dall'Asia partono segnali che testimoniano delle spinte ad affrontare entrambi i problemi. Ne sono un esempio tanto le posizioni dei piccoli sindacati indipendenti di Cina (costretti dalla realtà a cominciare a prendere le distanze dai loro tutori occidentali), quanto le embionali forme di organizzazione che si sono dati gli operai di Mianyang, come lo sviluppo cui si prepara la parte più militante del proletariato coreano.

A chi leggesse questa pagina con la lente d'ingrandimento per contare le contraddizioni e i ritardi, consigliamo di guardare anzitutto alla classe operaia europea: qui i ritardi e le contraddizioni li possono vedere anche i ciechi, se solo lo vogliono.

In second'ordine, un certo nazionalismo nell'impianto politico del proletariato asiatico è del tutto giustificato (non parliamo di quello giapponese, naturalmente) essendo il diretto prodotto della necessità di lottare contro l'imperialismo. Per il proletariato asiatico non è, dunque, un ritardo in sé, ma, in un certo senso è un obbligo, a condizione di non rinunciare per esso a suoi autonomi organizzazione e programma di classe (condizione cui un vero sostegno proveniente dal proletariato occidentale può dare un contributo determinante).

Per il proletariato della metropoli il nazionalismo non sarebbe neanche un ritardo, ma un vero e proprio suicidio

 

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