Dossier URSS

Quali prospettive per il futuro?


Cerchiamo qui di sintetizzare alcuni punti di prospettiva che deriviamo dagli elementi precedenti (sintesi parziale, a loro volta, dell'insieme degli strumenti e dati di analisi che ci siamo dati come organizzazione). Gli sviluppi degli avvenimenti daranno la conferma - ne siamo convinti - dei criteri di orientamento su cui ci siamo basati e su cui chiamiamo comunque al confronto tutti i compagni che si richiamano al comunismo rivoluzionario e tra i quali non può rimanere in alcun modo sospeso il giudizio sull'URSS.

* La riforma gorbacioviana non è destinata a scivolare sull'olio. Contro di essa, soprattutto qualora dovesse andare diritta e per tempi brevi, sono mobilitate forze di resistenza, espressione di interessi che vanno da quelli conservatori e parassitari della burocrazia di partito e della dirigenza "amministrativa" aziendale che non intende fare i conti coi "criteri economici" (sempre incerti), a settori contadini costretti a campare più sulle sovvenzioni statali che su una propria capacità imprenditoriale propulsiva sino a quelli di settori operai direttamente consci dei pericoli rappresentati, da una ristrutturazione che molto promette (a parole, ed a prezzo di una divisione interna nella classe) e molto porta via (nei fatti) in termini di norme, mobilità, sicurezza del posto di lavoro, salario...

* Le sorti della riforma dipendono dal rapporto tra la velocità con cui Gorbacev riuscirà a legare a sé una base sociale di massa per neutralizzare la controspinta conservatrice e la manifestazione dei nascenti, nuovi contrasti di classe che saranno inevitabilmente indotti dalla riforma. Il punto centrale per decidere sta nel proletariato, nella sua capacità di non farsi attirare dalle sirene della "promozione" dei riformatori (che, comunque, avrà durata limitata di suggestione nel tempo) e soprattutto di non farsi coinvolgere dalle manovre degli strati burocratici antiriformisti in senso conservatore. Crediamo che Gorbacev adotterà, in una prima fase, misure assai graduate, sia per verificare che per accrescere la propria forza d'urto. Le prospettive della storia (del capitalismo) stanno dalla sua parte, come da quella del suo collega giallo, Deng. C'è, però, un'incognita: quanto tempo potrà dare, in ogni caso, il contesto capitalista mondiale alla sua parte sovietica per ammodernizzarsi? Decenni, un decennio, anni?

* Anche nelle condizioni più favorevoli ad un "pacifico" neo-sviluppo capitalista "intensificato", il contrasto tra le classi non potrà che uscirne rafforzato. A trainare lo sviluppo "intensivo" non sono ideologie, ma gruppi di interessi e classi sociali, per i quali il proletariato rappresenterà crescentemente un problema da disciplinare e battere. Se in una prima fase il proletariato sovietico potrà restare vittima provvisoria di tutta una serie di illusioni (da quella "conservatrice" di tutela dei "diritti acquisiti" a quella riformista, di compartecipazione agli sforzi del "paese"), esso scenderà comunque in campo per far pesare proprie richieste di classe. Il percorso che per esso si disegna, al di là di congiunture provvisorie, che potranno anche andare in controsenso, è in ascesa, nell'uno e nell'altro caso in direzione della resa dei conti con l'inanità delle illusioni di partenza, la rottura dei "blocchi" e delle "alleanze" interclassiste e la ripresa di una propria posizione autonoma.

* Chiamati dalla grancassa riformista a "sentirsi padroni della propria fabbrica", gli operai sovietici cominceranno a fare i conti non solo dei profitti da produrre per la proprietà "di tutto il popolo", ma della loro misera partecipazione all'eventuale maggior ricchezza prodotta; potranno così misurare come ad ogni maggior erogazione di forza lavoro corrisponda una crescente miseria proletaria rispetto al capitale; impareranno a difendersi collettivamente come classe, cominciando - magari - a far pesare la loro forza nei confronti di una classe dirigenziale di tecnici e managers (e dei loro apparati politici e sindacali di sostegno) chiedendo una "vera" autogestione ed un "reale" diritto a decidere. Programmi illusori, ma mobilitazione di forza reale, in un processo destinato a riaprire al massimo grado la dinamica dello scontro di classe.

E’ probabile che la classe operaia sovietica, specie se la riforma annunciata potrà andar avanti a passi spediti, brucerà in breve tempo le tappe compiute dai fratelli di classe polacchi: dalla pressione sugli organi di "rappresentanza" più vicini ad essi perché si trasformino in reali strumenti di difesa dei loro interessi (come nel '56 polacco) al confronto-scontro col potere (1970) alla messa in piedi di una propria forma organizzativa indipendente e contrapposta al partito "comunista" ed allo Stato (1980) ed alla sua trascrescenza in organo di lotta rivoluzionaria per il potere.

Non occorrerà aspettare altrettanti anni: la crisi internazionale del capitale accelera i tempi ed i modi di essere della risposta operaia agli attacchi ad essa sferrati. I proletari sovietici avranno ben poche possibilità di incappare in tipi alla Gomulka e Gierek in veste locale e, sicuramente, anche uno Jaruzelski alla russa non potrebbe essere all'altezza della situazione. Per le esigenze della borghesia sovietica occorrerà qualcosa di più; e qualcosa di più sentiranno di dover mettere in campo i proletari sovietici, "privandosi" in anticipo o in breve successione di tempo anche dei campioni di riformismo "operaio" alla Walesa. Essi sono inoltre vaccinati dalla pestifera influenza delle Chiese e oggettivamente assai meno sensibilizzabili alle sirene del "nazionalismo oppresso" (che potrebbe, al massimo, spuntare... già spuntato in aree periferiche dell’" impero").

* Ogni accelerazione della confessione nei fatti della natura capitalistica dell'URSS nella presente situazione di crisi strutturale generale dell'intero sistema capitalista mondiale mette in moto la possibilità che si ritessano legami di classe tra le sezioni di avanguardia del proletariato sovietico e quelle del restante proletariato internazionale. Il sistematizzarsi di questi legami farebbe compiere dei salti enormi ad entrambi. Quando sarà chiaro non solo che all'Est come all'Ovest esiste un proletariato sfruttato, ma anche un proletariato che ingaggia una comune battaglia, l'ora di una nuova Internazionale Comunista si farà inderogabilmente vicina.

A Zimmerwald gli internazionalisti ivi riunitisi non occupavano più di qualche carrozza. Noi attendiamo, con assoluta certezza, la prima carrozza di comunisti rivoluzionari di Mosca e Leningrado e delle altre città industriali dell'URSS. Dietro al proletariato sovietico non c'è il vuoto: ci sono battaglie eroiche già ingaggiate in tempi recenti; davanti ad esso ci sono quelle, ben più significative, cui esso è chiamato. Per esso, e per noi tutti, c'è la bandiera di Lenin da strappare ai mausolei del regime, perché essa ridiventi arma di guerra contro il capitale.