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Dalla Croazia

Una nuova audio-cassetta del che fare, in serbo-croato

Mentre va in stampa questo numero del giornale, si sta ultimando la registrazione di una audio-cassetta nella quale sono raccolti alcuni dei nostri testi sulla disgregazione della "ex"-Jugoslavia e sulla guerra nei Balcani. Questo è un altro momento del nostro impegno indefettibile a ricostruire il tessuto unitario tra il proletariato occidentale e le masse lavoratrici dei Balcani e del mondo slavo per arrivare a regolare definitivamente i conti con i briganti imperialisti e con le forze sotto-borghesi balcaniche che ci hanno portato alla presente tragedia.

La cassetta può essere richiesta alle nostre sedi o all’indirizzo della redazione inviando £ 10.000

La nostra organizzazione, nel quadro dell’incessante lavoro internazionale che la caratterizza, ha potuto incontrare di recente una delegazione del Partito Socialista Operaio croato con cui è in corso attualmente un’opera di franco confronto e di coordinato scambio d’informazioni su cui riferiremo diffusamente in altra sede.

Questo partito, nato ed operante nelle più difficili delle condizioni, è, ad oggi, diretto da Stipe Suvar, un nome di rilievo della ex-nomenclatura titoista di cui si è parlato anche in Italia (Manifesto, Liberazione) per le due pesanti aggressioni subite a Zagabria ad opera di quei "patrioti" ustascia benedetti dall’Occidente e dal Papa che se ne sono serviti (così come dell’UCK) per frantumare e sottomettere la Jugoslavia al proprio dominio imperialista, e per una terza aggressione qui in Italia per mano di ustascietti dei "centri (anti)sociali".

E’ chiaro che a Suvar e al suo partito va tutta la nostra incondizionata solidarietà nel momento in cui ciò che si vuole colpire è lo sforzo di riorganizzazione di un movimento di opposizione al nazionalismo fascistoide dei quisling croati e, soprattutto, a chi internazionalmente ne regge i fili. Naturalmente noi, mentre non ci nascondiamo le difficoltà in cui questo partito si muove e ci mostriamo alieni da ogni e qualsiasi spocchia verso un potenziale inizio di riappropriazione del programma comunista anche in Croazia, non nascondiamo affatto ai compagni croati la nostra abissale distanza dalle loro posizioni programmatiche, estremamente fragili e contraddittorie e virate persino più a destra di quelle del titoismo "eroico". Ad essi abbiamo parlato, parliamo e parleremo chiaro, così come abbiamo fatto rispetto al tentativo poi risoltosi in disfatta della Lega dei Comunisti-Movimento per la Jugoslavia, che pur disponeva di tutt’altri numeri sulla carta e di una articolazione organizzativa diffusa su tutto il territorio della Federazione. Sappiamo che essi hanno avuto e mantengono contatti con il PRC e il "partito" di Cossutta: ebbene, noi, coi piccoli numeri di cui disponiamo, li mettiamo di fronte al necessario problema di chiarificazione politica di cui c’è assoluto bisogno, per essi e per tutti noi e li sfidiamo ad un franco confronto sulle "cose", vale a dire sulla coerenza militante internazionalista che i fatti stessi impongono. Le posizioni che Stipe Suvar ha incarnato allorché era un "pezzo grosso" della defunta Lega titoista hanno aperto le porte all’operazione, interna ed esterna, di dissoluzione della Jugoslavia; le attuali posizioni dello stesso Suvar riflesse nella "dichiarazione programmatica del partito" sono tali da impedire, a nostro avviso, un deciso riorientamento del partito in senso comunista. Questo diciamo ai compagni croati senza peli sulla lingua.

Tuttavia, noi prendiamo atto che l’attuale partito rappresenta una sorta di "federazione democratica" di tendenze che saranno costrette a scontrarsi tra loro e che, nel suo seno (plurinazionale, fondamentalmente "jugoslavista", e non è poco), esistono elementi in grado di dare la necessaria (ed oculata) battaglia di cui c’è bisogno, e ad essi fondamentalmente ci riferiamo in vista della costituzione di un embrione di organizzazione comunista di fatto internazionale qual è quella contenuta nei nostri programmi e nel nostro lavoro. Non diciamo che occorre lottare contro Suvar (non poniamo limiti alla… provvidenza ed ammettiamo l’ipotesi astratta di un riorientamento dello stesso Suvar); diciamo che occorre decisamente scavalcare i limiti, per esprimerci con un eufemismo, inerenti all’attuale programma del partito di cui Suvar è presidente secondo ciò che la situazione oggettiva stessa impone.

Detto questo, segnaliamo ai nostri lettori una dichiarazione pubblica dell’organizzazione cittadina del partito di Pola in cui, sia pur ancora contradditoriamente (e si pregano vivamente i lettori di tener conto dei limiti entro cui questo partito può pubblicamente esprimersi), emergono alcuni vivi spunti d’interesse.

Dice la dichiarazione:

"Siamo profondamente preoccupati per le possibili conseguenze e perciò condanniamo l’attacco delle forze della NATO sotto l’egida e il patronato degli USA contro la Repubblica Federativa di Jugoslavia, la quale non ha in nessun modo minacciato alcuno dei paesi membri di questa alleanza militare. Perciò, anche in base al diritto internazionale bellico e alla Carta dell’ONU, riteniamo la succitata azione, che è ora in atto, una flagrante aggressione contro uno stato sovrano. Inoltre, riteniamo che l’uso della forza, in questo caso, non può contribuire alla soluzione di nessun attuale problema nella regione, ma può solo generarne di altri.

In particolare siamo preoccupati perché l’azione si svolge secondo le modalità che vengono in continuazione usate dagli USA e dai governi sudditi degli USA. Questa prassi, oltre ad essere strettamente selettiva e discriminatoria, degrada l’esistenza dell’ONU ed ha per proprio scopo quello di assumerne le funzioni trasformando un gruppo di paesi in poliziotti del mondo.

Per queste ragioni non nascondiamo la nostra delusione verso la socialdemocrazia europea, che ha accettato di assumere un ruolo in favore del capitalismo mondiale.

Non accettiamo la soluzione del problema del Kosovo sulle posizioni dell’uno o dell’altro nazionalismo.

Sinceramente ci dispiace per queste vittime innocenti che finora ci sono state a causa di questi nazionalismi e per tutte quelle che saranno provocate da quest’ultima aggressione alla Jugoslavia. Condanniamo tutti i paesi che non sono direttamente inclusi in questo scontro, ma che danno l’appoggio logistico ed altri appoggi, che danno la possibilità di uso del proprio territorio, dello spazio aereo e delle acque territoriali alle forze dell’aggressore.

Allo stesso modo non possiamo accettare il separatismo albanese e la ribellione militare organizzata dentro uno stato sovrano, perché riteniamo che serbi ed albanesi devono convivere in pace e nell’eguaglianza e che a questa regione deve essere concessa l’autonomia, come quella di cui ha goduto nella RFSJ nel periodo di Tito".

Non occorrerà spendere parola su ciò che ci distingue fondamentalmente da molte di queste proposizioni (dal richiamo all’ONU "esautorato" al riferimento finale al periodo "d’oro" del titoismo), ma ci preme sottolineare una serie di elementi essenziali che possono costituire la leva di successivi passaggi in positivo. Primo, il senso mondiale dell’aggressione imperialista NATO, che tocca tutti i popoli jugoslavi e non solo, e li chiama ad una concorde risposta, al di fuori di ogni limitatezza programmatica in chiave puramente croata (come nella succitata dichiarazione). Secondo, la comprensione del ruolo giocato dalle socialdemocrazie occidentali, inizialmente, forse, salutate come un possibile punto di riferimento del "socialismo democratico in Croazia". Terzo, il richiamo ad una convivenza multietnica "come nel periodo di Tito" che rappresenta un valore di riferimento che, comunque, dovrà fare i conti con la impossibilità di rieditare il vecchio titoismo, ma si dovrà concretamente collocare in una "nuova" cornice internazionalista.

Non è poco, nelle condizioni attuali. Certo, ci sarà chi vorrebbe tutto e subito, alla moda dei vecchi autonomastri sotto vernice "internazionalista pura"; e lo esigerebbe innanzitutto dalle popolazioni jugoslave che proprio noi, proletariato occidentale, abbiamo costretto nell’angolo (ed oggi assassiniamo e schiavizziamo). Noi non siamo meno, ma più, attaccati ai sacri principi rispetto a simili "puristi", ma concretamente intendiamo i passaggi attraverso cui un processo in direzione di essi può darsi facendo tutto il nostro dovere. Perciò salutiamo con entusiasmo il sentimento anti-imperialista, jugoslavista, internazionalista che pervade questo documento e ci facciamo carico del compito essenziale di mostrare ai compagni croati come la delusione sacrosanta vero le socialdemocrazie (e il rifondarolismo, e il torbido cossuttismo) dell’Occidente può trovare concretamente il suo antidoto nella fiducia nelle forze di un movimento rivoluzionario di classe nelle metropoli, qual è quello cui noi operiamo, che non è "italiano" od altro nazionalmente, ma internazionalista, di tutti gli oppressi del mondo. Una nuova Jugoslavia dovrà essere socialista, o non sarà; sarà parte di una federazione socialista di popoli non solo jugoslavi, o non sarà. Intanto, che dei compagni croati abbiano imparato a pensare e ad agire fuori dal recinto nazionale croato ci conforta e ci sprona!

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