Fraternità di classe con i lavoratori immigrati


Non abbiamo scritto noi i testi che pubblichiamo. In essi si esprime un sentimento di fraternità con i lavoratori immigrati e una volontà di lotta contro la loro oppressione che sentiamo totalmente nostri.

Il bisogno di una fraternità di classe con gli immigrati sta, forse, aprendosi faticosamente la strada tra i lavoratori occidentali. Comincia evidentemente ad essere percepito che la loro sorte è legata a quella degli immigrati, che l'oppressione di questi ultimi è la loro oppressione e che il riscatto degli uni può darsi solo insieme a quello degli altri.


GIURAMENTO DELL'IMMIGRATO PER LA NAZIONALITÀ ITALIANA

Signori che decidete,

sollecito molto umilmente la vostra benevolenza per ottenere la nazionalità italiana, che mi eviterà l'espulsione immediata e il carcere nel caso che il mio viso non risultasse simpatico a una qualsiasi autorità.

Giuro d'amare l'Italia e le sue frontiere che lasciano passare i turisti carichi di denaro e impediscono l'accesso a persone come me bisognose di tutto.

Giuro d'amare l'Italia e i suoi ministri, della prima e della seconda Repubblica, che sanno arraffare i soldi dove li scorgono; i suoi magistrati, che sanno in piena autonomia discolpare i notabili mafiosi e condannare pesantemente i ladri di biciclette; i suoi padroni, che sanno far pagare ai lavoratori il diritto di sgobbare; i suoi gendarmi, che sanno riconoscere una persona sospetta dal colore della pelle; i suoi intellettuali cortigiani dalle vesti multireversibili; i suoi sostenitori della pace con i cannoni sempre pronti; i suoi giornalisti obbedienti e ossequiosi; i suoi sindacalisti sempre proni; i suoi liberali d'estremo centro e le loro battaglie affinché tutto resti immutato; i suoi ex socialisti dall' "ungimi bene se vuoi qualche favore"; i suoi ex comunisti da operetta sempre pronti a specchiarsi a destra e a manca; i suoi conservatori tutti d'un pezzo, garantisti coi potenti e forcaioli coi deboli.

Giuro d'amare l'Italia, le sue prigioni, i suoi tribunali, le sue caserme, le sue industrie, la sua Fiat, la sua finanziaria, la sua Tv, la sua Inps, le sue Asl, il padre della burocrazia Repubblicana e la sua consorte che dà mostra di sé.

Giuro d'amare l'Italia, il suo campionato di calcio, la sua pizza, il suo caffè, i suoi monumenti, ma -tranquillizzatevi- non le sue donne.

Giuro d'amare l'Italia che salva l'occupazione fabbricando armi e sa volgere lo sguardo altrove quando i suoi clienti le usano.

Giuro d'amare l'Italia che ha saputo dare i natali a tanti dittatori, che sa essere terra d'asilo dorato per il Santo Padre e di esilio per tutti quei piccoli e insignificanti uomini misconosciuti da Dio; l'Italia di Berlusconi e di Di Pietro, di Andreotti e di Fini, di Bossi e di D'Alema; l'Italia in doppio petto grigio e quella in gilet rosso o in camicia nera; l'Italia dalle mani pulite e dai buoni sentimenti.

Giuro senza indugio d'amare l'Italia, faro del mondo civilizzato.


Manifesto dei sans-papiers

Noi, i sans-papiers di Friburgo e della Svizzera facciamo sentire la nostra voce attraverso questo manifesto.

Tra di noi ci sono delle famiglie, delle donne e degli uomini non sposati e delle coppie senza figli.

Arrivati dai quattro angoli dei cinque continenti, siamo venuti qui per lavorare, per vivere liberi, lontano dalla guerra e dalla miseria. La maggior parte di noi ha visto crescere i propri figli qui, altri non li vedono mai perché sono rimasti al paese. Come ogni madre o padre di famiglia, desideriamo offrire loro un avvenire sereno.

Dopo tutti questi anni passati in Svizzera, la nostra integrazione non è più in questione. Saremmo più stranieri nel nostro paese che in Svizzera, dove viviamo, paghiamo le nostre tasse, i nostri affitti e i nostri oneri sociali come qualsiasi residente "legale" di questo paese. Abbiamo contribuito e contribuiremo ancora alla crescita e allo sviluppo di questo paese, sia sul piano economico che su quello sociale e culturale.

La maggior parte di noi è entrata in Svizzera legalmente. Non abbiamo scelto la clandestinità. Questa ci è stata imposta dalle leggi. Non siamo responsabili di questa situazione e rifiutiamo l'ipocrisia della autorità che ci vogliono colpevolizzare. Noi non siamo dei criminali, ma uomini e donne che lavorano duro e che accettano tutti quei lavori che la maggior parte di voi rifiuterebbe di fare, in settori come l'agricoltura, la ristorazione, l'alberghiero, la costruzione o i lavori pubblici. Noi subiamo delle condizioni di lavoro spesso inimmaginabili per uno svizzero: salari di miseria, orari interminabili, abitazioni insalubri sono il nostro pane quotidiano. Non possiamo difenderci da queste forme di sfruttamento. Essere dei sans-papiers, delle persone senza documenti, fa di noi dei senza-diritti di cui profitta la democrazia svizzera.

Non domandiamo la luna, ma solo un titolo di soggiorno per tutti noi. Proprio come ognuno di voi, crediamo di avere il diritto di vivere dignitosamente ed in sicurezza. Domandiamo dei documenti per non essere più vittime dell'arbitrio delle amministrazioni e degli abusi dei datori di lavoro. Domandiamo dei documenti per non dover più avere paura di circolare liberamente per strada col rischio costante d'essere arrestati e poi espulsi. Domandiamo dei documenti per essere considerati come degli esseri umani a parte intera, uguali in fatto e in diritto.

Per tutti questi motivi rivendichiamo la regolarizzazione collettiva dei sans-papiers, e rifiutiamo il caso-per-caso. Come vittime dell'ingiustizia delle leggi, rivendichiamo un diritto alla migrazione. Le regolarizzazioni di massa che ci sono state in Francia, in Italia, in Spagna, in Portogallo, in Germania o ancora in Belgio, provano senz'altro che la Svizzera non può continuare a ignorarci per sfruttarci meglio.

Friburgo, maggio 2001