Zimbabwe:

un "avamposto della civiltà"

È ricominciata a tamburo battente la campagna occidentale contro il presidente dello Zimbabwe Mugabe: denunce di massacri ai danni di innocenti farmers bianchi, accuse di brogli nelle elezioni della scorsa primavera e grande indignazione per l’inconcepibile affronto di aver rimandato a casa la delegazione europea inviata per supervisionare il "corrotto regime". All’offensiva condotta in prima linea dal governo inglese si sono aggiunti gli appelli accorati degli altri paesi europei nel denunciare la corruzione imperante nel paese e le prevaricazioni ai danni della "minoranza bianca". Il rischio è enorme -si afferma- il vecchio presidente dà sempre più segni di squilibrio e soprattutto "accende una miccia nell’intera area dell’Africa Australe". Inquietanti reportage da Johannesburg allertano l’intero mondo degli affaristi e le potenze occidentali, impegnati nell’ennesimo round sulla spartizione dell’Africa, sulla fama che il vecchio presidente sta conquistandosi tra i neri sud-africani i quali, non soddisfatti di aver contestato energicamente il recente vertice sull’ambiente, hanno pure inneggiato ai provvedimenti di requisizione della terra messi all’ordine del giorno nel vicino Zimbabwe. Non solo. Il presidente si dimostra più che tollerante nei confronti degli episodi di requisizione forzata e di esproprio delle fattorie compiuti direttamente dai contadini senza terra ai danni dei farmers bianchi. L’ombra di una rivincita dell’"orda nera" nei confronti di quell’"avamposto della civiltà" costituito dall’apartheid che di fatto regola la vita del paese si profila minacciosa.

Essendo questa la propaganda, prima di passare a qualsiasi considerazione, siamo costretti innanzi tutto a ricordare gli elementi essenziali di verità soffocati dalla consueta melma che ci propina la nostra libera informazione. Qual è l’ultimo ed inconcepile delitto di Mugabe? L’aver ricordato che è scaduto un patto sottoscritto in pompa magna (gli accordi di Lancaster House) e con la benedizione di tutta la diplomazia mondiale, quella vaticana inclusa, che di fatto congelava la situazione di esproprio forzato che il vecchio colonialismo di Cecil Rhodes ed il regime razzista di Ian Smith avevano perpetrato ai danni della popolazione nera locale in favore dei colonialisti bianchi e preservato con il più feroce regime razzista che la storia ricordi. Sotto la spinta del movimento di liberazione nazionale il "mondo civile" accettava di concedere la formale fine dell’apartheid razzista in cambio del permanere del potere reale e soprattutto della proprietà della terra nelle mani della minoranza bianca. L’allora vezzeggiato presidente Mugabe accettava la cosiddetta via moderata ed in calce agli accordi si contentava di stabilire un termine ventennale alla situazione di fatto. Il termine è scaduto e l’"irriconoscente" regime pretende che la terra venga restituita ai legittimi proprietari, la popolazione nera locale! Nonostante Mugabe abbia anche in questo caso ventilato un ritorno soft e parziale della proprietà della terra alla popolazione indigena. Quanto poi alle indicibili violenze del movimento degli occupanti, le vittime accertate sono 11 (agenzie direttamente gestite dai partiti filo-occidentali arrivano ad un cifra massima di 59). Ci sarebbe da meravigliarsi, semmai, di come la violenza di un intero popolo espropriato e ridotto alla fame sia così contenuta rispetto ai torti subiti.

La realtà è quella di un paese in cui 4500 bianchi possiedono 11 milioni di ettari (in pratica l’unica terra redditizia), contro i 16 milioni di ettari (nelle aree più sterili ed improduttive) posseduto da un milione di neri. L’intera economia è basata sull’esportazione perché nel tempo l’economia di sussistenza è stata distrutta offrendo così manodopera nera quasi a costo zero ai farmers bianchi. Il disavanzo e l’inflazione prodotti dall’esportazione dei capitali e dall’acquisto di beni di lusso da parte della minoranza bianca hanno ridotto entro margini sempre più striminziti l’assistenza statale e il finanziamento dei piani di associazione cooperativa dei piccoli produttori, colpiti oltre tutto dai bassi prezzi dei prodotti delle fattorie più produttive dei bianchi e da vere e proprio campagne di dumping e boicottaggio internazionale. A garanzia dei profitti dei soliti "benefattori" occidentali, poi, politiche sempre più restrittive sono state imposte dagli organismi finanziari internazionali per garantire la restituzione del debito. Nel frattempo il paese, flagellato da denutrizione e miseria e dalla conseguente diffusione dell’Aids, ha esaurito le risorse e le riserve alimentari: circa 6 milioni di persone rischiano di morire letteralmente di fame. In questo quadro si inserisce la "follia" del moderato Mugabe cui reagiscono le incombenti minacce interventiste occidentali ed il boicottaggio economico varato dalla "civile" Europa.

Chi è l’aggredito? Chi è il mostro?

Il "corrotto e nepotista" Mugabe (ancora una volta sgradito non già per i suoi nepotismi o -più che moderati- metodi autoritari, ma per la sfida che in qualche modo è costretto a raccogliere contro l’oppressione bianca e neo-coloniale) è stato addirittura accusato di aver condotto il paese alla rovina per non aver dato corso alla riforma agraria. Dalla favola del lupo e dell’agnello non si erano mai viste facce di corno simili. Gli stessi "benefattori" che si apprestano a stringere il cappio dell’embargo intorno al collo di Mugabe e delle popolazioni nere perchè hanno di fatto iniziato a porre timidamente le premesse di una riforma agraria vengono messi all’indice ed alla gogna perché non hanno messo in pratica ciò di cui sono accusati!

L’arroganza e la (lucida) follia di un sistema di sfruttamento internazionale che non conosce limiti scatena terremoti sociali. La mobilitazione di milioni di senza terra che comincia a delinearsi dal Brasile al Sud Africa, allo Zimbabwe reclama il supporto degli sfruttati d’Occidente in grado di far propria questa rivendicazione contro l’ordine imperialista mondiale.

Un primo e necessario passo noi ostinatamente lo riproponiamo nel denunciare l’aggressione occidentale e sostenere la lotta dei sem-terra dello Zimbabwe, nonostante non siamo iscritti al partito e non sottoscriviamo le soluzioni di Mugabe. Da cui siamo mille miglia lontani però per i motivi opposti a quelli che lo dividono dall’Occidente…e cioè per l’incapacità di condurre una radicale ed estesa battaglia anti-imperialista, fondata sull’iniziativa rivoluzionaria ed internazionale degli sfruttati. E anche questa volta non ci mostreremo turbati se e quando questa lotta inghiottirà un altro "avamposto della civiltà".