I "pacifisti" Chirac

e Schroeder

alla guerra

contro i lavoratori

Durante i cortei contro la guerra si sono viste sventolare le bandiere della Francia e della Germania. I manifestanti che portavano queste bandiere (molti erano giovani), da noi avvicinati, ci hanno spiegato che portavano quelle bandiere sia come segno di riconoscenza per la posizione "pacifista" presa da quei governi che per opporle come simbolo di "libertà, coraggio e autonomia europea allo strapotere e all’arroganza degli Usa".

Ora, fermo restando che, come mostriamo altrove, non esiste alcuna diversità di sostanza tra questi stati e gli Usa per quel che riguarda l’aggressione ai popoli arabo-islamici, ma solo una diversità nei tempi, nei modi e nelle forme, vorremmo fare presente ai dimostranti di cui sopra che mentre essi sfilavano agitando le insegne di Francia e Germania, i governi Chirac e Schroder predisponendo nuovi attacchi alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori di queste nazioni (il "fronte interno" della guerra).

In Germania, il governo socialdemocratico Schroder ha varato un piano che taglierà in modo pesante il "mitico" stato sociale tedesco: sussidi ai disoccupati di 18 mesi, anziché 32; minori tutele dai licenziamenti per i lavoratori delle piccole imprese; l’età minima per la pensione elevata per tutti a 67 anni; un ticket di 15 euro per ogni visita medica, mentre ora esse sono gratuite.

In Francia il governo di destra di Chirac non è stato da meno: una riforma previdenziale che prevede entro il 2008 40 anni di contributi obbligatori per il settore privato e quello pubblico ed elevamento graduale fino a 42 anni per tutti entro il 2020, un accordo che ha visto spaccarsi il fronte sindacale dopo un’iniziale "unità"; nella scuola, attraverso un processo di "decentralizzazione", tagli nelle assunzioni di professori e di educatori di sostegno e trasferimento di 110mila non docenti dallo stato agli enti locali; liberalizzazione delle ferrovie (voluta dalla Commissione Prodi), che dopo il trasporto merci si sta estendendo anche al trasporto passeggeri; intanto i licenziamenti non si fermano e la disoccupazione è in aumento.

Nel portare avanti questi provvedimenti, i governi tedesco e francese, oltre ad "accompagnarli" con la solita e falsa propaganda che scatta in queste occasioni del tipo: "solo riducendo i costi si potrà contrastare la disoccupazione", hanno cercato di sostanziarli agli occhi dei lavoratori su un piano politico più generale. Illuminante quanto sostenuto da Schroder in uno dei suoi interventi: "È in gioco il ruolo dell’Europa nella politica internazionale e anche l’indipendenza delle nostre decisioni nel mondo di domani. Su entrambi i piani potremo spuntarla se nella politica economica e sociale diventeremo più mobili, più solidali, più forti in Germania e in Europa."

In pratica il cancelliere tedesco, rivolgendosi al nucleo centrale del proletariato europeo, ha detto: lavoratori tedeschi, se volete mantenere (al ribasso) un certo livello di "vita" nell’attuale contesto economico mondiale, intanto dovete ridimensionare (e non di poco) la vostra condizione complessiva di salariati (è il mercato ad imporcelo e, dunque, non potete rifiutarvi); ma dovete, soprattutto e nello stesso tempo, accettare la sfida che "ci" viene lanciata da chi oggi è più forte di noi (Usa) per attrezzarci su tutti i piani a contrastarne l’influenza, i condizionamenti e le invasioni di campo…; e una volta fatto questo, passare possibilmente al contrattacco!

Un messaggio politico molto pericoloso, dalle conseguenze nefaste per tutti i proletari non solo tedeschi, che dovrà essere ricacciato in gola al mittente. In poche parole, si vuole rendere compartecipi e attivi i proletari del continente alla coda di una politica imperialista europea spacciata per presuntamente "diversa" e "alternativa" a quella americana. Come Mussolini e Hitler, anche i democratici Schroeder e Chirac sanno bene che per i loro stati, per i loro capitalismi, per questa "nostra" putrida Europa la sola possibilità di non soccombere nella contesa mondiale con gli Usa sta nel mobilitare per questo fine, disciplinandola a ciò, la massa dei salariati. Una linea che, se fosse fatta propria dal proletariato d’Europa, porterebbe inevitabilmente a scontrarsi con i lavoratori delle altre nazioni presuntamente "nemiche", e aprirebbe in particolare un solco dai lavoratori americani, che oltreoceano non vivono certo una realtà più facile e tranquilla di quelli europei, tutt’altro! Un proletariato che, è bene ricordarlo, in questi ultimi anni da Seattle in poi ha dato e sta dando significativi segnali di risveglio.

La prima risposta dei lavoratori tedeschi e francesi non è stata male… Grandi manifestazioni e mobilitazioni di piazza; i lavoratori non sembrano accettare supinamente questi nuovi sacrifici. Stessa cosa in Austria, dove il 13 maggio c’è stata a Vienna, dopo 50 anni (!!), una delle più grandi manifestazioni sindacali che la storia di questo paese ricordi e un riuscito sciopero generale contro, anche qui, un progetto di riforma delle pensioni del governo nero-azzurro di Schuessel.

Come si vede la situazione non solo non è assolutamente tranquilla e "sotto controllo", ha anzi un filo comune riconoscibile nei vari paesi europei, se è vero che anche in Italia siamo alla vigilia di nuovi affondi su questi stessi terreni da parte di Berlusconi&C. Tuttavia, non lusinghiamoci: per svincolare i lavoratori ed i giovani europei dall’egemonia dei rispetti governi e stati non basterà la sola lotta sindacale per limitare i danni e scaricare altrove i costi della crisi; servirà una vigorosa presa di coscienza politica, cioè una vigorosa battaglia organizzata secondo linee di classe e sotto la propria bandiera. Altro che tricolori ed Europa!I "pacifisti" Chirac e Schroeder alla guerra contro i lavoratori