La "guerra infinita" contro i lavoratori immigrati in Europa

8 maggio 2005, 8 maggio 1945:il colonialismo continua...

L’8 maggio 2005 i governi europei non hanno risparmiato retorica e sfarzo per celebrare, alla presenza di Bush, il 60° anniversario della liberazione dell’Europa dal nazi-fascismo. Nello stesso giorno alcune migliaia di immigrati e di figli di immigrati hanno manifestato a Parigi per denunciare il massacro compiuto in Algeria contro la sollevazione indipendentista dall’appena ricostituita democrazia francese in quello stesso 8 maggio di 60 anni fa.

Con ciò, la manifestazione di Parigi ha riportato alla ribalta la vera sostanza della guerra condotta dagli Alleati contro il nazi-fascismo: una guerra inter-imperialistica tra gli Stati Uniti e gli alleati, da un lato, e la Germania e i paesi dell’Asse, dall’altro, per stabilire chi dovesse saccheggiare l’Africa e gli altri continenti colonizzati. Le stragi di Setif e di Guelfa comunicarono agli algerini e agli altri popoli di colore che avevano creduto alla promessa di Roosevelt sulla guerra per la libertà dei popoli, a quale dei due predoni avrebbero dovuto sottomettersi.

"La Francia è stata uno stato coloniale!", ha denunciato l’appello di convocazione della manifestazione, di cui riportiamo alcuni stralci. "La Francia è ancora uno stato coloniale!", ha gridato lungo il suo percorso per la città il combattivo corteo parigino. Esso ha avuto la forza di legare la manifestazione, che ha riversato in piazza la rabbia che abbiamo visto incendiare le periferie parigine nei giorni scorsi, con la resistenza che i popoli colonizzati continuano a portare avanti in America Latina, in Africa e in Asia. E su questa base, di denunciare la sinistra francese, anche estrema, che ha attaccato l’appello e che –anziché far leva sull’iniziativa per lavorare alla costruzione di un ponte di classe tra gli sfruttati immigrati, gli sfruttati autoctoni e gli sfruttati che resistono all’imperialismo nel Sud del mondo– ha di fatto affiancato la borghesia francese nell’opera di gettare discredito sugli immigrati, di mantenere gli sfruttati francesi entro la suicida ottica nazionale in cui sono rinchiusi da decenni e di ostacolare la maturazione verso l’internazionalismo proletario dell’odio antimperialista degli sfruttati del Sud del mondo.

Nello stesso mese di maggio, era in corso la mobilitazione (elettorale) per il "no" alla costituzione europea e alla legittimazione da essa data all’attacco liberista ai lavoratori europei. La campagna forniva l’occasione per unire i due terreni di denuncia e di mobilitazione. I toni della campagna per il "no" sono stati invece molto "francesi" e non è un caso che le assemblee abbiano visto una scarsissima presenza di immigrati... E poi -a "sinistra", anche estrema- si ha la faccia di salire in cattedra, come è accaduto nelle scorse settimane, per rilevare la mancanza di programma politico di classe della rivolta delle periferie!

La battaglia politica contro un simile atteggiamento richiede la rescissione di ogni collegamento (teorico, politico e organizzativo) con la tradizione da cui esso deriva, quella dello stalinismo francese (da cui è stato risucchiato lo stesso movimento trotskista), quella che l’organo della Sinistra Comunista, nella fase ascendente della guerra di liberazione nazionale algerina, bollò con le seguenti parole: "Non soltanto alla democrazia ma addirittura al socialismo si va, per questi signori [Thorez e la direzione del Pcf degli anni trenta], attraverso la dominazione coloniale! (...) I riflessi sul moto indigeno saranno paurosi. Da un lato, si era spianata la strada alle frazioni più dichiaratamente borghesi del movimento anti-coloniale, dall’altra era respinta nell’isolamento l’unica formazione politica e militare a base proletaria (l’Ètoile Nord-Africaine) che in tutto questo periodo agitasse senza esitazioni la bandiera della lotta con le armi in pugno per l’indipendenza dalla metropoli imperialista. Che questa formazione, abbandonata a sé stessa, cadesse a sua volta preda di oscillazioni e, infine, di sbandamenti, era nella logica della storia: a che miravano, le tesi del II congresso dell’I.C. del 1920, se non ad impedire, mediante la propaganda incessante del partito comunista rivoluzionario organizzativamente e ideologicamente autonomo, che ciò avvenisse? L’Ètoile era partita con una base proletaria e una prospettiva socialista, radicata nella premessa dell’appoggio incondizionato del proletariato metropolitano alla sua lotta violenta: ora si trovava di fronte al rifiuto di ogni appoggio e, in più, al passaggio in campo avverso, al campo dell’imperialismo. E tuttavia, sia detto a suo onore, essa resisterà a lungo e rabbiosamente sulle posizioni che non i suoi ispiratori e la sua «base», ma il partito comunista francese e il Comintern stalinizzato, avevano tradite". (*)

Il nostro saluto e il nostro appoggio internazionalisti ai partecipanti alla "Première Marche des Indigènes" e all’"Assise de l’Anti-colonialisme"!