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Che Fare n.68 novembre dicembre 2007

Che magnifica lotta operaia in Egitto

Chi ci conosce, sa bene quale "fideistica" fiducia riponiamo nella classe operaia per la ragione, che nulla ha da vedere con il "credo quia absurdum" medioevale, della sua collocazione nella divisione sociale del lavoro propria della società capitalistica. Perché è la classe che tutto produce, e che è espropriata delle condizioni e dei frutti della propria produzione, che è "a contatto" con la tecnica di avanguardia, che ha prodotto con il marxismo la sola dottrina capace di mettere a nudo le tare e gli antagonismi del capitalismo, che ha dato infinite prove della sua combattività, la sola classe che sia capace di voltare pagina, come da tempo la storia esige, rispetto all’economia e alla società mercantile. Bene.

A causa di tale "fideistica" fiducia siamo stati spesso accusati di vedere ovunque operai e lotte operaie in incubazione, sognando per lo più ad occhi aperti, specie per quello che riguarda i paesi "terzi", quelli arabi in particolare, dove di proletariato e, tanto più, di classe operaia non ce ne sarebbe, da sempre e per sempre, traccia alcuna, essendo essi solo sterminate distese di poveri in canna, di disperati imbarcati sui barconi nel Mediterraneo, di sottoproletari ignoranti e fanatici, buoni solo per esser rosolati sugli spiedini ideologici dei loschi mullah.

Ora, il caso vuole che nell’anno di grazia 2007, in pienissima era post-moderna, internautica e di moltitudini liquide, parola di Negri-Baumann e tanto basti, nel Delta del Nilo, antichissimo fiume di antichissime civiltà, 27.000 operai tessili abbiano piegato con la loro lotta collettiva e solidissima (altro che liquida!), con la loro forza di classe organizzata (altro che informi moltitudini questuanti sussidii!), una delle più grandi imprese capitalistiche egiziane, la Misr Spinning and Weaving Company di Mahalla. La protesta è durata una settimana, con sciopero e occupazione della mega-fabbrica (ne esistono anche nel "Terzo Mondo", e come!). E sapete il grido che l’ha caratterizzata? "Non siamo schiavi del Fondo monetario internazionale!", un grido che era rivolto contro il proprio governo asservito alle politiche neo-liberiste estreme imposte dal Fondo, totalmente indigesto al sindacato di stato votato alla protezione dei soli dipendenti ministeriali, e accusato da uno dei capi della rivolta operaia di "non fare altro che proteggere gli interessi dei padroni e dei dirigenti delle industrie, senza tenere conto dei bisogni reali dei lavoratori"…

Ma fermiamoci qui. La cronaca è contenuta in un bellissimo articolo de il manifesto (2 ottobre) a firma Michele Giorgio, ce ne fossero! Chi vuole, può trovarlo sul nostro sito.

Che Fare n.68 novembre dicembre 2007


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