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Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008

Figli, figli, ancora figli. Per la patria, per l’Occidente, per la guerra

Giuliano Ferrara è un personaggio repellente e infame, ma non privo di una certa intelligenza. E’ di quelli che si fanno carico delle battaglie di avanguardia, e ama lanciarsi nella mischia, forte della sua capacità di vedere lontano, di riconoscere le necessità ultime del sistema e di giocarsi la faccia e la partita fidando sul suo acume, sulla sua spregiudicata abilità e, s’intende, sui compensi che verranno.
Fa una certa impressione vedere un argomento come la legge 194, e le pur limitate garanzie che essa offre alle donne che scelgono l’aborto – da lui con grande delicatezza definito “ghigliottina chirurgica” o “avvelenamento in pancia”- nelle mani di un simile rapace. Ma tant’è! Costui lo ha preso talmente “a cuore” da eleggerlo negli ultimi mesi a suo unico argomento di campagna elettorale ed extra-parlamentare. E su di esso ha imbastito una comparsata televisiva che val la pena di raccontare.
Il nostro si presenta alla conduttrice del programma “Le invasioni barbariche” indossando una vistosa gonna a fiori e dichiara, in presunto stile vetero-femminista: “l’aborto è maschio! Le donne sono vittime della tecno-scienza che sperimenta sul loro corpo ciò che vuole! La mia battaglia è femminile e femminista...” (a questo punto ci corrono i brividi lungo la schiena) .
Eccolo ora nei panni del libertario: voglio che le donne siano libere di non abortire! E poi, scoprendo l’acqua calda: “voglio affermare il principio che l’aborto è male [per chi?] e che va superato e combattuto [come?] senza penalizzare la donna” (se non obbligandola a partorire ad ogni costo e sotto ogni cielo...).
Non può mancare, è ovvio, un premuroso riferimento alle donne immigrate che vengono qui per lavorare: “vorreste forse dire che le donne immigrate abortiscono perchè vogliono far carriera? Ma no, lo fanno per ragioni economiche! Distribuiamo loro i soldi dei conti dormienti, diciamo un trecento euro a testa, e facciamogli fare il figlio!”.
Eccolo, poi, indossare i panni della crocerossina: “no all’aborto terapeutico! Non si uccide un bambino malato! Non si lascia morire un futuro pluri-handicappato!”. E subito dopo, con un ulteriore guizzo, vestire i panni casual del cooperante, che ha a cuore talmente tanto la sorte delle donne del Terzo Mondo da tirare in ballo le donne cinesi e indiane, e l’aborto selettivo che subiscono quando sono incinte di una femmina.
Dopo tanto rutilante trasformismo (Fregoli in confronto era un dilettante), eccolo infine comparire nei panni, che invero gli si addicono, del becchino. L’articolo 1 della nuova lista per la moratoria da lui capeggiata così recita: “i nostri candidati si impegnano a promuovere legislativamente il dovere di seppellire tutti i bambini abortiti nel territorio nazionale, in qualunque fase della gestazione e per qualunque motivo. Le spese sono a carico del pubblico erario.”
Non basterebbe la camicia di forza per indurlo al silenzio. Egli si lancia nella mischia a corpo morto come se fosse solo. Ma Ferrara non è solo. E’ soltanto più avanti di tutti. E ha fretta. Una fretta maledetta, su cui non può seguirlo chi cerca facili consensi immediati (leggi: lo stesso cavaliere). Ha fretta di agganciarsi al carro delle pesanti limitazioni del diritto all’aborto assistito messe in atto negli Usa su pressione del peggiore conservatorismo americano, attualmente al potere. Da costoro proviene un pesante monito all’Europa, che si prevede sinistramente preda di orde di mussulmani invasori, prolifici e non paghi del futuro di marginali preparato per loro (imparare dalle banlieues). A ciò si assommano le paure che percorrono la Russia alle prese con un impressionante calo demografico, per non parlare delle preoccupazioni per il futuro di Israele, baluardo prezioso del mondo occidentale, che ha di fronte (e dentro di sé) un popolo le cui donne partoriscono una media di 7 figli a testa...
E allora fra disquisizioni sul bene e sul male, dichiarazioni di sfegatato amore per le donne (altro brivido...), egli getta la maschera e denuncia il vero pericolo: la perdita di identità, delle radici laiche e giudaico-cristiane che noi tutti dovremmo porre alla base di un nuovo illuminismo e razionalismo, a cui tutti in Occidente dovremmo riferirci e che dobbiamo essere disposti, anzi preparati, a difendere con la guerra. Per ottenere questo obiettivo non sono sufficienti prese di posizione sporadiche o una generale pressione sulle donne. Bisogna mettere le grinfie dello stato, cioè del capitale, sui loro figli fin dal concepimento (“dal concepimento alla morte naturale”) e possibilmente anche prima, quando sono, come si diceva una volta, “nella mente di dio”. Non gli basta definire l’aborto un “omicidio perfetto”: ogni singola donna che vive una gravidanza indesiderata si deve sentire un’assassina e deve dichiarare come vuole che il figlio sia seppellito. Sa che non basta il terrorismo o una sola motivazione per indurre le donne ad essere oggi più che mai produttrici di figli per la patria, figli di razza bianca “geneticamente” adatti alla guerra... pardon, a garantire l’universale missione civilizzatrice del mondo occidentale, e ad arginare l’onda delle “invasioni barbariche”. C’è bisogno a tal fine di una mobilitazione generale della classe dirigente italiana ed europea, cui fa appello nei suoi proclami, perchè raccolga l’urgenza di questa causa, che “ha radici forti nel pensiero laico e religioso di secoli di cultura e civilizzazione umana”.
In tutto ciò non c’è niente di folkloristico. Ferrara non è certo un campione delle cause perse. Sente crescere l’odio per gli effetti delle politiche occidentali – imperialiste – nel Sud del mondo. Sa che la massa dei lavoratori occidentali, benché non sia aggressivamente mobilitata in una politica di guerra, è largamente permeabile alle campagne anti-Terzo Mondo. Anche tra le masse femminili, sa di non avere di fronte un solido muro, ma un argine bombardato da decenni di propaganda clericale e incuria istituzionale, di generale disaffezione alle lotte. Sa anche che le donne hanno sedimentato il diritto di decidere sulla propria fecondità, ma che proprio l’uscita dalla procreazione obbligata ha lasciato spazio a un nuovo desiderio di maternità che, per le condizioni generali di vita dell’oggi, molte volte non riesce ad essere soddisfatto. Sa che riprodurre la vita è spesso vissuto dalle donne e dalle coppie come la speranza di una compensazione per un’esistenza carica di impegni e di fatica ma avara di soddisfazioni, di gratificazioni e di affetti. E quindi attacca, attacca, attacca, sicuro che un qualche risultato potrà ottenerlo anche profittando del fatto che molte donne e molti uomini credono che la “questione” dell’aborto non li riguardi da vicino.
Qualche meritatissima contestazione Ferrara se l’è presa. Ma in troppo pochi hanno preso sul serio la sua battaglia avanguardista. La stragrande maggioranza, anche delle donne, non pensa al futuro che le forze ispiratrici del nostro burattino hanno in serbo per loro e per i loro figli tanto intensamente desiderati... E invece no, bisogna pensarci, mobilitarci, batterci con altrettanta e maggiore decisione, in una lotta a tutto campo, perchè la partita è a tutto campo. Le masse delle donne e dei lavoratori, i cui destini e la cui liberazione sono da sempre strettamente legati, devono denunciare con la massima chiarezza l’azione devastatrice di simili personaggi, l’ideologia di morte che la sostiene, il sistema di cui sono servitori, e scendere in lotta per evitare di essere trascinati in una spirale di guerre e di crisi sempre più acute.

Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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