Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci


Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008

I momenti salienti delle recenti lotte proletarie in Iran

I lavoratori iraniani protagonisti di questa ripresa ne vedono il punto di partenza nella lotta degli operai di Khatonabad.
Nel gennaio 2004, 1500 lavoratori occupati nella costruzione, ormai quasi ultimata, di uno stabilimento per la lavorazione del rame vicino a Khatonabad (nella provincia meridionale di Kerman), anziché essere assunti come operai della fabbrica, vennero licenziati. L’impresa per cui lavoravano era una joint-venture iraniana-cinese. I lavoratori scesero in sciopero e si accamparono attorno allo stabilimento con le loro famiglie chiedendo l’assunzione e il pagamento degli arretrati. All’ottavo giorno, lo sciopero fu schiacciato dall’intervento delle forze speciali: almeno quattro i morti, trecento i feriti, ottanta gli arrestati.
Nello stesso mese si mosse a Teheran la più grande fabbrica del Medioriente: la fabbrica automobilistica della Iran-Khodro. Nell’impianto, di proprietà dello stato iraniano in joint-venture con la Renault-Peugeot e con la Hyundai, lavorano 37 mila dipendenti, il 50% dei quali con contratto temporaneo o in nero. Gli operai scesero in sciopero dopo una serie di incidenti sul lavoro, che avevano portato alla morte di due giovani durante il turno di notte per chiedere migliori condizioni di sicurezza, l’assunzione di una quota di precari e l’aumento della paga per il lavoro notturno. Nei mesi successivi, nonostante la rafforzata presenza della polizia nei reparti, i lavoratori della Khodro inclusero tra le proprie rivendicazioni anche il diritto di sciopero e il diritto a costituire un proprio comitato sindacale indipendente da quello corporativo-aziendale previsto dalla Costituzione della repubblica islamica.
Nel marzo 2004 fu la volta degli insegnanti, con al centro della mobilitazione le donne, chiamati in piazza (questa volta) dal sindacato ufficiale, per richiedere salari al di sopra della linea di povertà ufficiale. Il governo rispose imbavagliando il giornale sindacale promotore della protesta.
Ancora nel 2004, in autunno, a Tabriz 3.000 lavoratori di una fabbrica di mattoni crearono un comitato di sciopero per rivendicare un aumento del 25% dei salari (a cottimo) percepiti. Questa volta le forze dell’ordine chiamate ad intervenire si rifiutarono di fare il loro “dovere”. Seguì la riapertura della trattativa e la piena accettazione delle richieste dei lavoratori. La lotta a Tabriz si intrecciò con quella contro i licenziamenti di massa dei lavoratori tessili della Kurdistan Textile di Samandajj, significativa per la durata, la sua conduzione mediante un comitato eletto dai lavoratori e per il supporto che ricevette dai lavoratori di altre fabbriche tessili, metallurgiche e petrolchimiche e dagli studenti della zona. Dopo un anno di scioperi, di trattative intermittenti e di ripetuti interventi delle forze dell’ordine, nel novembre 2005 (c’era stato nel frattempo il passaggio del potere esecutivo ad Ahmadinejad) la direzione aziendale accettò il ritiro dei licenziamenti, il pagamento dei salari del periodo di sciopero, l’introduzione di misure per l’abbattimento delle polveri e del rumore nei capannoni.
Nella primavera del 2005, di fronte all’annuncio della decisione del governo di innalzare il salario minimo, partirono dai posti di lavoro, attraverso i sindacati ufficiali e bollettini semi-ufficiali, petizioni per fissarlo a 550 dollari al mese. Per il 1° maggio i sindacati ufficiali organizzarono un raduno allo stadio di Teheran per ascoltare un comizio di Rafsajani. Allo “squalo”, un appellativo affibbiatogli per le sua cinica ricerca del profitto, venne impedito di parlare dai ventimila lavoratori confluiti nello stadio, la metà dei quali, guardati a vista dai pasdaran, provenienti dall’area della Khodro.
Nel maggio 2005 si ebbe anche l’inizio della lotta dei 17.000 conduttori di mezzi pubblici di Teheran, con la costituzione, per la prima volta dal 1981, di un’organizzazione sindacale autonoma sostenuta da quasi la metà dei dipendenti e con la rivendicazione della parificazione dei salari con quelli degli altri dipendenti pubblici, la fornitura gratuita di due paia di scarpe da lavoro, la riduzione dei carichi di lavoro, l’introduzione della contrattazione aziendale e il riconoscimento del diritto all’organizzazione sindacale indipendente. Dopo mesi di contrattazione, nel corso dei quali migliaia di lavoratori chiesero con una marcia sulla capitale il rilascio di un loro delegato arrestato, ci fu l’intervento repressivo alla vigilia dello sciopero generale previsto per il 28 gennaio 2006 con l’incarceramento preventivo di ben mille lavoratori. È stato lo sciopero che l’Afl-Cio e gli Us Teamsters di P. Hoffa cercarono invano, a quel che ci risulta, di strumentalizzare a vantaggio della politica del proprio imperialismo.
Intanto il 16 luglio del 2005 vi era stata la giornata di mobilitazione nazionale per la sicurezza e l’assistenza sociale, con scioperi a Bushehr, Yazd e a Shushahr, con il blocco della Khodro, con la scesa in piazza di 10mila scioperanti nel Golestan e 17 mila a Ilam.
L’ultima iniziativa di cui è giunta notizia in Occidente è la manifestazione nazionale per il 1° maggio del 2006 a Teheran. Anch’essa fu organizzata dal governo e dai sindacati ufficiali. Al centro la questione nucleare e la contrapposizione in corso con gli Usa, la Ue e l’Onu. Decine di migliaia di lavoratori parteciparono al raduno, dando il loro appoggio alla politica nuclearista del governo (“Il nucleare è un nostro diritto!”), ma portando in essa al contempo anche la richiesta di una serie di misure a favore dei lavoratori. Intanto anche entro i sindacati ufficiali, che rappresentano corporativamente direzioni aziendali e lavoratori, e cioè com’è regola in tutti i corporativismi subordinano gli interessi degli operai a quelli dei capitalisti di stato e privati, era partito il dibattito sull’esigenza di separare l’organizzazione dei lavoratori da quella delle imprese e sui provvedimenti necessari per “raddrizzare” in senso favorevole alla “gente comune” la repubblica islamica, diventata sempre più agli occhi degli oppressi iraniani la repubblica dei milionari e degli squali…

Dal Che Fare n.69 aprile maggio 2008

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci