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Dal Dossier del Che Fare n.° 70 gennaio febbraio 2009

Gli investimenti diretti all’estero

Gli investimenti diretti all’estero sono un indicatore primario della globalizzazione del capitale.

Sono gli investimenti di capitale fatti da una impresa, industriale, agro-industriale, commerciale, dei servizi, finanziaria (società madre) per assumere una posizione durevole nella gestione di un’altra impresa di un paese straniero. E implicano, secondo il Fmi e l’Ocse, l’acquisizione di almeno il 10% del capitale sociale della impresa oggetto di acquisizione.

Gli investimenti diretti all’estero comprendono sia l’iniziale investimento che operazioni successive come la creazione di filiali, la costruzione o l’allargamento di uno o più stabilimenti, etc. E si possono concretizzare anche nella creazione di nuove società.

Un investimento straniero che sia inferiore al 10% del capitale sociale di una impresa viene invece denominato investimento di portafoglio.

Va segnalato, ed è certamente un indice (tra i tanti) della crescita prima e dell’esplosione poi della speculazione finanziaria, che mentre nella seconda metà degli anni ’70 i flussi di investimenti in uscita dai paesi dell’Ocse erano solo per il 37,3% investimenti di portafoglio, nel 1996 questi ultimi costituivano il 64,7% del totale degli investimenti esteri. Una variazione meno importante ma dello stesso segno è avvenuta anche per gli investimenti in entrata.

Dal Dossier del Che Fare n.° 70 gennaio febbraio 2009

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