Dal Che Fare n°71   novembre - dicembre 2009

Fabbricano i "clandestini", e poi li criminalizzano.

Lotta senza quartiere contro la   cosiddetta "clandestinità": questo, a sentire il governo, sarebbe il punto centrale del "pacchetto sicurezza".

Si tratta di una bufala! In Italia ed Europa non c’è stato alcun provvedimento in tema di immigrazione che non sia stato preso in nome di questa "nobile" (si fa per dire) battaglia. Eppure centinaia di migliaia di "immigrati irregolari" c’erano, ci sono e, siamo pronti a scommettere, continueranno ad esserci. Perché? Perché il capitalismo italiano ed occidentale ne ha e ne avrà un enorme bisogno.

Ha una inesauribile fame di proletari con zero diritti da sottoporre al più bestiale sfruttamento. Leggi come la Bossi-Fini e il "pacchetto sicurezza" in realtà servono a rendere l’immigrazione "regolare" sempre più selezionata, difficile e, quindi, a generare e produrre clandestinità. Servono cioè a mantenere e a costringere forzosamente uomini e donne in questa drammatica condizione di iper-ricattabilità.

Allo stesso modo il controllo delle frontiere europee, che in dieci anni ha provocato la morte di 15mila emigranti (parliamo di morti accertate), non ha lo scopo di chiudere gli ingressi, bensì quello di garantire che una quota di chi entra lo faccia da "irregolare".

In Italia si calcola che vi siano intorno agli 800mila "sans-papiers" (300mila dei quali dovrebbero essere "regolarizzati" con la nuova "sanatoria"), mentre in Europa si raggiunge complessivamente una cifra tra gli otto e dieci milioni. Verranno tutti espulsi? Siamo seri. Non solo è impossibile, ma sarebbe dannoso per il capitalismo del "vecchio continente" e, soprattutto, per quei paesi (Italia in prima fila) dove l’economia "sommersa" e, quindi, il lavoro "nero" di cui essa si nutre, ha un grande peso. Esagerazioni? Facciamo parlare A. Pansa che per anni è stato il massimo responsabile della politica migratoria in Italia presso il ministero degli Interni: "Il sistema produttivo italiano preferisce spesso i clandestini: lavoratori meno costosi e più flessibili. Oggi cominciamo ad avere i primi immigrati regolari che divengono disoccupati, mentre i clandestini sono quasi tutti occupati. Anzi la clandestinità o il permesso di soggiorno per motivi di lavoro surrettizi sono requisiti preferenziali per accedere ad un mondo del lavoro che assume preferibilmente senza contratto e senza garanzie (...). Anche gli immigrati più disperati, quelli che raggiungono le coste italiane a bordo di navi fatiscenti, per il 90% hanno già una destinazione prevista e vengono rapidamente assorbiti dal mercato del lavoro nero, a cui la loro condizione di clandestinità li destina" (Limes, n. 2/2006).

C’è di più. La funzione dell’"irregolare" non si esaurisce nell’ambito dell’economia sommersa. Egli, con la sua stessa e sola presenza, serve a ricordare costantemente all’immigrato "con documenti" che, se si sgarra e non si sta attenti, si può da un giorno all’altro essere ricacciati nell’inferno della "clandestinità". Ma al sans-papier viene riservata anche un’altra funzione: quella del capro espiatorio. È dipinto come il mostro che turba la serenità delle nostre esistenze, il parassita che succhia ogni risorsa dello stato sociale, l’assassino e lo stupratore per antonomasia. Egli diventa così il falso bersaglio contro cui si cerca di deviare la rabbia e il malessere dei lavoratori italiani. Il "dalli al clandestino" è un ottimo mezzo per iniettare nelle vene degli sfruttati il veleno razzista e per spingere ad una guerra tra proletari, di tutti contro tutti a solo e totale vantaggio del grande capitale e dei suoi governi. A vantaggio cioè dei veri responsabili del degrado delle nostre condizioni di vita e di lavoro.

Dal Che Fare n°71   novembre - dicembre 2009

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