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Dal Che Fare n°71   novembre - dicembre 2009

I maggiori provvedimenti del governo Berlusconi da un anno a questa parte.

Un attacco globale ai lavoratori

Riforma della contrattazione

La riforma dei contratti nazionali di categoria è passata. Alcuni rinnovi sono già stati effettuati secondo il nuovo schema. Attraverso una serie di misure (vedi n. 70 del che fare) si depotenzia il livello nazionale di contrattazione per dare spazio a quello aziendale o territoriale.

L’obiettivo principale della riforma è quello di frammentare ulteriormente il mondo del lavoro, dividendolo e isolandolo impresa per impresa, area territoriale per area territoriale. La riforma prevede anche che la parte economica dei contratti sia rinnovata non più ogni due ma ogni tre anni. Inoltre si punta a favorire la progressiva sostituzione del welfare statale (sanità, pensioni, ecc.) con un welfare aziendale attraverso la costituzione ed il potenziamento di "enti bilaterali" tra imprese e sindacati. I lavoratori delle imprese che possono permetterselo, avranno qualcosa, gli Tutto ciò è perfettamente in linea con quanto previsto nel "Libro bianco" presentato dal ministro Sacconi nel maggio 2008. In questo documento vengono tratteggiati  strategiche su cui il governo intende  intervenire in materia di lavoro, sanità, pensioni e prestazioni sociali in coerenza con quel "giacimento di idee", che, secondo il ministro, è la "Legge Biagi". Il "Libro Bianco" riconferma la positività di tutte le "riforme" del lavoro operate dal  1997 al 2003, l’esigenza di estendere le tipologie contrattuali precarie, il ruolo delle agenzie di lavoro private, l’assetto del mercato del lavoro che ne deriva. Il documento sostiene, infine, l’indicazione strategica di organizzare l’intero intervento sociale (salute, previdenza, assistenza) secondo un sistema "multi pilastro" nel quale si dovrà sviluppare un "mercato organizzato dei servizi". In questo contesto gli "enti bilaterali" dovranno avere ampio spazio e ad essi dovrà essere affidata oltre che la "sanità e la pensione integrativa" anche la gestione diretta della cassa integrazione.

Federalismo - È stata approvata  la "legge delega in materia di federalismo fiscale" con "l’astensione  costruttiva" in parlamento del Pd e di Idv. È stato rimandato ai decreti attuativi il nodo della ripartizione del carico fiscale e delle risorse tra lo stato e le cosiddette autonomie locali, con l’annessa delicatissima questione legata al rapporto tra "centro" e "periferia" e, in particolare, tra regioni del Nord e quelle del Sud. Già ora, però, sono chiare le necessità per le quali questa "riforma" è stata introdotta: da un lato, contenere le spese di trasferimento dallo stato agli enti locali e per renderle più "compatibili, produttive ed efficienti"; dall’altro lato, inserire altri elementi di divisione e di contrapposizione tra i lavoratori delle varie regioni.

Sanità – Se il "Libro Bianco" e "la riforma federalista dello stato" rappresentano la cornice "ideale e di valori" entro la quale il governo intende marciare per operare un sostanziale cambiamento dell’intero assetto sociale e "culturale", nella sanità si toccano già con mano le ricadute di queste "riforme" sulle spalle del proletariato. Qui l’intenzione del governo si è tradotta in un provvedimento denominato "patto per la salute" presentato nel settembre 2009. Esso prevede un taglio netto dei trasferimenti dallo stato alle regioni di ben 8 miliardi di euro solo (si fa per dire …) nel prossimo biennio 2010-2011. In conseguenza di ciò, entro il 2011 dovranno essere tagliati tra i 7mila e i 10mila posti letto soprattutto nei piccoli ospedali (le conseguenze negative, come la morte del giovane Filippo Li Gambi a Mazarino in Sicilia perché l’ambulanza ha dovuto raggiungere un ospedale molto lontano, non potranno  che moltiplicarsi …). I "piani  di rientro" delle regioni "in rosso" dovranno essere, inoltre, ripianati con una serie di misure che peggioreranno sensibilmente la tutela della salute della gente comune: l’aumento delle tasse regionali; l’introduzione di ticket sull’assistenza farmaceutica e specialistica ambulatoriale, sulle prestazioni medico-chirurgiche in day hospital, sulle spese "alberghiere" in caso di ricoveri, anche a carico delle fasce ora esentate; l’aumento delle tariffe delle cure in intramoenia; il taglio degli organici (blocco del turn-over) e dei fondi per i contratti integrativi.

Scuola – L’attuazione della "riforma della scuola" varata nella finanziaria del 2008 (per un taglio complessivo di 8 miliardi di euro nel triennio 2009-2011) ha generato "solo" per quest’anno l’eliminazione di 42mila posti di lavoro. Ad essere colpiti sono stati i "docenti non di ruolo" (che sono in totale 90mila).  Essi si troveranno a "convivere" con assegni di disoccupazione da 860 euro al mese e per soli otto mesi. Con accordi regionali il governo è intervenuto per ostacolare la formazione di un fronte di lotta dei lavoratori precari, offrendo loro altre piccole quote di retribuzione in cambio di brevi supplenze, senza però garantire la continuità didattica.

Pensioni – Nel decreto anticrisi del  luglio 2009 è stata aumentata l’età di pensionamento per le donne che lavorano nel pubblico impiego, per le quali dal 2010 al 2018 l’età anagrafica per poter accedere alla pensione di vecchiaia passa dagli attuali 60 a 65 anni. Il governo ha, poi, previsto che dal 2015 l’età di pensionamento sarà innalzata per tutti i lavoratori (uomini e donne, del settore pubblico e del settore privato) in relazione all’aumento dell’aspettativa di vita "certificato" dall’Istat. Senza alcun tipo di trattativa e confronto sindacale è stata varata una vera e propria "riforma delle pensioni". Se, a questo, uniamo il fatto che dal 2010 dovrà entrare in vigore la diminuzione dei "coefficienti di trasformazione" (i "numeretti" usati per calcolare in funzione dei versamenti l’importo dell’assegno mensile da erogare) prevista dalla "riforma del welfare" –legge 247/2007- varata dal governo Prodi-Damiano tanto cara anche alla Cgil, si può ben capire il messaggio lanciato a tutti i lavoratori: si dovrà lavorare di più e per avere pensioni più basse!

Sicurezza sul lavoro – Con un decreto legislativo il governo ha ritoccato il "Testo unico sulla sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro" approvato dal precedente governo. Pur retrocedendo dall’iniziale intenzione di introdurre norme fortemente "salva manager", il governo ha alleggerito le responsabilità a carico dei padroni ed ha esteso quelle a carico di altri "attori" (come il delegato dell’azienda alla sicurezza e il medico aziendale).

Si è voluto, come scritto dal Sole  24 ore del 21 settembre, "contrastare quelle interpretazioni che sostengono, in modo più o meno velato, una sorta di responsabilità oggettiva del datore di lavoro". Altra novità introdotta è la possibilità di svolgere la "visita pre ssuntiva" da parte del medico aziendale, andando così contro una norma contenuta nello Statuto dei diritti dei lavoratori. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) vengono, poi, equiparati agli "organismi paritetici" (detti anche "enti bilaterali").

Questi ultimi potranno, così, procedere anche alla verifica periodica della "funzionalità" dell’azione degli Rls. In che cosa tutto ciò si può tradurre, lo abbiamo visto in un accordo alla Confapi –un’associazione delle piccole e medie industrie–, dove Cisl, Uil e padronato hanno stabilito che "l’attività degli Rls sarà vincolata alle priorità definite in sede bilaterale".

Per cui, morale della favola, se il punto di riferimento è la competitività dell’impresa, ci devono essere meno sanzioni e più poteri per i padroni, e meno diritti per i lavoratori!

Voucher – I voucher sono dei buoni-lavoro preparati per i cosiddetti "lavori occasionali". Il loro valore nominale è di 10 euro, comprensivo di contributi Inail e Inps. Al lavoratore entrano in tasca 7,5 euro nette. Dopo la loro sperimentazione e introduzione nei lavori agricoli, i voucher sono stati estesi al turismo e ai servizi, "dai lavori domestici a quelli di giardinaggio pulizia e manutenzione di edifici, parchi, strade, passando per l’insegnamento privato supplementare, le manifestazioni sportive, culturali fieristiche e caritatevoli, i lavori di emergenza o di solidarietà" (Il Sole 24 ore, 6 luglio 2009). Il ministro Sacconi, che li santifica sul "Libro bianco" come "forma di lavoro senza contratto", li esalta dicendo: "Il loro successo ci conforta nel perseguire sulla strada della deregolamentazione sostanziale e pragmatica". Più chiaro di così...

Piano casa – Il governo Berlusconi lo ha sbandierato ai quattro venti come un intervento in favore delle giovani coppie, per il rilancio dell’edilizia sociale e residenziale pubblica. Si tratta di ben altro. Il piano è articolato in tre interventi. Il primo dovrebbe riguardare il rilancio dell’edilizia sociale. In realtà, se si analizzano gli stanziamenti proposti di 200 milioni di euro, si rileva che l’intervento potrà al massimo riguardare il recupero e la ristrutturazione di 5mila alloggi di edilizia residenziale pubblica che oggi sono chiusi perché in condizioni di estremo disagio. Dove sono o come potrebbero venir fuori i "100mila alloggi" promessi dal ministro Matteoli, nessuno lo sa... Non cambia di una virgola la condizione di chi è sotto sfratto, di   chi non riesce più a pagare canoni d’affitto che arrivano a sottrarre fino alla metà (se non di più...) del reddito familiare, di chi -come i giovani e gli immigrati- è tagliato fuori dalle regole di un mercato immobiliare che sarebbe più corretto chiamare "mercato dello strozzinaggio legalizzato". Discorso diverso, invece, per gli altri due interventi sulla casa. Il secondo prevede lo stanziamento di 150 milioni per costituire, con la  partecipazione di banche e capitali privati, un maxi fondo immobiliare centrale e tanti fondi immobiliari regionali e locali (in una sorta, anche qui, di "federalismo abitativo"...). L’obiettivo è quello di finanziare piani di edilizia residenziale orientati, in questo caso, a famiglie e ceti sociali "solvibili". Un grande affare per la rendita fondiaria e per i palazzinari che, potendo contare su una corsia preferenziale, usufruiranno anche del contributo pubblico.

Il terzo intervento del "piano casa" dà la possibilità di "potersi allargare" al cosiddetto "popolo delle villette". Si potranno realizzare "interventi di ampliamento edilizio e riedificazione", che, in alcuni casi, potranno arrivare fino al 40% di cubatura! Il numero di famiglie a cui si rivolge questo provvedimento è ampio, ben nove milioni, per il 50% concentrate al nord. Non pochi lavoratori lo hanno visto con favore. Sia perché permette loro di risolvere il problema della casa per la nuova generazione con un ampliamento dell’abitazione  di famiglia. Sia perché si ritiene che  la norma agevoli il rilancio dell’attività edilizia e sia un tampone contro la disoccupazione.  Si tratta, in realtà, di un passo indietro nella tutela complessiva degli interessi della classe lavoratrice. Nei micro-cantieri che saranno aperti, avrà campo libero un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro.  Si costruirà senza far attenzione alla salvaguardia dell’ambiente e alla tutela idro-geologica, come ci insegna il caso di Messina. Si continuerà, poi, a stornare l’attenzione dall’unica strada che potrebbe alleviare il problema abitativo per i lavoratori: quello della requisizione degli alloggi sfitti.

Nelle grandi città il 30% del patrimonio immobiliare è inutilizzato. Esso è concentrato nelle mani di poche famiglie benestanti e società finanziarie. Non c’è bisogno di costruire altre abitazioni, di cementificare altro territorio. C’è bisogno di requisire gli alloggi già esistenti e assegnarli. C’è bisogno di risanare e riqualificare il patrimonio abitativo esistente nelle periferie. C’è bisogno di migliorare la rete dei trasporti pubblici per non far diventare un inferno il percorso tra l’abitazione e il lavoro, come accade oggi. Non è dal governo Berlusconi o da un governo di centro-sinistra che potrà venire un simile piano casa: esso dipende solo dallo sviluppo di un forte movimento di lotta proletario.

Abruzzo - Vedi la scheda di pag. 5

Centrali nucleari – Nel luglio 2009 il parlamento ha approvato la "legge sviluppo" e con essa il ritorno, dopo 22 anni, all’energia nucleare. In base a questa legge, il governo è delegato, entro il prossimo 15 febbraio 2010, a disciplinare la progettazione e la costruzione delle centrali: localizzazione e tipologie dei nuovi impianti, sistemi di stoccaggio e deposito definitivo dei rifiuti radioattivi, compensazioni per "oliare" il consenso delle popolazioni delle aree interessate dalla costruzione dei siti nucleari. "Particolare" assolutamente non trascurabile è che i futuri impianti saranno considerati "siti di interesse strategico nazionale" e, dunque, saranno controllati e militarizzati, così come è stato già fatto in Campania per le discariche imposte dal governo e all’interno delle quali, è bene ricordarlo, è stato e si sta continuando a sversare di tutto e di più. Il progetto del governo mira a rendere più competitive le imprese italiane visto che esse "pagano il 30% in più delle altre il costo dell’energia" e visto che "sul piano internazionale è in atto una grande competizione che ha come posta in gioco le tecnologie di sequestro del carbonio, le rinnovabili, i biocombustibili e il nucleare" (intervista a la Repubblica del 24 febbraio 2009 al presidente dell’Enea).

Il tutto per arrivare "a realizzare un mix per la produzione di energia elettrica con il 50% di fonti fossili, il 25% di rinnovabili e il 25% con il nucleare".  Per poter ottenere un tale risultato dovranno essere costruite 10 centrali con un costo totale (attuale) di 40 miliardi di euro in dieci anni. A tal fine è già stato sottoscritto un accordo quadro con la Francia di Sarkocy per la creazione di una joint venture industriale tra l’Enel e la francese Edf. La prima centrale dovrebbe incominciare a funzionare entro il 2020...

Di fronte a questo nuovo attacco  sferrato a tutto il proletariato in termini politici (la salvaguardia della competitività delle imprese e del "sistema Italia" vengono prima dei problemi di natura ambientale...), economici (chi pagherà sarà sempre "Pantalone"...) sociali (militarizzazione dei territori) e ambientali ("in assenza di una diversa fisica del reattore, tutti i problemi riguardanti la salute e la sicurezza restano immutati",  Massimo Scalia a Rassegna Sindacale del 12 marzo 2009), il Pd è stato zitto e la Cgil ha balbettato che bisogna "ponderare prima di valutare con attenzione i costi e i benefici." Noi diciamo molto più "semplicemente" che Scanzano ha indicato la strada da percorrere se ci si vuole difendere dal "nucleare capitalistico"!

Tasse e "scudo fiscale" - La pressione fiscale nel primo semestre del 2009 è salita dal 45,0% al 45.8% e le entrate fiscali sono diminuite del 2,7%. Tali numeri, resi pubblici dall’Istat, testimoniano che per i lavoratori e i pensionati le tasse sono aumentate mentre per tutta quella pletora di ceto medio che appoggia e sostiene il governo Berlusconi e la sua claque di corte è aumentata,  al contrario, la possibilità di poter evadere... Nello stesso tempo, il Parlamento ha varato il cosiddetto "scudo fiscale". Questo provvedimento prevede la possibilità a chi ha portato soldi all’estero di poterli far rientrare in Italia pagando un ammenda del 5%! Questa vera e propria sanatoria eviterà ogni contestazione penale e tributaria: dal falso in bilancio alle false fatturazioni fino alle false "comunicazioni sociali". Le banche, inoltre, non saranno obbligate a segnalare le operazioni sospette che potrebbero nascondere casi di riciclaggio, garantendo così l’anonimato per questi "signori"...Tale "scudo fiscale" è un regalo  (vero Tremonti?) anche per le banche, visto che i 100 miliardi (e forse anche più) di cui si prevede il rientro, saranno un "bocconcino" prelibato per i forzieri dei maggiori istituti di credito. Un vero e proprio schiaffo in faccia a tutti i proletari che solo "nel 2008 hanno pagato 8 miliardi di euro di tasse in più senza vedersi restituito neanche il fiscal drag" (Agostino Megale, Rassegna Sindacale, 13 settembre 2009).

"Pacchetto sicurezza" - Il "pacchetto sicurezza", approvato dal  governo nel luglio 2009, prevede le seguenti misure. - È introdotto il "reato di clandestinità": l’immigrato che entra nel territorio italiano "illegalmente" è punito con una ammenda da 5mila a 10mila euro e viene espulso. - Sono ampliati i poteri dei questori, che possono provvedere all’espulsione dandone comunicazione al giudice solo successivamente.

- È prevista la possibilità di istituire associazioni di "cittadini" (le famose ronde) per "vigilare" sull’ordine pubblico.

- Viene introdotta la tassa sul permesso di soggiorno: la richiesta di rilascio o di rinnovo del "permesso" è soggetta ad un’imposta va da 80 a 200 euro.

- Per poter accedere ai servizi pubblici, gli immigrati dovranno esibire il permesso di soggiorno. Ciò significa che chi è "irregolare" non potrà usufruire di nessun servizio, neanche della possibilità di iscrivere i figli all’anagrafe.

- Trascorsi 6 mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno, l’immigrato sarà cancellato dall’anagrafe.

- L’immigrato che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera all’ordine

di esibizione del passaporto o altro  documento attestante la regolare presenza  nel territorio dello stato, è punito con l’arresto fino a un anno. Con l’effetto che anche chi è "in regola", per il solo motivo di non avere con sé i documenti, rischia la galera.

- "Soggiornare nel territorio italiano senza permesso di soggiorno è un reato", alla stregua dei reati perseguibili d’ufficio e quindi con obbligo di denuncia da parte dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio (da ricordare che sono incaricati di pubblico servizio anche il postino, l’insegnante della scuola pubblica, l’esattore di aziende municipalizzate, il bidello, il conducente di mezzi di trasporto pubblico...).

- Sono ulteriormente inasprite le pene per gli immigrati che, colpiti da un ordine di espulsione, permangono in Italia. Si rischia sino a cinque anni di carcere.

- È portato da sei mesi a due anni il periodo necessario per il coniuge immigrato di un cittadino italiano per acquisire la cittadinanza italiana.

- Sarà, inoltre, introdotto il permesso di soggiorno a punti. L’immigrato che richiederà il permesso di soggiorno, dovrà contestualmente sottoscrivere l’impegno (obbligatorio) al raggiungimento di specifici obiettivi   di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del "permesso". Il mancato raggiungimento di alcuni di questi obiettivi, articolato per crediti, comporterà la conseguenza della revoca del permesso di soggiorno.

Spese militari – Il governo Berlusconi ha finanziato con altri 510 milioni di euro la proroga per il 2009 della partecipazione delle truppe italiane alle cosiddette "missioni internazionali di pace". Secondo quanto riportato da un articolo de Il Sole 24ore (20 settembre 2009), il costo di mantenimento solo di queste missioni per il 2008 è stato "ufficialmente poco più di un miliardo di euro"; la stessa cifra verrà "messa nella finanziaria del 2010", ma sicuramente verrà sforata visto che "le spese reali stimate dal ministero della Difesa sono in 1,2 miliardi di euro". Ma oltre agli enormi costi economici delle missioni, va denunciato e contrastato con la lotta generale dei lavoratori il fine di queste missioni. Stiamo parlando di ben 33 missioni con oltre 9mila soldati coinvolti. Altro che pace! Esse contribuiscono al controllo, all’oppressione e allo schiacciamento dei popoli e dei lavoratori del Sud del mondo!

Dal Che Fare n°71   novembre - dicembre 2009

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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