Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci


Dal Che Fare n°71   novembre - dicembre 2009

Lo scontro sulla riforma sanitaria

Uno dei cavalli di battaglia della nuova amministrazione statunitense è il varo di un nuovo sistema sanitario. Le ragioni di questa scelta le ha spiegate lo stesso Obama.

L’attuale sistema sanitario statunitense è fondato su due pilastri: da un lato, l’assistenza garantita dalle  imprese nelle quali ancora è in vigore un accordo siglato in tal senso nei decenni scorsi; dall’altro lato, l’assistenza fornita dalle assicurazioni private sottoscritte direttamente dai lavoratori. Nell’uno e nell’altro caso le cure vengono effettuate in ospedali e ambulatori in gran parte privati, spesso controllati dalle grandi banche o delle assicurazioni o delle multinazionali. È il sistema che piace tanto a Tremonti, a Bossi, a Sacconi e a Berlusconi. I risultati sono noti: 45 milioni di lavoratori sono privi di copertura sanitaria; la qualità delle cure per la gente comune che, con grandi sacrifici, gode di qualche prestazione, è pessima; ottimi sono invece i rendimenti per i centri finanziari in possesso delle assicurazioni e delle cliniche.

Obama intende introdurre un polo sanitario pubblico a fianco del sistema sanitario esistente per chi non può permettersi la cura privata. Tale polo dovrebbe essere finanziato con la tassazione generale e un prelievo speciale sulla fascia di reddito superiore dei contribuenti. Un simile progetto dimostra, forse, che, anche se solo nel campo sanitario, Obama è un amico, un alleato dei lavoratori Usa?

Attenzione. Obama guarda al rilancio della competitività dell’imperialismo Usa e alla stabilità complessiva del capitalismo mondiale. Per l’uno e per l’altra, l’attuale sistema sanitario non è più sostenibile. Non è più sostenibile perché, primo, concentra nelle mani del capitale monopolistico che controlla le assicurazioni e le strutture sanitarie una quota del reddito nazionale superiore a quella media riscontrata negli altri paesi occidentali. E ciò ostacola l’accentramento degli investimenti nei settori industriali su cui, secondo la Casa Bianca, può realizzarsi il rilancio dell’industria Usa.

Non è più sostenibile perché, in secondo luogo, sta diventando un elemento di frattura del sentimento di unità nazionale. Anche per le crisi aziendali degli ultimi mesi, le quali hanno messo ko i fondi sanitari aziendali e lasciato privi di tutela sanitaria tanti lavoratori finora garantiti dagli accordi del XX secolo.

I lavoratori degli Usa hanno, ovviamente, interesse al varo di un sistema di copertura sanitaria migliore di quello, pessimo, in vigore. Ma per portare a casa questo risultato, non possono contare sulle manovre parlamentari o sulle capacità oratorie di Obama. Possono contare solo sulla propria scesa in campo con una lotta generale nel paese. Tale lotta è, poi, l’unica via per far emergere ce una vera battaglia a tutela della salute sociale richiede non soltanto l’esistenza di strutture sanitarie di qualità aperte a tutti, ma l’aggressione dei fattori che nel lavoro e negli stili di vita fanno ammalare la gente. Ad esempio, tra questi, la torchiatura in fabbrica o lo stress per il traffico urbano che la rivoluzione dell’auto ibrida di Obama spinge più in alto dei livelli già pesanti raggiunti fino ad oggi. In assenza della mobilitazione dei proletari, della sua estensione e del suo elevamento politico, l’opposizione della frazione del capitale monopolistico e dei piccoli-medi capitalisti statunitensi al progetto sanitario di Obama, lo bloccherà oppure lo lascerà passare solo dopo un sostanziale annacquamento.

 Non promette bene il ridimensionamento del "polo sanitario pubblico" votato al Senato, con il contributo di alcuni senatori democratici...

 

Dal Che Fare n°71   novembre - dicembre 2009

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci