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Dal Che Fare n.72 aprile - maggio 2010

Il generale Mini e i piani di guerra meteorologica

"Tutti fingono di credere che le devastanti esplosioni delle bombe nucleari di Hiroshima e di Nagasaki siano state le prime e ultime della storia militare. Eppure tutti sanno che da allora ci sono state più di 1000 esplosioni nucleari nel sottosuolo, nelle profondità degli oceani, in superficie e nello spazio. Spacciate per test ed esperimenti scientifici, queste esplosioni hanno messo a punto la guerra sismica, che prevede la produzione di terremoti, la guerra ionosferica che prevede l’alterazione dello strato elettromagnetico che avvolge la Terra, l’alterazione delle fasce di Van Allen e dello strato di ozono.

La guerra ambientale è perciò veramente globale e non si limita ai danni ambientali collaterali, a quelli voluti sull’avversario e ai danni autoinflitti per impedire l’avanzata del nemico sul proprio territorio, pur sempre azioni che fanno parte del patrimonio bellico lecito anche se distruttivo. Sunzi codificòl’impiego del fuoco e dell’acqua come strumento estremo di lotta.

Le orde mongole incendiavano le praterie per allontanare il nemico pur sapendo che la loro sopravvivenza dipendeva proprio da esse.

Nella seconda guerra mondiale, i norvegesi provocarono slavine e frane sul proprio territorio per impedire l’avanzata dei tedeschi, e gli olandesi distrussero le dighe lasciando che l’acqua marina inondasse un terzo del proprio terreno coltivabile nel tentativo didissuadere l’occupazione tedesca. La guerra ambientale riguarda soprattutto i danni inflitti all’ambiente perché si possano sfruttare al meglio le proprie potenzialità e limitare quelle dell’avversario,  del concorrente e persino del proprio alleato. Non si tratta di contingenze belliche limitate nel tempo, ma di piani deliberati di desertificazione umana come quello attuato dai romani durante la terza guerra punica, quando cosparsero di sale il terreno agricolo di Cartagine rendendolo improduttivo. Si tratta di vere e proprie modificazioni dell’ecosistema, come quelle messe in atto nella guerra del Pacifico da  giapponesi e americani, privando intere isole di vegetazione e flora marina. Molte di queste sono ancora oggi deserte e il sistema ambientale locale è definitivamente compromesso. Oppure si tratta di azioni come quelle adottate dal generale Sheridan nel 1865, quando procedette alla sistematica eliminazione delle mandrie di bisonti per sottrarre agli indiani il mezzo principale di sostentamento. L’anno prima aveva distrutto tutte le coltivazioni della valle dello Shenandoah.  (…) Il sistema per provocare terremoti e tsunami non è una novità per la ricerca militare. Fin dagli anni quaranta un professore australiano, Thomas Leech, preside della facoltà di ingegneria dell’Università di Auckland in Nuova Zelanda e assegnato per la guerra all’esercito neozelandese, condusse esperimenti per conto degli americani e degli inglesi cercando di provocare onde anomale in corrispondenza di particolari bersagli nel Pacifico. Gli esperimenti rimasero segreti e non si elevarono oltre il livello di mini-onde di marea nella zona di hangaparaoa, a nord di Auckland, nel periodo 1944-1945. Il loro principio si basava sulla detonazione di cariche esplosive sottomarine in serie, ma la «bomba tsunami» di Leech non fu mai resa operativa e la guerra terminò prima che il progetto fosse completato. La difesa americana ritenne le esperienze molto interessanti e nel condividerne i risultati con il governo neozelandese (fino a quel momento non interessato) invitò il professore ad assistere agli esperimenti nucleari nell’atollo di Bikini sperando che ne traesse qualche spunto di interesse per il suo progetto. Sembra che Leech non abbia accettato, ma non è chiaro se la ricerca continuò con lui. È però certo che gli americani la proseguirono senza di lui, dando vita a un nuovo campo di applicazioni della guerra e a una nuova metodologia dello studio dei terremoti e delle esplorazioni geologiche utilizzando le bombe sismiche. Il fascino, la potenza e l’evoluzione e la disponibilità illimitata di ordigni nucleari hanno da tempo aperto nuove prospettive.

È noto che americani, sovietici e cinesi hanno tratto interessanti esperienze proprio dalle esplosioni sotterranee senza svelarne gli sviluppi e l’impatto ambientale. In particolare, gli Usa, che non hanno mai ratificato il trattato di bando completo degli esperimenti nucleari anche se ne hanno esteso la moratoria, sono presumibilmente all’avanguardia in questo campo. La porta è perciò aperta a speculazioni non del tutto peregrine. Dal punto di vista pratico, la tecnologia nucleare moderna e soprattutto la grande produzione di mini-testate nucleari o la sovrabbondanza di mine nucleari mettono a disposizione la capacità di innescare esplosioni sotterranee e sottomarine che in particolari condizioni possono innescare a loro volta terremoti e tsunami. (…) Il secondo campo di speculazioni verosimili ma non ancora verificate riguarda la capacità di alcune armi ad onde elettromagnetiche di provocare alterazioni della ionosfera, delle fasce di Van Allen e dello strato di ozono, nonché terremoti, maremoti, surriscaldamento e raffreddamento di masse gassose, liquide e solide, e, quindi, di indurre e pilotare cataclismi atmosferici fino a determinare variazioni climatiche permanenti." (F. Mini, "Owning the eather: la guerra ambientale globale è già cominciata", Limes, 6 - 2007)

Dal Che Fare n.72 aprile - maggio 2010

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