Dal Che Fare n.72 aprile - maggio 2010
La produzione dell’alluminio, ieri e oggi
Nei mesi scorsi l’Alcoa, una delle maggiori multinazionali del settore metallurgico e chimico, ha deciso di chiudere o ridimensionare i suoi stabilimenti in Italia e di spostare la produzione in altri paesi.La lotta dei 2000 lavoratori occupati in questi impianti contro il piano dell’Alcoa ha portato alla ribalta il teatro planetario con cui è costretta a fare i conti, oggi, la difesa efficace degli interessi dei lavoratori.
Ne riassumiamo i termini in questa brevissima scheda e nei tre grafici collegati.
Fra gli elementi della crosta terrestre, l’alluminio è il terzo in ordine di abbondanza, dopo l’ossigeno e il silicio. L’alluminio primario (quello ottenuto direttamente dal minerale) si estrae principalmente dalla bauxite. Il processo richiede un’enorme quantità di energia: la possibilità di disporre di energia a basso costo è un fattore fondamentale nella produzione dell’alluminio primario.
Mentre già negli anni trenta del XX secolo, una parte consistente della bauxite era estratta al di fuori dell’Europa e del Nordamerica, fino a qualche decennio fa la trasformazione della bauxite in alluminio avveniva in gran parte in impianti collocati nei paesi capitalistici avanzati. Nel 1959, gli Usa producevano, da soli, ben il 44% dei 4 milioni di tonnellate di alluminio sfornati nel mondo. Dall’Italia proveniva il 2.6%. Solo l’1.7% era prodotto in Cina. Nel 2008, la Cina ha prodotto ben il 34% dei 39 milioni di tonnellate di alluminio del mondo, mentre la produzione negli Stati Unti è scesa al 6.8%. In Italia si è giunti allo 0.5%.
La vicenda di un impianto Alcoa collocato in Islanda è significativa per comprendere i criteri che guidano le multinazionali nella scelta della collocazione geografica dei siti produttivi.
Attivo dall’aprile del 2008, la fabbrica dell’Alcoa in Islanda produce 350mila tonnellate di alluminio all’anno. Vi lavorano circa 700 operai (compreso l’indotto) per la maggior parte immigrati cinesi, portoghesi e polacchi con salari ben al di sotto dei "normali" salari islandesi (circa 6 dollari l’ora).
"L’Alcoa (…) ha realizzato un villaggio di
containers per ospitare gli operai e le loro rispettive famiglie.Si tratta di una vera e propria città, per la precisione la terza città dell’Islanda. Completamente autosufficiente e dotata di tutto, gli operai guadagnano e spendono il proprio stipendio all’interno degli spacci, dei negozi e dei bar gestiti dalla stessa Alcoa. Né più e né meno di quanto accadeva in Sardegna nel secolo scorso nelle aree minerarie gestite dalle grandi compagnie straniere". (Fonte: http:// www.90est.it).In Islanda l’Alcoa si giova dell’energia elettrica a basso costo generata da una centrale alimentata dalle acque di ghiacciaio del fiume Jokulsa.
Dal Che Fare n.72 aprile - maggio 2010
ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA