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Dal Che Fare n.72 aprile - maggio 2010

 Sher Khan: ucciso dal razzismo di stato

Nella notte tra martedì 9 e mercoledì 10 dicembre 2009 è morto Sher Khan. Il suo corpo privo di vita è stato trovato ad un angolo di Piazza Vittorio a Roma, quella piazza che lo aveva visto protagonista di tante lotte e manifestazioni.

Sher Khan veniva dal Pakistan ed era stato uno dei primi animatori ed organizzatori delle lotte degli immigrati nella capitale. Dopo la sua tragica morte, i mezzi di informazione ufficiali hanno vomitato vergognose falsità, dipingendolo come un barbone e un disperato. Sher Khan era ben altro.

Dal suo arrivo in Italia fino agli ultimi giorni della sua vita, Sher Khan è stato sempre presente e attivo nelle lotte per i diritti dei lavoratori immigrati, in quelle contro le guerre di aggressione all’Iraq, all’Afghanistan, alla Palestina, in quelle per la casa, ecc.

Sher Khan era un uomo che, come tutti, aveva difetti e debolezze, ma che, come pochi, non ha mai piegato la testa ed è stato sempre dalla parte giusta: quella degli sfruttati e degli oppressi.

Vogliamo salutare e ricordare questo militante proletario riportando il volantino distribuito dalla nostra organizzazione.

Sher Khan: ucciso dal razzismo di stato

Sher Khan era un combattente, un lottatore. Da oltre venti anni, dai tempi della Pantanella, è stato sempre e fino all’ultimo in piazza e in prima fila non solo per difendere i diritti dei lavoratori immigrati, ma anche contro le guerre di rapina occidentali e a fianco della resistenza contro l’imperialismo delle masse lavoratrici palestinesi, irachene, afghane e di tutto il Sud del mondo.

I giornali hanno detto che ad uccidere Sher Khan è stato il freddo o un malore e che, quindi, nessuno è responsabile di questa tragedia. Queste sono grandi bugie.

Sher Khan non è morto "per caso". È stato assassinato lentamente, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Ad ucciderlo poco alla volta è stato il razzismo di stato: togliendogli e negandogli il permesso di soggiorno, rovesciando contro di lui accuse false e infamanti e, da ultimo, rinchiudendolo come una bestia nel C.I.E. di Ponte Galeria, nonostante avesse gravi problemi di salute.

I responsabili della morte di Sher Khan sono le leggi, la propaganda e le politiche razziste che da decenni vengono portate avanti dai vari governi e dalle amministrazioni locali e che costringono gli immigrati e i loro figli a vivere costantemente sotto ricatto e con diritti vicini allo zero. Sono quelle stesse leggi, quelle stesse bugie e quelle stesse politiche che il governo Berlusconi e i padroni usano ogni giorno per mettere i lavoratori italiani contro quelli immigrati al fine di indebolire entrambi.

Contro tutto ciò si può e si deve reagire. Nessun altro deve più poter morire come è successo a Sher Khan. Per impedire che simili tragedie si ripetano c’è una sola strada: quella della lotta e dell’auto-organizzazione dei lavoratori immigrati per la conquista dei pieni e completi diritti e contro il razzismo di stato.

Non bisogna avere nessuna fiducia nel governo e nelle istituzioni, anche quando queste si presentano col volto ipocritamente "umano" del presidente della camera Fini o con quello dei partiti di opposizione. Nessuna illusione, nei palazzi del potere non ci sono "amici".

Bisogna, invece, andare avanti sulla strada della mobilitazione e dell’organizzazione per costruire un movimento a scala nazionale che veda uniti insieme i lavoratori immigrati al di là di ogni "differenza" nazionale e religiosa e che faccia di tutto per riuscire nella difficile, ma indispensabile, azione di stringere legami organizzativi e di mobilitazione con i lavoratori italiani.

Dal Che Fare n.72 aprile - maggio 2010

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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