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Dal Che Fare  n.° 73 dicembre 2010  febbraio 2011

Le parole di Fini sull'immigrazione

Riportiamo alcuni stralci dell’intervento di Gianfranco Fini ad Asolo in occasione della seconda edizione della conferenza “Dialoghi asolani” (16-17 ottobre 2009) sul tema delle “nuove politiche per l’immigrazione”. Tale conferenza (e la pubblicazione degli atti da cui traiamo i brani) è stata organizzata in comune dalla fondazione che fa riferimento a Massimo D’Alema (Italinieuropei) e da quella che fa riferimento al leader di Futuro e libertà (Farefuturo). 

[Sulla questione immigrazione] si può scegliere la strada della propaganda oppure quella de realismo politico Nel primo caso si può far leva sugli aspetti spinosi della questione che generano allarmismo, paura e diffidenza nella pubblica opinione… Oppure si possono affrontare queste pulsioni con la volontà di preparare le migliori condizioni affinché l’Italia nei prossimi mesi o anni non sia teatro costante di conflitti e tensioni”

 “In Italia [gli immigrati] dono già 4 milioni, il 6,5% della popolazione che contribuisce ad un decimo del PIL nazionale…[bisogna quindi] associare alla richiesta di adempimenti di doveri, la garanzia di fruizione di altrettanti diritti.”

 “Sono estremamente miopi coloro che pensano che <<oggi abbiamo bisogno del lavoratore straniero, e quando domani non ci servirà più lo rimanderemo a casa sua>>…i flussi migratori tendono alla stabilizzazione… [quindi] il disegno di una società futura – e già molto presente – non può essere affrontato alimentando gli allarmismi e le pance di elettori fluttuanti”

 “È importante una politica dell’immigrazione che sia rigorosa nei confronti di chi entra clandestinamente in Italia o, anche se è questione diversa, soggiorna irregolarmente in Italia, ma è altrettanto essenziale una politica di corretta integrazione… la cittadinanza diventa un concetto chiave”

 “Dobbiamo imparare a misurarci con una società che sarà sempre di più multietnica, nella quale una parte crescente di cittadini italiani non riconoscerà nel termine patria la propria terra dei padri. Oggi la patria è anche quella comunità che ti accoglie, che ti ospita, che ti chiede di adempiere a dei doveri, ma che ti assicura anche dei diritti.”

 “Lo straniero che giunge in Italia, se non sente la possibilità di diventare cittadino, si integra in misura assai minore, anzi tende ad arroccarsi nella certezza dell’identità dei suoi padri, esaltando la propria diversità fino al caso limite dell’integralismo. Quindi essere più disponibili a concedere la cittadinanza non vuol dire essere generosi, vuol dire ragionare nell’ottica di un autentico interesse nazionale… La cittadinanza è sinonimo di lealtà istituzionale”… Significa evitare, tra qualche tempo, di trovarci di fronte a fenomeni come quello della banlieus parigine.”

 “Non esiste il diritto di immigrare e quindi non esiste la possibilità garantita a tutti di arrivare né in Italia, né in altri paesi né, tantomeno a condizioni incontrattabili. E questo significa anche poter affermare che non si possono accogliere più stranieri di quanti si possano integrare”

 “La regolarità deve essere garantita da un sistema di governance efficiente, ma deve anche essere appetibile per l’immigrato”

 Dal Che Fare  n.° 73 dicembre 2010  febbraio 2011

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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