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Che fare n.75 Dicembre 2011 - Marzo 2012

Il modello Ichino

Nella lettera della Bce al governo italiano del 5 agosto 2011 si legge: "Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi."

Nel suo primo discorso da presidente del consiglio, Monti ha ripreso queste indicazioni, precisando che il "dualismo" esistente sull’attuale mercato del lavoro, con lavoratori troppo tutelati da una parte e lavoratori privi di tutele dall’altra, non favorisce né la competitività delle imprese né l’assunzione a tempo indeterminato dei giovani e delle donne.

La riforma del mercato del lavoro che il governo Monti intende introdurre ha come modello il "modello Ichino", dal nome del senatore del Pd che da diversi anni ne propone l’applicazione e che nel 2009 lo ha tradotto in un disegno di legge.

Il modello Ichino prevede due modifiche principali della normativa vigente: 1) la modifica all’articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, con l’introduzione della possibilità di licenziare per "motivi economici, tecnici ed organizzativi"; 2) il contratto di lavoro a tempo indeterminato per i nuovi assunti, con periodo di prova di 6 mesi.

Durante il periodo di prova si potrà essere licenziati in qualunque momento e non si ha diritto ad alcuna indennità.

Per i lavoratori con anzianità superiore ai 6 mesi, vale l’articolo 18 modificato, e quindi si potrà essere licenziati non solo per motivi disciplinari (cioè per mancanze commesse dal lavoratore, come già oggi avviene), ma anche per motivi economici. Da notare che il datore di lavoro è obbligato a dimostrare l’effettiva sussistenza del motivo economico-tecnico-organizzativo solo se il lavoratore ha un’anzianità di servizio maggiore di 20 anni.

Se l’anzianità è compresa fra 6 mesi e un anno, nel caso di licenziamento si ha diritto solo al cosiddetto "contratto di riallocazione", cioè della promessa da parte del datore di lavoro di fornire assistenza al lavoratore nella ricerca di una nuova occupazione, predisponendo iniziative di formazione o riqualificazione.

Se l’anzianità è maggiore di un anno, in caso di licenziamento si ha diritto, oltre al "contratto di riallocazione", anche ad una indennità, pari al 90% dello stipendio per il primo anno, l’80% per il secondo, il 70% per il terzo e il 60% per il quarto, per un totale massimo di 40.000 euro l’anno e per un periodo non superiore ai 4 anni. Il lavoratore è obbligato a "porsi a disposizione dell’agenzia per le attività di ricollocamento", altrimenti perde il diritto a tutti i benefici.

Secondo Ichino, il suo modello del lavoro dovrebbe eliminare una "situazione di vero e proprio apartheid" che divide i lavoratori protetti da quelli che non lo sono. Il riferimento all’apartheid è lo specchietto per le allodole, l’astuta (e stomachevole) esca a cui il governo e i padroni vorrebbero far abboccare i lavoratori, al fine di far approvare la controriforma del mercato del lavoro con il consenso dei diretti interessati.

Nel resto d’Europa i governi appena dimissionati e quelli in carica hanno imposto o stanno tentando di imporre norme che vanno nello stesso senso. Ecco alcuni esempi.

In Spagna, nel 2011, il governo di centro-sinistra Zapatero, prima della sua sostituzione con il governo conservatore di Rajoy, ha stabilito (oltre all’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, all’aumento della flessibilità oraria, all’annullamento, di fatto, del rinnovo dei contratti nazionali e all’aggancio degli eventuali aumenti sal ariali solo all’andamento aziendale) la derogabilità dai contratti collettivi quando le difficoltà in cui si trovano le imprese "compromettano la possibilità di mantenere il posto di lavoro".

In Portogallo, nell’ottobre 2001, il governo ha firmato un accordo con il Fmi e la Bce che prevede l’aumento dell’orario di lavoro settimanale da 40 a 42,5 ore, l’eliminazione di alcune festività nazionali, l’eliminazione del divieto di licenziamento senza giusta causa. Queste misure sono state condite con tagli salariali generalizzati e la privatizzazione di alcuni servizi pubblici.

In Francia, già nel 2008 il governo, la Confindustria e alcuni sindacati, con l’opposizione della Cgt, hanno introdotto la possibilità per le imprese di licenziare per motivi "economico-organizzativi", con il semplice obbligo delle imprese di aiutare il lavoratore licenziato, a cui viene corrisposta un’indennità per un periodo di tempo limitato, nella ricerca di una nuova occupazione.

Che fare n.75 Dicembre 2011 - Marzo 2012

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