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Che fare n.76 Giugno - Ottobre  2012

“Costo del lavoro: finisce l’era dell’Asia a buon mercato”

 

Così titola la Repubblica un articolo di G. Visetti del 19 marzo 2012 sugli aumenti salariali strappati in Cina e in altri paesi asiatici dai lavoratori e dalle loro organizzazioni sindacali. A gennaio 2012 Pechino ha alzato il salario minimo dell’8,6%, portandolo a 200 dollari al mese. Nelle zone industriali più avanzate l’aumento è stato superiore. A Shenzen è stato del 14%. A seguire la Malesia, con un aumento fissato centralmente dal governo del 30% da 264 a 297 dollari al mese, poi la Thailandia, con un aumento del 40%, l’Indonesia, con un aumento del 23%, per poi arrivare al Bangladesh e allo Sri Lanka. Lo scontro sociale non riguarda solo i salari. Nei mesi scorsi, le centinaia di migliaia di proletari impiegati negli stabilimenti cinesi del gruppo taiwanese Foxxon, il rifornitore della Apple e di altre multinazionali dell’elettronica (Dell, Hp, Motorola, Sony), hanno strappato la regolamentazione dell’orario massimo settimanale: non più le 60 ore attuali ma “solo” 49 ore al massimo compresive degli straordinari e a parità di salario (vedi Il Corriere della Sera, 12 marzo 2012).

Che fare n.76 Giugno - Ottobre  2012

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