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Che fare n.78 maggio - ottobre  2013

Libia: l’imperialismo italiano rivendica la sua parte di bottino

Nel novembre 2012 l’Aeronautica militare italiana ha pubblicato un volume dal titolo Missione Libia 2011. Il contributo dell’Aeronautica militare. Dal libro emerge il ruolo di primo piano svolto dall’Italia nella guerra contro la Libia di Gheddafi.

In sette mesi l’operazione della Nato Unified Protector ha compiuto 26500 “missioni, di cui 9700 di attacco”.

Il libro racconta che l’Italia ha condotto il 7% delle missioni, per un totale di 7300 ore di volo, con i suoi Tornado, i suoi Eurofighter 2000, i suoi Harrier e impegnato la portaerei Garbaldi. L’Italia ha, inoltre, messo a disposizione 7 basi militari (tra cui Aviano, Piacenza, Gioia del Colle, Decimomannu, Sigonella, Trapani), nelle quali sono stati schierati, oltre agli aerei italiani, 200 aerei degli 11 stati che hanno partecipato alla coalizione (Usa, Francia, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Turchia, Giordania, Emirati Arabi Uniti).

“[Nelle sette basi] sono stati impegnati 4800 militari dell’Aeronautica che hanno assicurato in maniera continuativa in H24 una serie di servizi e attività che includono, tra l’altro, l’assistenza tecnica a terra, il rifornimento di carburante, il controllo del traffico aereo, i servizi meteorologico e antincendio, l’assistenza sanitaria e le infrastrutture per ospitare i distaccamenti” (pp. 136-138). Particolare importanza hanno rivestito le due basi siciliane, “in posizione strategica rispetto al Mediterraneo allargato”. Il libro dell’Aeronautica sottolinea che gli aerei tricolori hanno bombardato la Libia, hanno assicurato i rifornimenti in volo, hanno partecipato alla ricognizione elettronica e hanno condotto i bombardamenti propagandistici diffondendo volantini e trasmissioni radio per “invitare” la popolazione libica ad arrendersi e a ribellarsi a Gheddafi.

Il libro si sofferma, in particolare, sulla fase iniziale della guerra. Quella in cui gli Usa e l’Italia sono riuscite a imporre alla Francia di Sarkozy e al Regno Unito di Cameron l’unificazione sotto il comando unificato della Nato delle operazioni militari già avviate ma separatamente dai quattro paesi. “Dal punto di vista operativo, il cambio da Odyssey Dawn [uno dei nomi delle operazioni dei primi giorni, n.] a Unified Protector comporta una ridefinizione della catena di comando e di controllo.” (pp. 76-78). Traduciamo il senso del passaggio: dopo i primi giorni di bombardamento sulla Libia, i briganti imperialisti si rendono conto che separatamente rischiano di non piegare il popolo e gli sfruttati della Libia; convengono che hanno interesse a cooperare e a lasciare il comando a chi ha effettivamente i mezzi per coordinare la ‘Coalizione dei volenterosi”, gli Usa; in coerenza, poi, con il loro motto “fratelli-coltelli”, cercano di ricavare il peso adeguato alle proprie ambizioni e ai propri mezzi entro la coalizione per poter, al termine della guerra di conquista, sedere al tavolo della spartizione del bottino in posizione di forza.

Il Missione Libia 2001 dell’Aeronautica è uno degli strumenti con cui l’Italia sta cercando di passare all’incasso e di farsi valere nel saccheggio del petrolio libico e nel rilancio del controllo atlantico sull’Africa. Anche in sotterranea polemica con l’incuria in cui la politica estera italiana era stata lasciata dal governo sotto cui si svolse la guerra alla Libia, il governo Berlusconi.

Nella prefazione il generale De Bernardis scrive: “Il giorno successivo alla conclusione delle operazioni sulla Libia ebbi modo di sottolineare come il contributo dell’Aeronautica Militare fosse stato di prim’ordine. [...] L’unico rammarico che ho avuto è quello di non aver potuto, operazione durante, fornire all’opinione pubblica un resoconto puntuale del nostro operato, per evitare ogni possibile strumentalizzazione. Questo volume colma in parte quel vuoto accogliendo, per quanto concesso dai limiti derivanti dalla necessaria riservatezza, le lesson identified della missione in Libia.

[...] Quello che è più importante da affermare con forza e chiarezza è che senza l’apporto italiano in generale e quello dell’Aeronautica Militare in particolare condurre operazioni sull’altra sponda del Mediterraneo sarebbe stato per la coalizione dei volenterosi e per la Nato molto ma molto pericoloso da qualunque punto di vista si voglia inquadrare l’operazione”.

Che fare n.78 maggio - ottobre  2013

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