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Che fare n.78 maggio - ottobre  2013

La strage sul lavoro in Bangladesh: a morte l’imperialismo assassino!

 

I principali responsabili della strage di Savar sono qui, in Italia, in Europa, in Occidente!

Mercoledì 24 aprile 2013 nella città di Savar, nei pressi di Dacca capitale del Bangladesh, è crollata una palazzina di otto piani. La palazzina ospitava cinque imprese tessili con circa tremila operai. Da tempo l’edificio era stato giudicato pericolante e nei giorni immediatamente antecedenti gli operai avevano notato la formazione di crepe nei muri. I padroni avevano, però, imposto la continuazione delle attività produttive. Il risultato è stato una tragedia: almeno mille lavoratori (per lo più donne e giovani) sono morti sotto le macerie. Subito dopo il crollo, le strade di Dacca sono state invase da migliaia di operaie ed operai, che hanno rivendicato “giustizia per i morti di Savar” e sicurezza sui posti di lavoro.

I manifestanti non hanno rivolto la propria collera solo contro i padroni e il governo locali. Essi hanno anche denunciato che dietro la strage di Savar vi sono gli interessi e le pressioni delle multinazionali occidentali dell’abbigliamento. È per queste, infatti, che lavora quasi tutta l’industria tessile del paese. E sono le multinazionali le prime responsabili delle tremende condizioni (salari di trenta euro al mese, orari lunghissimi e scarse misure di sicurezza) imposte nelle aziende del Bangladesh.

Cinque secoli di colonialismo e imperialismo hanno ridotto il Bangladesh in condizioni di estrema povertà. Per anni i grandi capitalisti occidentali hanno sfruttato questa situazione per imporvi condizioni di lavoro quasi schiavistiche.

Oggi, però, sull’onda del processo di industrializzazione della Cina e dell’Asia, anche in questo piccolo ma popolosissimo paese si è formata e sta crescendo una classe operaia numerosa, giovane e combattiva. Essa non è più disposta a subire passivamente, ma si batte, come fanno i lavoratori dell’intero continente asiatico, per migliorare la propria condizione. Anche i fatti di Dacca lo dimostrano.

Noi militanti comunisti dell’Oci salutiamo le manifestazioni di lotta dei proletari del Bangladesh. Siamo impegnati a mettere in luce presso i lavoratori italiani i principali responsabili della strage di Savar, a cominciare dalle multinazionali dell’abbigliamento italiane. Denunciamo che le potenze capitalistiche occidentali stanno attentando alla vita dei lavoratori asiatici anche con l’attizzamento delle rivalità tra gli stati della regione e con il tentativo di scatenare una gigantesca guerra in Estremo Oriente per ristabilire il loro pieno controllo sulla regione. Allo stesso tempo ci battiamo affinché i lavoratori italiani vedano nei proletari immigrati e nei proletari del Bangladesh, dell’intera Asia e degli altri continenti non dei concorrenti da cui difendersi ma degli alleati di classe con cui iniziare a tessere una lotta unitaria contro l’avido mostro che, seppur in modo diseguale, opprime gli uni e gli altri: l’imperialismo e il capitalismo internazionale.

Che fare n.78 maggio - ottobre  2013

     ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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