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Che fare n.82 maggio 2015 -novembre 2015

Breve cronistoria dello scontro in Ucraina dal golpe democratico di piazza Majdan all’accordo di Minsk

Negli ultimi mesi del 2013 e all’inizio del 2014 (v. "che fare" n. 80 e n. 81), cade il governo Janukovic e si installa a Kiev, con il sostegno di una parte della popolazione, degli aspiranti compradores ucraini e dei gruppi nazisti allevati dalla Nato, un governo filo-Nato. Uno dei primi atti del nuovo gruppo dirigente è quello di imporre l’ucraino come unica lingua di stato a tutti i livelli. Rabbia tra le popolazioni di lingua russa della Crimea e delle regioni orientali.

6 marzo 2014. Accordo tra la Ue e il governo di Kiev. Viene concesso un prestito di 11 miliardi di dollari (che si aggiunge a quello di 1 miliardo concesso dagli Usa) per pagare le rate in scadenza sul debito estero. In cambio le potenze occidentali pretendono il varo delle "riforme" richieste al governo ucraino. Tra queste l’aumento del 50% del prezzo del gas.: "La chiave degli aiuti internazionali all’Ucraina è sempre stata l’aumento dei prezzi interni del gas, una misura troppo impopolare perché i governi passati trovassero il coraggio di affrontarla" (Il Sole24Ore, 27 marzo 2014).

16 marzo 2014. Il 95,5% della popolazione della Crimea vota per la separazione dall’Ucraina e il ricongiungimento con la Russia. Gli Usa, la Ue, il Giappone, l’Australia e il Canada (e altri paesi al loro codazzo) bloccano i visti di ingresso per vari dirigenti russi e congelano una quota delle ricchezze finanziarie russe all’estero.

6 aprile 2014. Le popolazioni delle regioni orientali (dove è concentrata la maggior parte dell’industria pesante, mineraria e bellica del paese) scendono in massa in piazza, occupano i palazzi istituzionali e proclamano la secessione dall’Ucraina "liberata". Viene proclamata la nascita delle repubbliche popolari indipendenti di Donetsk e di 2 maggio 2014. Odessa. Una manifestazione contro il nuovo governo filo-Nato di Kiev è aggredita a colpi di arma da fuoco da cecchini e gruppi paramilitari sostenitori del governo ucraino. I manifestanti si rifugiano nel palazzo dei sindacati. Gli assalitori cingono d’assedio il palazzo e lo incendiano.   Rinamgono uccise 38 persone. I mezzi di informazione occidentali, ovviamente, non si accorgono quasi della strage. 11 maggio 2014. Referendum nelle due repubbliche "separatiste" dell’Est. Vota quasi l’80% della popolazione che al 90% si esprime per la secessione da Kiev. L’Occidente amplia le sanzioni contro la Russia.

25 maggio 2014. Poroshenko vince le elezioni presidenziali nell’Ucraina "liberata". Il suo programma: implementare le riforme strutturali invocate dal Fmi e dai creditori occidentali; muovere guerra alle regioni orientali per riassumerne manu militari il controllo; a tal fine, integrare le milizie paramilitari neo-naziste (60 mila unità) nella Guardia nazionale; imporre l’omogeneizzazione linguistica (contro la popolazione slava di lingua russa e contro le minoranze di lingua ungherese, rumena, polacca).

21 maggio 2014. Dopo anni di trattative, la Cina e la Russia giungono a un rilevante accordo per la costruzione di un gasdotto dalla  Siberia orientale alla Cina. Il gasdotto è chiamato "Power of Siberia".

28 maggio 2014. La Russia, la Bielorussa e il Kazakhstan decidono che l’unione doganale in costruzione verrà avviata dal 1° gennaio 2015.

29 luglio 2014. Usa e Ue inaspriscono le sanzioni contro la Russia per il sostegno di Mosca ai cosiddetti separatisti ucraini. Finora le sanzioni limitavano solo le attività finanziarie di una dozzina di dirigenti russi. Ora sono colpite alcune importanti aziende: sono congelati i beni in Usa della Rosneft (la principale impresa petrolifera russa) ed è introdotto il divieto per le aziende Usa di fare affari con essa; la Gazprombank (braccio finanziario della Gazprom) e la Veb (la banca per lo sviluppo economico) vedono ridotto il loro accesso al mercato dei capitali negli Usa e in 6 agosto 2014 La Russia introduce a sua volta il blocco delle importazioni alimentari dai paesi che l’hanno sanzionata. Prosegue la guerra nelle regioni orientali.

5 settembre 2014. Vertice Nato in Galles: vi partecipa, come candidato, anche l’Ucraina. L’Italia intanto invia 90 mezzi corazzati a Kiev. 26 ottobre 2014. Le elezioni politiche nell’Ucraina "liberata" vedono la vittoria dei partiti filo-occidentali e in particolare filo-Usa. Le regioni indipendentiste dell’Est non partecipano alle elezioni. Dopo il suo insediamento il nuovo parlamento di Kiev (che non comprende rappresentanti delle regioni orientali) vota a stragrande maggioranza la richiesta di aderire alla Nato. Prima dello scoppio della crisi ucraina la maggioranza della popolazione si era espressa contro l’ingresso nella Nato.

1° novembre 2014. Entra in vigore il trattato di associazione di Kiev con l’Ue (congelato da Janukovic nel 2013 centrale e orientale, consolidata dagli accordi del 2014, da cui Mosca cerca di trarre denaro fresco e infrastrutture moderne, privata dal bilanciere di proficue relazioni con il blocco occidentale e con il caposaldo di esso in Estremo Oriente, il Giappone, rischia di trasformarsi in una porta aperta per la penetrazione cinese, già in corso e malvista da Mosca, negli immensi e "vuoti" territori della Siberia orientale. Senza contare che la Russia ha in Asia consolidati rapporti con paesi, l’India e il Vietnam, che sono condizionati da e pencolano verso la Santa Alleanza Democratica Usa-targata. Non prive di importanza sono, infine, le radici culturali cristiane russe: espressione di profondi fattori materiali e storici, anch’esse spingono Mosca verso Occidente. Lo stato e il capitale russi non hanno interesse, almeno per il momento, a "rompere" con l’Europa e gli Usa (ed è su questo che si fa leva da Occidente). Lo ha chiarito nei suoi discorsi dei mesi scorsi lo stesso Putin.(5)  Egli ha sì denunciato le (indubbie) politiche occidentali finalizzate a "danneggiare il nostro paese", le (altrettanto indubbie) responsabilità di Washington in Ucraina e i tentativi del Pentagono e della Nato di "balcanizzare l’intera area caucasica". Nello da Poroshenko il 27 giugno 2014).

2 novembre 2014. Elezioni generali anche nelle regioni orientali. Si registra una grande vittoria delle forze indipendentiste. Kiev e l’Occidente le dichiarano illegali. Kiev sospende il pagamento di pensioni e stipendi ai pubblici dipendenti delle regioni orientali. Intanto la fornitura dell’energia elettrica nell’Ucraina centro-occidentale si è ridotta del 40% per il blocco delle forniture di carbone dalle regioni orientali. Nel corso del 2014 la produzione industriale nelle regioni orientali risulta crollata del 60-80%.

10 novembre 2014. La Cina e la Russia firmano un secondo accordo del gas per la costruzione di un gasdotto dalla Siberia centrale alla Cina via Asia centrale. Il gasdotto si chiamata "Gasdotto Altaj".

27 gennaio 2015. L’agenzia di rating statunitense Standar&Poor’s abbassa il rating della Russia a BB+ con outlook negativo. Le azioni e le obbligazioni russe vengono classificate a livello "junk" (spazzatura). In pratica se ne consiglia il disinvestimento. È il primo caso tra i Brics. Il costo per assicurare il debito russo dalla possibilità di default sale di 113 punti base e giunge a quota 589, il quinto più alto al mondo.

3 febbraio 2015. Mentre prosegue la guerra nelle regioni orientali e gli Usa parlano del possibile invio di "armi letali" al governo di Kiev, il segretario di stato Usa, John Kerry, vola a Kiev, consegna 116 milioni di dollari al locale governo e intima alla Russia di "smetterla di aiutare i ribelli orientali".

7 febbraio 2015. La Nato ufficializza la decisione di rafforzare il "fianco Est". Le truppe destinate alla "difesa" dell’Europa centro-orientale passano da 13 a 30 mila militari. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dichiara: "È il maggior rafforzamento della Nato dalla fine della guerra fredda", a cui siamo stati costretti in "risposta ai comportamenti aggressivi della Russia". I vertici Nato dichiarano, inoltre, che nel corso dell’anno l’Alleanza Atlantica attiverà sei centri di comando in Europa orientale (Polonia, Bulgaria, Romania e le tre repubbliche baltiche): ognuno di essi disporrà di 40mila uomini pronti a diventare velocemente "operativi".

8 febbraio 2015. Inizia la trattativa di Minsk tra il governo di Kiev e la Russia per una soluzione negoziata della crisi. La trattativa è promossa dalla Germania e dalla Francia.

11 febbraio 2015. Nelle regioni orientali continua l’avanzata delle armate popolari. Esse circondano Debaltseve, importante nodo ferroviario per unire la repubblica del Donetsk e quella di Lugansk. L’esercito ucraino, demoralizzato e scarsamente motivato, spesso, come a Debaltseve, cede le posizioni senza neanche battersi. Interi battaglioni di Kiev si disgregano. Solo le milizie neonaziste che "accompagnano" le unità regolari si distinguono per l’impegno (con scarsi risultati) nel portare avanti il loro sporco lavoro.

12 febbraio 2015. Vengono firmati gli accordi di Minsk. Le parti ne stabiliscono l’entrata in vigore dal 15 febbraio 2015. Gli accordi prevedono la tregua, la creazione di una zona cuscinetto, il ritiro delle forze armate di Kiev e di quelle popolari delle regioni orientali al di là dei confini della zona cuscinetto, una maggiore autonomia per le regioni orientali nella costituzione appena votata a Kiev, l’invio nella zona cuscinetto e nelle regioni orientali di osservatori Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea). Osservatori imparziali? Lasciamo parlare l’esperienza della "ex"-Jugoslavia: inviati come pompieri in Bosnia-Erzegovina, sfruttando la propria libertà di scorrazzare in lungo e largo per il paese, gli osservatori Ocse contribuirono a disarmare e indebolire la resistenza popolare e a predisporre nel migliore dei modi il terreno ai bombardamenti occidentali, fornendo anche informazioni logistiche e strategiche ai comandi Nato.

20 febbraio 2015. La tregua prevista dagli accordi di Minsk diventa attiva. Il primo ministro inglese Cameron annuncia che a partire da marzo la Gran Bretagna invierà consiglieri militari in Ucraina per addestrare l’esercito e ventila l’ipotesi che la Russia venga sospesa dall’importante circuito internazionale bancario denominato Swift.

26 febbraio 2015. L’amministrazione Obama e il governo Cameron ufficializzano l’invio di quasi 700 "consiglieri" militari, di droni e di 230 blindati Humvee a supporto dell’esercito ucraino.

11 marzo 2015. Il governo di Kiev firma l’accordo con il Fmi per un prestito di 17,5 miliardi di dollari. L’accordo prevede il congelamento del salario minimo di sussistenza, il taglio del 10% dei dipendenti pubblici, il drastico incremento del prezzo (già aumentato fortemente nel 2014) del gas e dell’elettricità per le famiglie, la razionalizzazione della spesa pubblica (leggi: pesanti tagli a sanità, istruzione e pensioni) e la ristrutturazione-privatizzazione delle aziende statali e del settore energetico al servizio delle mire delle multinazionali euro-americane. A ciò va aggiunto il fatto che dall’inizio del 2014 la moneta ucraina, la Grivnia, si è svalutata del 75% con un drammatico abbattimento del reale potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.

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