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Che fare n.83 dicembre 2015 - maggio 2016

Fiat-Chrysler  (Fca): il raggio d'azione della direzione aziendale spazia su tre continenti, quello dei lavoratori entro la singola azienda

Fca-Italia. L’azienda prima di tutto, l’azienda sopra tutto

Sul finire del 2011 Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fca (Fiat Chrysler Automobiles), annuncia che la multinazionale italoamericana ha deciso di uscire dalla Confindustria. Secondo i vertici di Fca, l’associazione degli industriali è ancora troppo incline al compromesso e troppo poco decisa nell’affrontare il nodo dello smantellamento della contrattazione nazionale.

Ancora una volta l’azienda automobilistica fa da pungolo e da apripista per l’intero padronato: la valenza del contratto nazionale dei metalmeccanici negli stabilimenti italiani della Fca è sostituita da un contratto aziendale, il cosiddetto Contratto collettivo specifico di lavoro (Ccsl); i sindacati non disposti a sottoscrivere questa sostituzione, come la Fiom, sono estromessi dagli stabilimenti. Il Ccsl nella primavera del 2015 viene rinnovato e "perfezionato" con il consenso entusiasta di tutti i sindacati, ad eccezione della Fiom esclusa dal negoziato per la posizione assunta  nel 2011. I punti fondamentali del Ccsl-2015 vertono soprattutto sull’aspetto salariale.

Il nuovo contratto aziendale vale quattro anni (uno in più del classico contratto di categoria) e va dal 2015 al 2018. Il nuovo sistema prevede due elementi addizionali del salario base. (Che, secondo un calcolo Fiom, risulta inferiore di 750 euro all’anno rispetto a quello del contratto vigente dei metalmeccanici.) Il primo verrà calcolato sulla base dei "risultati di efficienza produttiva" raggiunta da ogni singolo stabilimento. Il secondo sarà legato al "raggiungimento dei risultati prestabiliti" per "area geografica" (le fabbriche italiane rientrano nell’area "Europa Mediterranea").

Il valore medio di questo doppio bonus dovrebbe attestarsi complessivamente su un 17% del salario base se nell’arco del quadriennio le prestazioni si manterranno in linea con le "aspettative dell’azienda e dei mercati", potrebbe giungere a un 27% in caso di "performance straordinariamente positive", ma potrebbe scendere a circa il 4% se le cose andassero male.

Il dato su cui riflettere non è tanto la quantità del (possibile) incremento salariale. Questo infatti, in presenza di risultati in linea con le previsioni aziendali, risulterebbe molto vicino a quello di 130 euro mensili richiesto originariamente dalla Fiom (e respinto dal padronato) per il rinnovo del Ccnl degli altri metalmeccanici. L’elemento centrale è un altro, più politico che meramente economico. Per la prima volta da almeno quaranta  anni ogni eventuale aumento sarà esplicitamente e rigidamente subordinato all’andamento dell’azienda sul mercato e al grado di produttività ed "efficienza" raggiunto da ogni singolo e differenziato stabilimento.

Una simile struttura contrattuale da un lato tende a promuovere, più di quanto già oggi non avvenga, la piena e "volontaria" identificazione tra l’operaio e l’azienda, e dall’altro punta a stimolare ulteriormente la competizione al ribasso tra gli addetti dei diversi impianti. Cassino, Melfi, Pomigliano, Mirafiori, e tra questi e quelli degli stabilimenti Fca in Polonia, Brasile, Usa, Turchia, India, eccetera: quei lavoratori che si dimostreranno più disponibili ad accettare i diktat aziendali in termini di turnazioni, carichi e saturazione dei tempi di lavoro avranno più possibilità di ottenere per il "proprio" stabilimento le produzioni che più "tirano" e quindi più possibilità di raggiungere quegli obiettivi che "aprono le porte" anche agli incrementi salariali.

Quando Marchionne afferma che in Italia, grazie al nuovo contratto Fca, "si è finalmente chiusa l’era stagnante della contrapposizione tra capitale e lavoro" intende dire che con questo contratto spera si stia aprendo un’epoca di "responsabile" e assoluta subordinazione dei lavoratori alle "ragioni" delle aziende, della competitività e del profitto.

Fca-Usa. La vertenza per il rinnovo del contratto negli stabilimenti statunitensi della Fca

Nella seconda metà del 2015 è stato rinnovato il contratto aziendale negli stabilimenti Fca degli Stati Uniti. Una rapida scorsa ai momenti salienti della trattativa e all’accordo siglato offre un esempio del fatto che l’unico mezzo per sfuggire al ricatto del capitalismo mondializzato sia quello di lavorare alla costruzione di collegamenti di lotta e di organizzazione tra gli operai delle diverse nazioni e dei diversi continenti.

Il 30 settembre 2015 i 40mila lavoratori dei 16 stabilimenti statunitensi della FCA-US (ex Chrysler) bocciano la proposta di rinnovo del contratto quadriennale di lavoro con il 66% di "no", con punte dell’87% fra gli operai di linea dello stabilimento di Toledo (Ohio). È la prima volta da 30 anni che un accordo viene respinto. I punti critici sono quattro: 1) la riduzione della differenza salariale tra lavoratori neoassunti e lavoratori veterani che svolgono la stessa mansione è troppo esigua ("equal work, equal pay"); 2) mancato alleggerimento del vigente sistema di turnazioni, considerato troppo pesante; 3) l’accordo non taglia la strada all’intenzione aziendale di spostare una parte della produzione in Messico; 4) l’intesa modifica in senso peggiorativo la gestione dell’assistenza sanitaria aziendale.

Salario. In base al contratto stipulato nel 2011 "per salvare l’azienda e consentire la fusione con la Fiat", in Fca- Us esistono due categorie di operai principali: quelli di "primo livello", i "veterans", assunti prima del 2007, con un salario di 28-29 dollari l’ora e quelli di "secondo livello", i "workers in progression", assunti dopo il 2007, con un salario di 15-16 dollari all’ora L’accordo bocciato prevedeva: per i "veterans", un aumento del 3% immediatamente, più un altro 3% al terzo anno, più una "una-tantum" del 4% al secondo e al quarto anno; per i "workers in progression", un aumento progressivo che avrebbe portato la re tribuzione a 25 dollari l’ora in 6 anni. Il nuovo accordo avrebbe inoltre eliminato il "tetto" sul numero massimo di lavoratori inquadrati al secondo livello imposto dal sindacato nel precedente accordo del 2011 per impedire un abbassamento generalizzato del salario.

Turnazioni. In Fca-Us la giornata lavorativa è di 10 ore (più mezz’ora di pausa non retribuita) per 4 giorni settimanali, dal lunedì al sabato, su 2 turni (6.00- 16.30 e 18.00-4.30). I lavoratori sono distribuiti in 3 gruppi: un gruppo lavora di giorno da lunedì a giovedì, un altro di notte da mercoledì a sabato, un terzo gruppo lavora di giorno venerdì e sabato e di notte il lunedì e il martedì della settimana successiva. Il lavoro domenicale è obbligatorio (e viene retribuito come straordinario). Questa turnistica è stata giudicata nelle assemblee "pesante al limite della sostenibilità fisica". Questo sistema di turnazioni ("Alternative Work Schedules", come viene denominato in Fca), è sempre più comune a tutta l’industria automobilistica. Con esso si tengono in attività le linee per quattro ore in più al giorno (venti anziché sedici) senza pagare straordinari. I lavoratori chiedevano di "ritornare al passato" con turni regolari di otto ore e con più opportunità per lo straordinario.

Assistenza sanitaria. L’accordo prevedeva che il sistema sanitario aziendale non fosse più a carico dell’azienda (ad oggi l’assistenza sanitaria costa a Fca 600 milioni di dollari all’anno), ma entrasse nelle "competenze" di un costituendo ente mutualistico, una specie di grande cooperativa, gestito dall’Uaw (il sindacato della categoria). Nonostante gli sforzi dei dirigenti sindacali, i lavoratori respingono l’accordo e il 6 ottobre 2015 la Uaw è costretta a proclamare uno sciopero (l’ultima volta che i lavoratori della Chrysler hanno scioperato è stato nel 2007). Due giorni dopo il sindacato ritira lo sciopero poiché nel frattempo arrivato una nuova proposta d’accordo da parte della direzione aziendale.

Vediamone le principali variazioni rispetto al pre-accordo.

Salario. La nuova proposta migliora gli aumenti originariamente previsti per i "workers in progression" ma introduce una nuova differenziazione per gli assunti dopo l’entrata in vigore dell’accordo. Per costoro è previsto un livello salariale leggermente inferiore a quello iniziale dei "vecchi" lavoratori "in progression" (meno di 15 dollari l’ora) e senza alcuna progressione salariale successiva. L’impiego di tali lavoratori non sarà soggetto ad alcun limite numerico. È inoltre previsto un meccanismo di "smaltimento dei veterans" nel caso di un ridimensionamento dell’attività produttiva di singoli stabilimenti, con la possibilità di scegliere tra il licenziamento e la trasformazione in operaio "temporaneo" (con salario praticamente dimezzato). È stato infine introdotto un meccanismo più favorevole ai lavoratori per il calcolo del premio produzione.

Delocalizzazione. L’azienda promette di ritirare il previsto trasferimento in Messico di parte della produzione.

Assistenza sanitaria. La nuova proposta accantona la proposta dell’ente mutualistico gestito dall’Uaw. La nuova proposta di accordo viene approvata dal 77% dei lavoratori del gruppo Fca negli Usa. Sul voto operaio ha fortemente influito anche il timore che le rivendicazioni operaie avrebbero potuto nuocere alla competitività dell’azienda di fronte ad una concorrenza internazionale sempre più agguerrita. Non a caso durante la vertenza Norwood Jewell, vice presidente dell’Uaw, per sostenere la politica delle dirigenze sindacali si è ripetutamente rivolto ai lavoratori dicendo: "Sul tavolo non c’erano altro che questi soldi. Se pensate un minuto che Chrysler possa continuare ad investire in questo paese per aumentare i nostri salari così tanto da non poter competere, i conti non tornano

 Che fare n.83 dicembre 2015 - maggio 2016

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