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Che fare n.83 dicembre 2015 - maggio 2016

Il Wcm, la fabbrica dal "volto umano" secondo Marchionne

La Fca sta tirando la volata al  padronato italiano per svuotare/ eliminare il contratto nazionale. Una delle motivazioni con cui i dirigenti dell’azienda e i sociologi ad essi legati giustificano la loro intenzione è la  seguente: la fabbrica contemporanea non è più quella taylorista basata sulla catena di montaggio ma un ambiente pulito in cui il lavoro, svolto da squadre cooperanti, è diventato meno monotono e meno pesante; la nuova organizzazione del lavoro può decollare se cadono i "vecchi vincoli" previsti dal contratto nazionale sulle turnazioni, sulle mansioni, sulle pause, sugli orari, sui ritmi e i carichi di lavoro e si assicura alla direzione aziendale la piena flessibilità degli impianti e delle "risorse umane"; se i lavoratori appoggeranno questo mutamento nelle "relazioni industriali", non solo permetteranno alla propria azienda di essere competitiva sul mercato mondiale e di ricavare, grazie a ciò, consistenti premi annuali, ma ridurranno anche la pena del lavoro operaio, svolto finalmente in un ambiente di lavoro "pulito e silenzioso", alleggerito da "sforzi inutili" e dalla rotazione delle mansioni nell’ambito del lavoro di squadra.

A uno sguardo superficiale della vita all’interno degli stabilimenti Fca, ciò che propaganda Marchionne sembra rispondere al vero: gli stabilimenti ex-Fiat sono ormai lindi e molto meno rumorosi di quelli dei decenni scorsi; le "fatiche inutili" sono quasi azzerate; a differenza di quanto accade nella classica catena di montaggio, ogni operaio nell’arco di una giornata non resta monotonamente ancorato ad una sola mansione ma ne ricopre diverse. Basta poco, però, a meno di essere abbacinati e disumanizzati dall’integralismo del profitto, per rendersi conto che dietro questa vetrina c’è una torchiatura e una disumanizzazione dell’operaio superiori a quelle indotte dalla "vecchia" fabbrica taylorista.

1) Tutte le mansioni assegnate agli operai sono ultra-semplificate, tant’è che sono apprese in un breve lasso di tempo, completate in uno-due minuti e ben distinte dalle operazioni di manutenzione e riparazione, assegnate agli specialisti. Il modello di organizzazione del lavoro "World class manifacturing" (Wcm) prevede ed impone, ad esempio, che la Panda sia montata con circa 54 mila movimenti obbligatori, ognuno dei quali è preventivamente codificato e misurato al computer in termini di fatica e tempo d’esecuzione. Il lavoratore non è solo obbligato a compiere ripetitivamente determinate mansioni (ad esempio montare una guaina) in ristrettissimi intervalli temporali, ma è anche costretto a farlo ripetendo sempre nello stesso ordine una specifica combinazione di movimenti studiati uno ad uno al computer.

2) Le cadenze sono asfissianti e si arriva in media ad essere impegnati 55 su 60 secondi.

3) L’ordine di servizio non contempla solo lo svolgimento di un certo numero di operazioni in un tempo stringente ma anche l’obbligo di controllare la qualità del risultato con la conseguenza di doversi concentrare su un lavoro elementare e ripetitivo.

4) Il passaggio da una mansione ultra-semplificata e puramente esecutiva a un’altra mansione con le stesse caratteristiche non allevia la monotonia del lavoro operaio ma serve solo a garantire all’azienda che il livello di attenzione del lavoratore sulla qualità rimanga desto.

5) La ricaduta sulla squadra della quantità e della qualità del lavoro svolto, e degli eventuali premi di produzione, fa sentire sugli operai con "cattiva performance lavorativa" la pressione dei propri compagni di lavoro, soprattutto se, come accade spesso, la direzione sotto-dimensiona le squadre rispetto ai compiti assegnati. La Fiom ha, ad esempio, denunciato che, a volte, nello stabilimento di Pomigliano i lavoratori responsabili di qualche "errore" sono stati sottoposti ad umilianti audizioni obbligatorie in cui dinnanzi ai capi hanno dovuto ammettere gli "sbagli commessi" e dare giustificazioni pubbliche e convincenti.

6) Poiché gli impianti sono costosi e soggetti, nell’attuale era di capitale mondializzato, a rapida obsolescenza, la redditività dell’impresa richiede       che gli stabilimenti rimangano attivi e produttivi 24 ore su 24 per l’intera settimana: il lavoro straordinario a discrezione della direzione o il sistema di turnazione recentemente adottato a Melfi sono destinati a diventare il pane quotidiano per i lavoratori di tutti gli stabilimenti Fca.

A tal proposito giova ricordare che nello stabilimento lucano si lavora su 20 turni settimanali (salta solo la domenica notte). Non sono previsti in linea generale un sabato e una domenica di riposo consecutivi. Spesso capitano tre turni notturni di seguito (con tutto quello che ciò comporta in termini di stress e stanchezza psico- fisica addizionale) e a volte si lavora anche 50 ore nell’arco di una settimana. L’intero tempo di vita dell’operaio è dunque completamente modellato e asservito alle esigenze produttive con un danno che alla lunga non può che ripercuotersi tanto sulla salute, quanto sulla vita affettiva e sociale.

7) Poiché la direzione aziendale ha rilevato che questa organizzazione del lavoro non suscita l’entusiasmo degli operai, mentre il Wcm ha, invece, bisogno della partecipazione psichica degli operai, la direzione aziendale cerca di stuzzicare quest’ultima con una gestione paternalistica dei premi aziendali e con l’esca delle lodi in cambio dei suggerimenti forniti dagli operai per migliorare l’organizzazione del lavoro. Questi suggerimenti non sono, però, un passo verso la ricomposizione del lavoro progettuale e del lavoro esecutivo ma, quando sono applicati, servono in realtà alla direzione aziendale per individuare, attraverso l’esperienza diretta degli operai, le modifiche da apportare all’organizzazione del lavoro per ridurre i cosiddetti tempi morti.

8) Questo tipo di organizzazione del lavoro nelle fabbriche di montaggio finale dell’auto serve inoltre a scandire e a imporre indirettamente (ma rigidamente) l’intensificazione dei ritmi di lavoro e dei carichi di fatica delle numerose schiere di operai impiegati nelle aziende dell’indotto automobilistico. In questo settore, dove si concentrano tre-cinque operai in media per ogni operaio delle fabbriche di montaggio, le più moderne forme di organizzazione dello sfruttamento (tipo appunto il Wcm) convivono in perfetta sintonia con la precarietà spinta all’estremo, il "lavoro nero", l’ambiente pericoloso e le tante altre "classiche" metodologie di sfruttamento capitalistico…

E questa sarebbe la fabbrica dal volto umano?

Al contrario di quanto blatera Marchionne, il Wcm non stabilisce una comunanza di interessi tra operai e direzione aziendale, ma ne esalta l’oggettivo antagonismo. Ancor più della fabbrica tayloristica, essa riduce l’operaio ad appendice del sistema di macchine usato capitalisticamente, ne strizza tutte le energie vitali e non solo quelle muscolari, consegnando al "tempo libero" un automa svuotato indotto a lasciarsi maciullare da ciò che la società del capitale offre nel campo dei divertimenti e dei consumi( 1).

Altro che collaborare con l’organizzazione del lavoro Fca! Bisogna, al contrario, difendersi da essa. Con l’unico mezzo esistente: la lotta e la contrattazione collettiva. La fabbrica del XXI secolo non richiede meno sindacato ma più sindacato, più contrattazione, più legami organizzativi tra gli operai degli stabilimenti di montaggio e quelli dell’indotto, richiede… il rafforzamento, non lo svuotamento-annullamento, del contratto nazionale!

Note

(1) Ai lettori che intendono studiare i metodi di organizzazione del lavoro del capitale del XXI secolo e ciò che essi implicano sul tempo di lavoro e sull’esistenza complessiva dei lavoratori, consigliamo il libro di Pietro Basso, Tempi moderni, orari antichi. L’orario di lavoro a fine secolo, Franco Angeli, Milano, 1998.

 Che fare n.83 dicembre 2015 - maggio 2016

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