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Che fare n.83 dicembre 2015 - maggio 2016

Il futuro dei lavoratori d'Italia secondo uno degli ispiratori (statunitensi) di Renzi, il dirigente del più grande hedge fund del pianeta

Il 26 agosto 2015 il Corriere della Sera ha pubblicato un’intervista a Ray Dalio, il dirigente del più grande hedge fund del mondo, il Bridgewater Associates. Le riviste economiche Forbes, Economist, ecc. collocano Ray Dalio tra le 100 persone più potenti (oltre che ricche) del mondo. Il suo fondo gestisce un portafoglio di 200 miliardi di dollari (un decimo del pil italiano).

Alla domanda sulle cause della stagnazione italiana, Dalio risponde. "Per qualunque Paese l’impatto più profondo sul tasso di crescita viene dal costo dei suoi lavoratori sul mercato mondiale, corretto per la quantità di tempo che questi si prendono fuori dal lavoro. Devi stimare quante ore al giorno, quanti giorni alla settimana e quante settimane all’anno le persone lavorano. E quanti anni di carriera hanno. È un grande indicatore, correlato al 63% con il tasso di crescita. E l’Italia, secondo come lo si calcola, è il secondo o terzo Paese più caro al mondo. Lo è in gran parte a causa del tempo che la gente si prende fuori dal lavoro. Per questo i lavoratori italiani risultano dell’83% più cari di quelli degli Stati Uniti per esempio, tenuto conto dei giorni e anni di attività effettiva. Se si guarda alla durata delle vacanze, in Italia sono 5,9 settimane l’anno e negli Stati Uniti 3,3".

Intervistatore: Non dirà che se la ripresa è debole, è colpa del tempo libero. "Non solo. Se guardi all’età della pensione, in Italia è al 79% dell’aspettativa di vita e negli Stati Uniti all’87%. E vorrei mostrare altri indicatori che abbiamo elaborato: i Paesi nei quali la spesa pubblica è più piccola e non ci sono molti trasferimenti, tendono a crescere più in fretta dei Paesi nei quali è vero il contrario. E questo lo si vede nella quota dello Stato nell’economia. In Italia è il 51% e il 28% è fatto da trasferimenti alle persone. Dopo la Francia, è la percentuale più alta al mondo. Poi ci sono i dati sulla rigidità del mercato del lavoro: è il Paese dove assumere e licenziare è più difficile".

Intervistatore: Ma di quando sono i suoi dati? In Italia abbiamo portato l’età della pensione a 66 anni e da marzo sono partiti i contratti flessibili del Jobs act. "Non sto costruendo un argomento per dire che l’Italia finirà male. Voglio solo mostrare come può migliorare. Nelle riforme c’è moltissimo potenziale, non c’è modo di scappare alla più semplice delle realtà: nel mondo di oggi bisogna essere produttivi, perché nel lungo periodo puoi spendere solo tanto quanto produci". Quali altri indicatori avete prodotto?

"Ci sono statistiche che guardano alle attitudini verso il lavoro o la concorrenza. Per esempio l’Italia è uno dei Paesi nei quali la frase ‘il duro lavoro porta al successo’ mostra i livelli più bassi di approvazione. Invece la frase ‘la concorrenza è dannosa’ ha uno dei tassi più alti. Per non parlare delle statistiche sul peso della burocrazia, dove l’Italia è terza al mondo. O l’indice sulle regole nelle costruzioni. Oppure la correlazione al 58% fra i livelli di corruzione e la caduta del tasso di crescita. E nel rispetto e applicazione della legge, l’Italia è la peggiore fra le 20 principali economie. Quello che faranno gli italiani, lo decideranno loro. Voglio solo che ne siano informati".

E allora: allentare i vincoli di Bruxelles per meglio sottomettere i lavoratori d’Italia e d’Europa alla morsa del mercato mondiale da cui quelli dipendono, come intendono fare Renzi-Marchionne-Dalio-Obama, oppure lottare contro i vincoli di Bruxelles come momento per organizzare un fronte proletario internazionale, sulle due sponde dell’Atlantico e verso il Sud e l’Est del mondo, contro la morsa stritolatrice del capitale mondializzato e la spirale al ribasso in cui esso intende trascinare uno dopo l’altro i lavoratori dei cinque continenti?

Che fare n.83 dicembre 2015 - maggio 2016

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