Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci


Che fare n.84 dicembre 2016 - maggio 2017

La Cina capitalista prende quota anche nel settore logistico

 

La centralità del comparto logistico all’interno dell’accumulazione capitalistica planetaria è attestata anche dal fatto che questo comparto è uno dei campi marcia l’aggressione con cui gli Usa e il resto del mondo occidentale, facendo leva anche sullo crescita indiana, stanno cercando di funzionalizzare a sé lo sviluppo capitalistico della Cina.

La Cina ha dedicato e sta dedicando grande attenzione al settore logistico per tentare di sganciarsi dal monopolio delle multinazionali occidentali che attualmente lo dominano.

In Cina il grande processo di industrializzazione avviato agli inizi degli anni ’80 dello scorso secolo è stato accompagnato da una accorta politica infrastrutturale. È stata avviata la costruzione di una fitta ed efficiente rete di porti, autostrade e ferrovie. Le

joint ventures e gli investimenti delle multinazionali occidentali consentiti dal 2006 sono stati vincolati al travaso di conoscenze e competenze (il famoso know-how) verso manager, tecnici e operai cinesi. Parallelamente le autorità pechinesi hanno sviluppato una politica atta a favorire lo sviluppo dell’industria collegata strategicamente alla logistica: nel 2014 la Cina è diventata il primo produttore mondiale di container e di grandi gru, e il secondo nella cantieristica navale dopo il Giappone; Shangai è divenuto il primo porto al mondo in quanto a movimentazione

di container.

Questo sviluppo “interno” è stato associato ad una proiezione “esterna”. (1) Pechino, tramite aziende tipo la Cosco, ha effettuato nel settore ingenti investimenti all’estero che, tra l’altro, hanno recentemente portato all’acquisizione di porti come il Pireo in Grecia. Inoltre è stato dato grande impulso alla cosiddetta “politica dei corridoi” finalizzata strategicamente all’edificazione della “nuova via della seta”. Cioè alla costruzione di un ampio sistema moderno e integrato di strade, ferrovie e porti che dovrebbe porre la Cina al centro di una fitta trama produttiva e commerciale che attraverso l’Asia raggiunga l’Europa e che, per altri versi, tocchi e si innervi in Africa e America Latina.

A proposito della “via della seta” e dell’integrazione che questa potrà contribuire a impulsare tra le piattaforme produttive dei paesi asiatici, in un recente documento del governo cinese si legge: “dobbiamo migliorare la divisione del lavoro incoraggiando

l’intera catena industriale e le industrie collegate a svilupparsi in modo concertato”.

Gli Usa vogliono contrastare questo programma delle imprese e dello stato cinese e rinsaldare il proprio ruolo di capo-bastone dell’imperialismo mondiale. A tal fine gli Usa cercano di mettere a frutto le opportunità di sviluppo capitalistico dell’India come piattaforma alternativa a quella cinese.

L’India sta marciando verso il proprio picco demografico. Ha un’abbondante manodopera. Le imprese e lo stato indiano aspirano a diventare la nuova “fabbrica del mondo”, subentrando alla Cina in tale posizione.

Il governo Modi, in carica dal 2014, ha sviluppato un piano strategico (denominato Make in India) che, perraggiungere l’obiettivo prefissato, punta, tra l’altro, sulla costruzione di un “corridoio” infrastrutturale e logistico tra Dheli e Mumbai.

Il “Delhi-Mumbay industrial corridor” mira a collegare un’ampia fetta di territorio e di popolazione tramite strade, ferrovie, scali aeroportuali, reti informatiche e porti che “guardano all’esterno”. Nei piani governativi l’infrastruttura dovrebbe supportare lo sviluppo di fabbriche specializzate nella costruzione di componenti da assemblare lungo il dipanarsi del corridoio stesso. Il corridoio andrebbe così a costituire la spina dorsale intorno a cui dar vita quello che il governo indiano chiama “Golden and diamond quadrilater”, un’area industriale e commerciale che includerebbe circa 180 milioni di persone).

 Note

 (1) Vedi gli articoli (disponibili sul nostro sito) “La Cina di Xi e Li a tutto campo” sul che fare n. 81 e “Il canale di Nicaragua, il porto di Gwadar al confine pakistano con l’Iran, le vie della seta del XXI secolo” sul che fare n. 82.

Che fare n.84 dicembre 2016 - maggio 2017

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


Home page        Archivio generale "Che fare"         Per contattarci