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Che fare n.86 settembre 2018 - febbraio 2019

A fianco della resistenza anti-imperialista delle masse lavoratrici mediorientali!

         L'amministrazione Trump sta mantenendo le sue promesse sul Medioriente.

     Al centro del suo programma vi è la normalizzazione dell'Iran e la generalizzazione del caos geopolitico, in parte già imposto in Iraq e Siria, nell'arco territoriale che va da Pakistan-Afghanistan al Mediterraneo. L'obiettivo di fondo degli Usa di Trump è quello di piegare il popolo e gli sfruttati iraniani, di frantumare la resistenza delle masse lavoratrici dell'intera regione e di affondare il ponte di collegamento statual-borghese che la Cina e l'Ue stanno cercando di costituire per le loro relazioni d'affari attraverso l'Asia centrale e il Medioriente. Nell'ultimo anno le mosse dell'amministrazione Trump sono state incalzanti ed esse potrebbero preludere a un'aggressione militare a Teheran: riconoscimento della decisione di Israele di stabilire la propria capitale a Gerusalemme; spostamento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme; affossamento dell'accordo sul nucleare tra l'Iran, l'Ue, la Cina, la Russia e gli Usa; inserimento nell'amministrazione Trump di esponenti politici fautori dell'attacco preventivo contro l'Iran in sostituzione di ministri considerati da Trump troppo esitanti nel regolamento dei conti con l'Iran; interruzione del versamento dei fondi Usa all'agenzia Onu per i profughi palestinesi; organizzazione di atti di sabotaggio e di azioni sovversive nelle città iraniane secondo il modello già sperimentato nel 1953, quando la Cia guidà il golpe pro-scià contro il governo nazionalista di Mossadeq; copertura logistica dei bombardamenti compiuti da Israele in Siria contro le formazioni di Hezbollah o contro i gruppi iraniani inviati da Teheran a sostengo di Assad; campagne propagandistiche sulla minaccia nucleare iraniana da parte dei due paesi, gli Usa e Israele, che detengono la maggior parte delle armi nucleari del pianeta e della regione mediorientale...

 

Nella preparazione e nella conduzione di questa offensiva degli Usa e di Israele un tassello cruciale è rappresentato dall'annichilimento della resistenza e della stessa esistenza del popolo palestinese.

Questo popolo al di là della sua non enorme consistenza numerica, costituisce un esempio e un laboratorio politico cui continuano a guardare le masse sfruttate e oppresse di tutta la regione. Metterlo definitivamente a tacere significa per gli Usa e i suoi alleati mediorientali colpire un anello vitale dell'asse resistenziale costituitosi nell'area, che parte dall'Iran sciita, attraversa la Siria e si congiunge con il Libano degli Hezbollah, per poi saldarsi con la sunnita Gaza. Questo asse, per quanto attualmente egemonizzato da direzioni politiche di stampo borghese e/o piccolo-borghese, sta dando filo da torcere all'imperialismo e, sopratutto, mostra "in nuce" come le masse sfruttate della regione possano efficacemente difendersi solo unendosi al di là degli steccati nazional-religiosi e prendendo direttamente in mano la direzione della lotta contro l'imperialismo e il suo cane da guardia israeliano.

È questa la situazione in cui si è dispiegata nella primavera 2018 la Grande Marcia del Ritorno palestinese. Nei mesi di aprile-maggio, in appoggio a questa iniziativa, come Oci, abbiamo organizzato alcuni volantinaggi a Torino, Milano, Mestre-Marghera, Roma, e Napoli. Riportiamo qui sotto il testo del volantino che abbiamo diffuso in migliaia di copie anche in lingua araba.  

 

 

Evviva la “Grande Marcia del Ritorno” del popolo palestinese di Gaza!

 

L’Onu, la comunità internazionale e l’Unione Europa fanno parte

della macchina di oppressione che tenta di schiacciare i palestinesi!

 Nelle ultime settimane la popolazione palestinese di Gaza è tornata a dire a tutto il mondo che non intende rassegnarsi a subire la politica di strisciante sterminio portata avanti da Israele.

Il 30 marzo 2018 le organizzazioni della resistenza palestinese di Gaza hanno dato avvio alla “Grande Marcia del Ritorno”. Da quel giorno sono in piedi cinque presìdi permanenti in cinque diverse località davanti alla barriera di sicurezza che Israele ha costruito tra sé e Gaza. Da allora, ogni venerdì, i cinque presìdi sono diventati la base per partecipate e combattive manifestazioni di massa.

Lo stato di Israele ha lanciato contro la “Grande Marcia del Ritorno” i suoi cecchini, i suoi droni, i suoi bombardieri, i suoi cannoni, i suoi sistemi elettronici: dal 30 marzo sono stati assassinati più di 50 manifestanti palestinesi e feriti oltre 3000 manifestanti palestinesi.

Le organizzazioni della resistenza palestinese di Gaza non intendono demordere. Sono determinate a proseguire con la “Grande Marcia del Ritorno” fino al 15 maggio 2018, quando ricorrerà il 70° anniversario della nascita dello stato d’Israele. Sono determinate a dare filo da torcere alla “Grande Menzogna” sparsa dai mezzi di informazione occidentali e israeliani, secondo la quale lo stato di Israele sarebbe nato in una terra quasi disabitata, per dare un rifugio a un popolo perseguitato e farlo vivere in pace con i popoli della regione.

 Questa “Grande Menzogna” copre due verità.

 1) La terra su cui è stato costruito Israele era ed è abitata dal popolo palestinese, un popolo di contadini, di artigiani, di pescatori, di braccianti e operai. Questo popolo è stato cacciato con guerre terroristiche, la prima delle quali iniziò nel maggio di 70 anni fa. Solo nell’esiguo territorio di Gaza vivono (oltre ai 700 mila residenti storici) ben 1,2 milioni di rifugiati palestinesi provenienti dal territorio che nel 1948 e poi nei decenni successivi Israele ha progressivamente incorporato entro i propri confini. Altri milioni sono sparsi in Libano, in Siria, in Giordania e in altri paesi arabi.

2) Lo stato d’Israele costruito in Palestina non aveva e non ha il compito di far vivere in pace i suoi abitanti ebrei con i popoli dell’area. Esso è nato per volere delle potenze occidentali e della borghesia ebrea, che avevano bisogno di un gendarme per dominare il Medioriente e per rapinarne il petrolio e la manodopera con la complice collaborazione delle corrotte aristocrazie arabe. Per realizzare questa operazione, Israele è riuscito a strumentalizzare la disperazione di tanti lavoratori ebrei desiderosi di mettersi in salvo dalle persecuzioni subìte in Europa, sia nei paesi nazi-fascisti che in quelli democratici. La politica condotta da Israele contro la popolazione palestinese di Gaza è la prova vivente di questo ruolo storico di Israele.

Dopo aver dominato Gaza dal 1967 al 2005 con uno spietato regime di occupazione per tentare (invano) di soffocare la lotta di resistenza dei palestinesi, Israele, costretta al ritiro nel 2005, ha dal 2008 stretto intorno a Gaza un feroce embargo. Dal 2008, inoltre, più volte, le forze armate israeliane hanno invaso la striscia di Gaza o l’hanno colpita con bombardamenti di massa. Negli ultimi anni, anche a seguito della collaborazione tra l’Egitto di Al Sisi e Israele, la vita a Gaza è diventata un inferno: la centrale elettrica funziona a stento, l’acqua potabile e i medicinali primari scarseggiano, la pesca nelle acque del Mediterraneo è ridotta al lumicino, l’attività edilizia è quasi paralizzata dall’embargo sui materiali da costruzione… L’obiettivo di questa terribile cappa di piombo è quello di far calare il silenzio sul destino del popolo palestinese e di condurre al lento sterminio questo popolo eroico che nella sua resistenza assomma la resistenza degli sfruttati di tutto il Medioriente contro il sistema di dominazione che il democratico Occidente vi ha stabilito dopo la prima guerra mondiale.

 La “Grande Marcia del Ritorno” iniziata il 30 marzo 2018 vuole respingere l’“invito” lanciato ai palestinesi da Israele e dai suoi mandanti democratici di morire in silenzio.

 Questo nuovo capitolo della lotta del popolo palestinese

non può trovare alcun aiuto negli stati europei e nell’Unione Europa.

 Non ingannino le proteste dell’Unione Europea contro le “esagerazioni” della repressione israeliana e contro il pieno sostegno che Israele ha ricevuto da Trump, anche con lo spostamento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Nessun aiuto potrà arrivare dall’Italia e dagli altri paesi europei perché anch’essi, insieme agli Usa, sono stati i padrini della nascita dello stato di Israele. Nessun aiuto potrà arrivare dall’Italia e dagli altri paesi europei perché anch’essi sono stati e sono i promotori di quella politica dei “Due popoli, due stati” che è stata imposta ai palestinesi con il catastrofico accordo di Oslo e che li sta portando al lento sterminio in bantustan controllati dalle forze armate di Israele. Il contrasto dell’Unione Europea con la politica di Trump e di Israele è dettato solo dalla volontà da parte di Bruxelles di trasformare il Medioriente in proprio cortile di casa, riconsolidando attraverso una strategia più accorta e apparentemente pacifista le tradizionali catene sugli sfruttati e sui popoli oppressi dell’area, dal Libano alla Palestina fino all’Iran e all’Afghanistan.

 La “Grande Marcia del Ritorno” può trovare i suoi alleati solo tra gli sfruttati del Medioriente, innanzitutto tra i lavoratori e gli oppressi del Libano, della Siria e dell’Iran che, in queste stesse settimane, sono in campo contro gli artigli che la macchina da guerra occidentale e israeliana ritorce contro i loro paesi. Tra gli sfruttati mediorientali oggettivamente interessati a battersi a fianco dei palestinesi vi sono anche i proletari ebrei d’Israele e, da questo punto di vista, sono di grande importanza le (per ora) minuscole crepe che la determinazione dei palestinesi e le restrittive politiche sociali del governo israeliano hanno cominciato ad aprire nel tradizionale e innaturale compattamento esistente tra la classe dominante israeliana e gli sfruttati ebrei.

 L’ostacolo che maggiormente si oppone al rafforzamento della lotta dei palestinesi e allo sviluppo della fraternizzazione di classe in Medioriente è l’atteggiamento dei lavoratori italiani, europei e occidentali: è il silenzio di questi ultimi di fronte alla politica di Israele e di fronte all’aggressione rivolta dall’Occidente e da Israele verso la Siria; è la complice illusione dei lavoratori occidentali di poter trarre qualche vantaggio dalla dominazione esercitata dall’Occidente e da Israele sui palestinesi e sugli sfruttati del Medioriente; è la debolezza della denuncia dell’effettivo ruolo svolto dall’Italia e dall’Ue contro la lotta palestinese, di cui la partenza del giro d’Italia a Gerusalemme è l’ennesima prova; è la difficoltà a radicare anche solo in una esigua minoranza proletaria occidentale l’intuizione che l’opposizione alle politiche rivolte dalla Ue e dal governo italiano contro i lavoratori di “qui” non può essere disgiunta dal sostegno incondizionato della indomita resistenza delle masse proletarie e diseredate del Medioriente!

12 aprile 2018

 

Long live the “Great Return March” of the Palestinian people of Gaza!

 

In the last weeks the Palestinian people of Gaza have returned to tell the whole world that they do not intend to resign themselves to suffer the Israeli policy of extermination.

On 30 March 2018 the Palestinian resistance organizations in Gaza started the “Great Return March”. Since that day there are five permanent garrisons in five different locations next to the security fence built by Israel between itself and Gaza. From these garrisons, combative and participated demonstrations began on Friday 30 March, Friday 6 April and Friday 13 April.

Against the "Great Return March", Israeli government has launched its snipers, drones, bombers, guns cannons and electronic systems. Since March 30th, 44 Palestinians have been murdered and more than 5000 have been injured.

The organizations of the Palestinian resistance do not intend to give up. They absolutely want to continue the “Great Return March” until May 15th, that is the day of the 70h anniversary of the birth of the State of Israel. They want to fight the "Big Lie" spread by the Western and Israeli media, according to which Israeli state would have been created in an uninhabited land, for giving shelter to a persecuted people and making it live in peace with the other peoples in the region.

 

This "Big Lie" hides two truths.

1) The land Israel has been built on was originally inhabited by the Palestinian people, and so is now. A people of farmers, artisans, fishermen, farmhands and factory workers. This population was driven out by terroristic wars started 70 years ago. Only in the small Gaza region, there are seven-hundred thousand historical residents and 1.2 million of Palestinian refugees coming from the stolen territory that Israel annexed in 1948 and in the following decades. Many millions more have fled to Lebanon, Syria, Jordan and others Arab countries.

2) Israeli state did not - and does not -  have the task of permitting Jewish people to peacefully live with the other peoples of the region. It was born by the will of Western countries and Jewish bourgeoisie, which needed a gendarme to dominate the Middle East and to rob its oil and manpower, with the complicity of the corrupted Arab aristocracies. To carry out this operation, Israel has managed to exploit the desperation of many Jewish workers, eager to save themselves from the persecutions, both in the Nazi-fascist countries and in the democratic ones. The policy pursued by Israel against the Palestinian population of Gaza is the living proof of the historical role of Israel.

After dominating Gaza from 1967 to 2005 with a ruthless occupying regime to (unsuccessfully) attempt to stifle the resistance struggle of the Palestinians, Israel was forced to retire in 2005 and in 2008 it has tightened a ferocious embargo around Gaza. Moreover, since 2008 Israeli military forces have repeatedly invaded the Gaza Strip and massively bombed it.

In recent years, also as result of the collaboration between Al-Sisi’s Egypt and Israel, life in Gaza has become a living hell: power plant barely works, drinking water and medicines are in short supply, fishing in the Mediterranean Sea is reduced to a bare minimum, the building sector is almost paralyzed by the embargo on building materials ...

The goal of this terrifying “leaden shroud” is to silence the fate of the Palestinian people and to lead to a slow death this heroic people, whose resistance combines the resistance of all the other exploited peoples in the Middle East against the domination’s system established in the area by the democratic West after World War I.

The “Great Return March” begun on March 30th wants to reject the "invitation" to silently die launched on the Palestinians by Israel and its democratic godfathers.

"We are determined to break the siege of Gaza, we will not leave, even if they kill us all."

"I want to live, but death is better than a life as a prisoner without future, like the one we are forced to suffer now."

These words, pronounced by two Palestinian fighters in an interview with the newspaper "Il Manifesto" dated 5th of April 2018, relate us the historical and political truth of current events.

This new chapter in the struggle of the Palestinian people

cannot find any help in the European countries and in the European Union.

 

Do not be misled by European Union’s protests about the "exaggerations" of Israeli repression and about Trump’s full support to Israel, also by moving the US Embassy from Tel Aviv to Jerusalem. No help will come from Italy and other European countries since they, together with the USA, have been and are the godparents of the birth of the State of Israel. No help will come from Italy and other European countries because they have been - and so are now - promoters of the "two States for two Peoples" policy, imposed to Palestinians by mean of the catastrophic Oslo agreement. The same policy that is leading to a slow extermination the Palestinian people forced to live in Bantustan-like areas controlled by Israel’s army.

 

The “Great Return March” can only find its allies among the exploited people of Middle East, in the first place among the workers and the oppressed people of Lebanon, Syria and Iran which, in these same weeks, are fighting against the claws that Israeli and Western war machine have put on their countries. Among the exploited people in the Middle East objectively interested in fighting alongside Palestinians there are also the Jews proletarians of Israel, in fact they have a great importance in the (for now) tiny cracks that Palestinians’ determination and Israeli’s restrictive social policies have caused to open in the traditional and unnatural compaction that exists between the Israeli ruling class and the exploited one.

 

The main obstacle in strengthening the fight of the Palestinians and in developing the class fraternization in the Middle East is the attitude of Italian, European and Western workers: it is their silence in the face of Israeli policy and Western and Israeli aggression to Syria; it is Western workers’ complicit illusion to be able to derive some advantage from Western and Israeli domination on the Palestinians and on the Middle East exploited masses; it is the difficulty to root even into a small minority of Western proletarians the intuition that the opposition to the policies promoted by the EU and the Italian government against the workers of "here" cannot be separated from the unconditional support to the untamed resistance of the disinherited proletarian masses of the Middle East!

16th February  2018

Che fare n.86 settembre 2018 - febbraio 2019

ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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