"Lotta Comunista" e lo sciopero dei ferrovieri francesi

LA "LOGICA" DEI NECROFORI

Che ha da dire "Lotta Comunista" a proposito dello sciopero dei ferrovieri francesi? Nel numero de febbraio '87 la "scienza leninista" parte ancora una volta in resta per seppellire i concreti insegnamenti politici di questa splendida lotta, così com'essa aveva fatto nei confronti del moto proletario polacco o dello sciopero protrattosi per oltre un anno dei minatori inglesi. Che si tratti di semplici cadaveri da cui sgombrare il campo (per mostrare quel che non si deve fare, e solo "Lotta Comunista" sa non fare così bene) è, per essa, scontato.

Ci troviamo nel ciclo della "ristrutturazione" capitalista, ci spiega l'articolista, ed è perciò "logico" che le lotte operaie siano "lotte di difesa, di ritirata (spesso disordinata)" ("Lotta Comunista" teorizza, infatti, la ritirata ordinata), con "limitata spinta salariate, accento posto in vece sugli aspetti normativi e, in taluni paesi o ve più a fondo era stata sviluppata la ristrutturazione (Germania), lotta per la riduzione dell'orario". Nulla di più, nulla di meno. Ricordiamo che anche di fronte alle prime avvisaglie del movimento polacco "Lotta Comunista" ammoniva che la Polonia si trovava in mezzo al suo ciclo di ristrutturazione e non assolutamente di crisi e, come s'è visto, i proletari polacchi si sono "disordinatamente" mossi in una... ritirata trade-unionistica che però –guarda caso!- ha evocato i carri armati. Nel caso inglese, infine, commentato a cadavere caldo, "Lotta Comunista" ha ancora una volta visto questa ritirata nel chiuso del trade-unionismo di categoria, e non si sa neppure bene se giustificato o meno di fronte alle "leggi bronzee" della "ristrutturazione" del "settore". I processi che questa lotta aveva cominciato ad esprimere per l'unificazione dell'intero proletariato britannico? I riflessi politici " tra tutti le classi, e tra tutte le classi e lo Staio", come ci pare insegni Lenin? Tutto ciò non entra nel conto già preconfezionato secondo gli schemi sopra considerati. Al massimo, "Lotta Comunista" ci ha assicurato che se ci fosse stato in Inghilterra il "partito leninista" esso avrebbe organizzato ordinatamente la ritirata: non ci permettiamo di dubitarne, ed anzi, a ragion veduta crediamo che quel tale partito, usurpando un nome di cui è mille volte indegno, avrebbe "sconsigliato" ad ingaggiare una lotta perdente in partenza nell'ambito della contrattazione trade-unionistica di categoria (orizzonte oltre il quale lo sguardo "leninista" non sa innalzarsi neppure quando ve lo dovrebbero forzare i fatti concreti della lotta nel suo corso).

E per i ferrovieri francesi? "Logica, e sindacalmente corretta, la reazione ad una misura (le paghe di merito, n.) che, puntando ad ottenere una maggior flessibilità nella forza lavoro manovrando sul salario, la divide ... ". Questo, perlomeno, sia concesso. Purtroppo "i sindacati non hanno saputo, e non hanno voluto, indirizzare la protesta degli cheminots, protesta che, se ben organizzata, avrebbe potuto avere certo esito diverso". Sul come e il perché dell'"assenza d'indirizzo" non una parola così come non una parola sul valore dell'organizzazione che i ferrovieri hanno voluto e saputo "ciononostante" darsi, con tutto quel che ne consegue sul piano non solo sindacale, ma, in termini molto più vasti, politico per la stessa prospettiva di lotta trade-unionista. "Lotta Comunista" si limita a registrare che gli cheminots sono stati lasciati orfani del legittimo genitore e che il padre latitante va rintracciato e rilegittimato al più presto, per evitare... sbandamenti.

Perché, sappiatelo, abbandonati a sé stessi i ferrovieri francesi potevano sì essere logici nella "reazione" alle misure governative, ma del tutto fuori senno in quanto a modalità della lotta: "Meno logica la scelta del periodo nel quale lanciare la lotta: il periodo di fine d'anno, nel quale il movimento ferroviario diventa in buona parte movimento di viaggiatori per turismo, mentre quello legato all'attività produttiva (spostamento di forza-lavoro, movimentazione della merce) è ridotto, a causa del periodo di ferie e di chiusura delle fabbriche". La possibilità di "ritirarsi ordinatamente" avrebbe quindi avuto bisogno solo di aspettare che il movimento-merci fosse meno ridotto per incidere "economicamente" sulla produzione, posto che il turismo, qui presentato come pressoché unico bersaglio della lotta dei ferrovieri, starebbe fuori dal computo economico borghese. Ma non solo. Il fatto di colpire i poveri turisti "ha rivoltato contro gli cheminots una forte campagna di stampa" che "trovava facile esca nel fatto obiettivo che erano resi difficili gli spostamenti turistici di fine anno: e così il vantaggio che s'è visto all'inizio - la grande risonanza che l'azione di sciopero può avere - si è tradotto in un boomerang sulla testa dei macchinisti". Insomma, come insegnano i bravi chef del sindacalismo nostrano, non si deve toccare l'utenza e meno che mai sotto vacanze (come ben sanno i ferrovieri italiani "autoregolamentati" per tale occasione, col beneplacito - si suppone - di "Lotta Comunista", interessata a scegliere bene il momento giusto per la ritirata, strictu sensu). Nessuna agitazione ferroviaria sotto festività, nessuna agitazione degli insegnanti sotto esami, nessuna agitazione degli ospedalieri finché c'è un'utenza che ne reclama i servizi... E perché mai nessuna agitazione nelle industrie portanti allorché l'utenza "patria" reclama più produzione, produttività, profitti per il bene di tutti? Anche in questo caso, lo sappiamo perfettamente, le "forti campagne di stampa" si scatenano tentando di rilanciare il boomerang sulla testa dei lavoratori trovando ottimo ascolto nella massa piccolo-borghese parassitaria. Soprattutto se queste lotte sono viste in un'ottica sindacale "propria", di categoria, slegata dai generali compiti di unità tra tutta la classe per convertire la "propria" ritirata in resistenza e preparazione all'offensiva contro il capitale e il suo armamentario politico di potere.

Ma per predisporsi a questo compito dubitiamo possano servire gli insegnamenti di una "Lotta Comunista" intesa a chiudere la lotta operaia nei rispettivi orticelli di categoria e sempre previo imprimatur delle legittime organizzazioni sindacali dissociando la lotta tradeunionistica da quella politica, cui essa è chiamata a trascrescere, e riservando il "politico" allo sviluppo della propria organizzazione "d'acciaio"fuori e contro il movimento reale della ripresa proletaria.

Coi grimaldelli di " Lotta Comunista" né gli operai polacchi né i minatori inglesi o i ferrovieri francesi si sarebbero mai aperta la strada verso la propria organizzazione di classe; ed è pertanto "logicissimo" che " Lotta Comunista" si affretti a seppellirne gli incomodi "cadaveri" gratificandoli dell'insegna infame di "battaglie perse" , laddove noi illusi ci ostiniamo a vedere il segno inequivocabile di un corso di ripresa che ha già capitalizzato per il proprio futuro le opportune lezioni.

A ciascuno i suoi morti. A noi, al proletariato, i vivi!