ChainWorkers, Lavorare nelle cattedrali del consumo

 

Chi sono i ChainWorkers?

Letteralmente i "lavoratori delle catene", i giovani in divisa, prevalentemente sotto i 25 anni, che lavorano part-time (anche se in realtà fanno orari da full-time), senza indennità di turno né di straordinario, presso le cattedrali del consumo: McDonald’s, Burger King, Pizza Hut, Spizzico, Auchan, Esselunga… In Italia, tanto per dire, il 47% dei 15 mila dipendenti della sola McDonald’s è assunto con contratti di formazione-lavoro, apprendistato, interinale o stagionale, per meglio imporre loro la combinazione di fordismo e toyotismo che scandisce il lavoro nei fast-food e riduce i dipendenti alla condizione delle "scimmie ammaestrate" (come denuncia un altro libro sul Macmondo appena tradotto, Fast Food Nation del giornalista statunitense E. Schlosser).

Lavorare nelle cattedrali del consumo è il primo libro scritto in Italia da un gruppo di ChainWorkers (Derive Approdi, Roma, 2001) che ha dato vita a un "servizio di news dei lavoratori delle catene". Un testo breve, semplice e battagliero che ha il pregio di saper parlare ai sempre più numerosi giovani italiani permatemp, quei giovani "lavoratori permanentemente temporanei anche se sono permanentemente a lavoro". Un testo che si propone, al pari del sito da loro stessi realizzato, di portare a conoscenza dei giovani sfruttati italiani le lotte sindacali dei ChainWorkers che già si stanno muovendo nel resto del mondo e che stentano a penetrare la barriera dei media italiani. Di raccontare come migliaia di ragazzi, di fronte ad un mercato del lavoro che li penalizza duramente, hanno cominciato a "prendere il loro destino in mano e con quieta determinazione (hanno) deciso di combattere contro i sottosalari e gli orari random a cui (sono) sottoposti da giga catene stra-biliardarie". Di riportare notizie di lotte e denunce contro "i loro sfruttatori innamorati della flessibilità", ad esempio quelle sulla vertenza partita nell’universo McDonald’s, prima negli Stati Uniti e due anni fa anche in Italia. Di far "sentire ai ragazzi che la loro condizione non sarebbe mai più stata invisibile". E di farlo "senza annoiare. Per far capire che il conflitto è duro, ma è anche divertente, liberatorio. Per far capire che la lotta è la roba più eccitante e adrenalinica che c’è in giro".

Insomma un testo da leggere, e al quale ci sia consentita una sola critica.

I giovani lavoratori costretti ai macjobs stanno scoprendo parallelamente sia il bisogno di organizzarsi sindacalmente sia la (a dir poco) reticenza del sindacato ufficiale, dei suoi militanti e dei lavoratori "più vecchi" (come vengono chiamati nel libro) ad appoggiarne le iniziative e le istanze. Attenzione però a mettere ogni erba nello stesso fascio. "Fare sindacato dal basso", realizzare quell’"ampio progetto di riappropriazione delle città, che smuova passioni e rivendicazioni di democrazia universale, minimi sociali uguali per tutti su tutto il pianeta" a cui aspirate, richiede e richiederà senz’altro, come voi già sentite, lo scontro con la linea politica e la struttura dei sindacati confederali, richiederà la ricostruzione attraverso l’iniziativa diretta dei lavoratori di un nuovo sindacato, finalmente autonomo dal capitalismo. Ma non si potrà arrivare a ciò se vi allontanerete (come talvolta ci sembra di vedere) dal resto dei lavoratori, da quelli che voi chiamiate "specie protetta" e che invece, in futuro, potranno assumere (a differenza delle loro attuali organizzazioni sindacali di riferimento) un altro orientamento, potranno dismettere l’atteggiamento di sufficienza con cui spesso guardano alle vostre difficoltà, alle vostre speranze e alla vostra rabbia.

Se questo accadrà o meno dipende anche da voi. Non separatevi dalle iniziative sindacali che comunque anche questi lavoratori "protetti" sono costretti a intraprendere contro un attacco capitalistico che non risparmia neanche loro. Discutete con essi. Battetevi per spingere ad unità le mobilitazioni e i bisogni degli uni e degli altri, per far emergere che si condivide, al fondo, uno stesso interesse di classe. E fate valere la comune necessità di porre le basi di una nuova organizzazione sindacale, di un nuovo movimento operaio.

Anche noi, come voi, siamo fiduciosi in un futuro di lotta dura e allo stesso tempo divertente e liberatoria: non potremo conquistarlo, però, se a tornare protagonista non sarà l’intero universo degli sfruttati!