Chiesa e banchieri,

etica e finanza

Ricordate il povero Calvi presidente del Banco Ambrosiano finito impiccato sotto un ponte a Londra? Era un uomo devotissimo. Del resto, prima di fallire, la sua banca era conosciuta come "quella dei preti".

Callisto Tanzi, imprenditore, anche lui è devotissimo della Chiesa apostolica e romana. Assiduo frequentatore degli alti prelati vaticani, finanziatore di opere pie, e di opere, diciamocelo, forse meno pie come i meeting di Comunione e Liberazione in cui a volte intratteneva la platea con discorsi del tipo "etica e impresa".

Anche il dottor Fazio, governatore della Banca d’Italia (carica istituzionale a vita, si badi, come quella del Papa), è cattolicissimo.

Il potente stato del Vaticano ha da sempre esercitato una forte influenza sul sistema bancario e finanziario italiano, al di là del suo proprio Istituto per le Opere Religiose, lo Ior del famigerato cardinale Marcinkus (ora felicemente in pensione negli Stati Uniti). I nomi stessi delle banche lo ricordavano: Banca Cattolica del Veneto (poi Ambrosiano ora Banca Intesa), Banco di Santo Spirito (ora Capitalia), Istituto San Paolo…

Tuttavia, vescovi, cardinali e quant’altro non possono esimersi dal loro compito pastorale, cioè predicare, predicare, predicare. Oggi dopo Cirio, Parmalat e via crollando la parola d’ordine è:"finanza etica". Come dice il cardinale Tettamanzi di Milano: "Non è l’uomo per la finanza, ma la finanza per l’uomo" e poi ancora, affiancando alla classica dottrina sociale della Chiesa col suo "giusto salario" e "giusto profitto" un "giusto tasso di interesse e giuste competenze bancarie".

Non sappiamo se gli apostoli ed i santi spiriti si siano rivoltati nelle tombe tirati in ballo col loro nome affibbiato a banche. Che siano i milioni di sinceri credenti a rivoltarsi! A chiedere conto ai potenti del Vaticano delle loro mani in pasta, dei loro intrallazzi, della loro connivenza con un capitalismo geneticamente drogato e criminale.