La combattente Mamalai

Nel corso della battaglia di Maiwand (seconda guerra britannica contro l’Afghanistan, 1879), la giovane Mamalai raccolse il vessillo lasciato cadere dal porta-bandiera, si lanciò contro il nemico, infuse col suo esempio nuovo vigore di lotta ai suoi compagni e insieme vinsero.

Oggi l’intrepida Mamalai è un’eroina nazionale e il suo nome è inciso su un obelisco a Jalai-Maiwand. Nella parte inferiore dell’obelisco si possono leggere le parole di una delle sue poesie: "Se tu, amore mio, non ti batterai fino alla morte per Maiwand, giuro che non ti sottrarrai alla vergogna!"

Che torni a vivere la gloriosa tradizione della giovane Mamalai!


 

Amanullah
il re amico delle donne e dei popoli dell’Afghanistan

I settori più avanzati della nobiltà e degli ufficiali, i ristretti nuclei di operai presenti nel paese (il cui primo sciopero è del 1915) furono incoraggiati dalla rivoluzione russa ad adoperarsi alfine di sollevare il paese dall’umiliante condizione in cui era scivolato a causa delle due aggressioni britanniche del 1839 e del 1879 e dei trattati semi-coloniali imposti dopo di esse da Londra. Alla loro testa si pose un esponente della famiglia reale, che assunse il potere nel febbraio 1919 dopo l’uccisione dell’emiro regnante: Amanullah.

Egli abolì la schiavitù, proclamò l’uguaglianza delle minoranze nazionali, abolì l’esazione di tasse sulla circolazione delle merci all’interno dei confini afghani (così da favorire la formazione di un unitario mercato nazionale), modernizzò l’esercito, colpì l’usura con cui i commercianti e i latifondisti taglieggiavano i contadini, bandì la poligamia, sciolse il proprio harem, abolì l’obbligo delle donne di portare il velo, concesse loro il diritto di scegliersi liberamente un marito, fissò l’età minima del matrimonio… e proclamò la volontà del paese di svincolarsi dalla tutela umiliante dell’impero britannico.

L’impero britannico salutò il risveglio dei popoli dell’Afghanistan con lo schieramento di 350mila soldati ai confini del paese e con l’embargo. Di fronte a questa azione strangolatoria, Amanullah accettò l’offerta di aiuto delle repubbliche sovietiche. Il che gli permise di portare avanti per un decennio l’esperimento innovatore. Fino al 1929, quando la contro-rivoluzione interna ed imperialista non gli tagliò le gambe per insediare la famiglia reale dei Mosaheban, quella che oggi viene presentata come la garanzia per la rinascita dell’Afghanistan.


 

Prima e dopo

Prima del 1978, "la posizione della donna in Afghanistan era quella di un oggetto. Le donne (e i bambini) tendevano ad essere trattate e considerate come proprietà e appendici dell’uomo." Il 98% di esse era analfabeta.

Kabul dopo il 1978, un corso di alfabetizzazione delle donneGrazie alla "rivoluzione" democratica del 1978 "un numero crescente di donne, soprattutto nelle aree urbane, cominciò a lavorare al di fuori dell’economia domestica in ruoli non tradizionali". Fu avviato un intenso programma di alfabetizzazione e di costruzione di asili nido e d’infanzia. Nel giro di qualche anno nella giovane repubblica dell’Afghanistan le donne arrivarono a costituire il 50% degli studenti, degli insegnanti e degli impiegati statali, e il 40% dei medici...

I dati sono tratti da un saggio del 1986 intitolato "Afghanistan, a Country Study". Indovinate chi lo ha pubblicato? Il Pentagono. La Casa Bianca sa bene quello che fa...


 

Nelle zone industriali d’esportazione, 
un lavoro dignitoso per le donne dell’Asia

"Si tratta per lo più di giovani donne assunte da appaltatori e subappaltatori di Corea, Taiwan o Hong Kong o Filippine o Pakistan e costrette a sostenere turni di lavoro interminabili (…) Gli appaltatori producono in genere merci commissionate da società statunitensi, inglesi, giapponesi, tedesche o canadesi. La direzione è di tipo militare, i supervisori sono spesso arroganti, i salari inferiori ai livelli di sussistenza e il lavoro monotono e poco specializzato. (…) Nelle zone di esportazione, le donne vengono spesso licenziate nelle zone di esportazione quando hanno circa venticinque anni, perché i supervisori sostengono che sono troppo vecchie e che le loro dita non sono più sufficientemente agili. In realtà questa è una prassi estremamente efficace per ridurre al minimo il numero delle madri iscritte nei libri paga della società. (…) Le dipendenti hanno talvolta contratti di ventotto giorni, il periodo medio di un ciclo mestruale, in modo da poter essere licenziate non appena la gravidanza venga scoperta. In una zona industriale di esportazione dello Sri Lanka, è stato segnalato il caso di una lavoratrice che ha affogato il figlio appena nato in un gabinetto per il terrore di perdere il lavoro."

(da N. Klein, No logo, Baldini&Castoldi, Milano, 2001)