L’Internazionale Comunista di Lenin 
e la lotta rivoluzionaria per la liberazione delle donne dell’Oriente

Settembre 1920.
A Baku si sta svolgendo il Congresso dei Popoli d’Oriente. 
Salgono alla tribuna le compagne Nadja e Bibinur...


L’intervento della compagna Nadja

Il movimento cui le donne dell’Oriente danno ora inizio, non deve essere considerato dal punto di vista di quelle femministe frivole per le quali il ruolo della donna nella vita pubblica deve essere quello di una pianta delicata o di un giocattolo elegante. Questo movimento deve essere considerato come una conseguenza importante e necessaria del movimento rivoluzionario generale che attualmente attraversa tutto il mondo. Le donne dell’Oriente non lottano solo per il diritto di uscire senza velo, come spesso si crede. Per la donna orientale, con il suo ideale morale così elevato, la questione del velo è di scarsissima importanza. Se le donne, che sono la metà dell’umanità, restano le avversarie degli uomini, se non hanno gli stessi diritti degli uomini, per la società sarà evidentemente impossibile progredire: lo stato di arretratezza della società orientale ne è la prova irrefutabile.

Compagni, siatene certi, tutti gli sforzi e tutto l’impegno che metterete per realizzare le nuove forme della vita sociale, tutte le vostre aspirazioni, per quanto sincere e vigorose esse siano, resteranno sterili se non farete appello alle donne perché diventino delle vere aiutanti nel vostro lavoro.

Nella specifica situazione venutasi a creare con la guerra, la donna turca ha dovuto abbandonare la casa e i suoi compiti domestici per svolgere diverse funzioni pubbliche. Ma il fatto che le donne turche abbiano svolto, durante la guerra, compiti riservati fino ad ora agli uomini chiamati a combattere e che in certe zone dell’Anatolia, in cui le strade sono impraticabili anche per le bestie da soma, le donne trasportassero sulle spalle i pezzi di artiglieria e le munizioni destinate alle truppe, non può naturalmente essere considerato un passo avanti nell’opera di conquista della eguaglianza politica e sociale da parte della donna. Non meritano neppure una parola, poi, quelli che sostengono che le donne, sostituendo le bestie da soma, hanno ottenuto una vittoria sociale. Noi non neghiamo che all’inizio della rivoluzione del 1908 vi siano state delle misure in favore della donna. Ma non è il caso di esagerarne l’importanza: esse sono chiaramente insufficienti rispetto allo scopo che ci siamo prefisso.

L’apertura nella capitale e in alcune città di qualche scuola primaria o superiore, e perfino la creazione di una università per le donne non costituiscono che la millesima parte di ciò che resta ancora da fare. Va da sé che il governo turco, la cui politica si basava sull’oppressione e lo sfruttamento del forte sul debole, non poteva decidere misure più radicali e più decisive in favore della donna, questa schiava dell’uomo.

Noi sappiamo che anche in Persia, a Bukhara, a Khiva, nel Turkestan, in India e negli altri paesi mussulmani la situazione delle nostre sorelle è ancora peggiore della nostra. Ma l’ingiustizia di cui noi e le nostre sorelle siamo vittime non resta impunita; lo testimonia lo stato di arretratezza e di decadenza di tutti i popoli d’Oriente. Sappiate, compagni, che il male che è stato fatto alle donne non è mai restato e non resterà mai impunito.

Dato che il congresso dei popoli d’Oriente volge al termine, sono obbligata, per mancanza di tempo, a rinunciare ad esporvi la situazione delle donne nei diversi paesi d’Oriente. Ma i compagni delegati, che hanno la grande missione di diffondere nei loro paesi i grandi principi della rivoluzione, non debbono dimenticare che tutti i loro sforzi per assicurare ai popoli la prosperità resteranno sterili senza un vero aiuto alle donne. Per mettere fine a tutti i mali, i comunisti credono necessario istituire una società senza classi, e a questo scopo dichiarano una guerra implacabile a tutti i borghesi e alle classi privilegiate. Le donne comuniste d’Oriente hanno una battaglia ancor più difficile, in aggiunta, che è quella contro il dispotismo dei loro uomini. Se voi uomini d’Oriente resterete, come in passato, indifferenti al destino della donna, siate sicuri che i nostri paesi andranno in rovina, e voi e noi rovineremo insieme con essi; per noi l’alternativa è intraprendere, assieme agli altri oppressi, una lotta a morte per la conquista dei nostri diritti.

Ecco, in sintesi, le principali rivendicazioni delle donne. Se voi volete la vostra emancipazione, prestate ascolto alle nostre rivendicazioni e dateci un aiuto e un sostegno efficaci:

  1. completa uguaglianza di diritti;

  2. diritto incondizionato per la donna a ricevere, allo stesso titolo dell’uomo, la stessa istruzione generale o professionale in tutte le scuole a ciò adibite;

  3. uguaglianza di diritti dell’uomo e della donna nel matrimonio; incondizionata abolizione della poligamia;

  4. incondizionata ammissione delle donne a tutti i pubblici impieghi e a tutte le istituzioni amministrative;

  5. organizzazione in tutte le città e i villaggi di comitati per i diritti e la protezione delle donne.

Tutto ciò è incontestabilmente un nostro diritto esigerlo. I comunisti, che hanno riconosciuto che noi abbiamo uguali diritti, che ci hanno teso la mano, avranno in noi donne le compagne più leali. Certo, è possibile che noi vaghiamo ancora nelle tenebre, che dobbiamo varcare ancora dei precipizi, ma non abbiamo paura, perché sappiamo che per arrivare all’alba è necessario attraversare la notte.


L’intervento della compagna Bibinur

Vi saluto, cari compagni, a nome delle operaie e proletarie, russe e mussulmane della città di Auliè-Ata.

Cari compagni, siete venuti qui, al Congresso dei popoli d’Oriente, per risolvere gli immensi problemi che avete davanti. Voi rappresentate la parte migliore dei lavoratori e delle masse oppresse. Tutte le nazionalità dell’Oriente oppresse e sfruttate senza pietà per secoli dallo zarismo e dagli imperialisti ripongono in voi, loro delegati, ogni speranza.

Noi donne d’Oriente, subiamo uno sfruttamento infinitamente più duro di quello degli uomini, e siamo meglio a conoscenza di tutti gli aspetti orribili della vita di queste recluse che sono le donne mussulmane d’Oriente.

Ma ora, cari compagni, vediamo finalmente un bel sole che ci riscalda con la sua carezza, come fa una mamma col bimbo nella culla; questo sole, il primo che abbiamo visto splendere, è il potere dei Soviet dei deputati operai, contadini e dokhanis.

Il potere sovietico è nostra madre e noi siamo i suoi figli. E l’anima di questo potere sovietico, che ci libera ed è l’avanguardia dei lavoratori del mondo intero, è il Partito Comunista Russo, è la valorosa Armata Rossa che, a prezzo del sangue degli operai nostri fratelli, ha conquistato la giustizia per gli oppressi. Anche noi dobbiamo lottare senza tregua e lavorare per l’emancipazione di tutti i popoli oppressi d’Oriente.

Noi donne ci risvegliamo dall’incubo dell’oppressione, scuotiamo il giogo che ci stringeva e ogni giorno ingrossiamo i vostri ranghi con il meglio delle nostre forze. Guardiamo avanti al vostro fruttuoso lavoro.