Missione umanitaria?

 

L’Iraq è in fiamme, ma stampa, tv e rappresentanti di governo vorrebbero farci credere che “i nostri ragazzi” a Nassiriya respirano tutta un’altra aria e che, salvo sporadici momenti di crisi presto superati con le buone maniere e la proverbiale diplomazia italiane, essi stanno lì a compiere le loro opere di bene, tra il plauso e l’accoglienza generali della popolazione. Il contingente italiano non ha invaso il paese, non è andato lì a fare la guerra, non fa parte delle truppe d’occupazione. Siamo lì per portare la pace, perché gli iracheni ce lo chiedono, per aiutarli a costruire la democrazia. La nostra è una missione umanitaria.

Niente di più falso. Ecco alcuni fatti che ci dicono che l’Italia partecipa a pieno titolo all’aggressione imperialista all’Iraq, senza risparmio di mezzi, e con piena partecipazione alle nefandezze in atto contro la popolazione che resiste. Le truppe italiane sono asserragliate fuori città a protezione della zona petrolifera d’interesse dell’Eni e da lì partono per le loro incursioni in una città e contro una popolazione ostili e pronte a ricacciarne indietro la presenza e la pretesa di controllo sul territorio.

 

 

 

 

A proposito di cecità della resistenza irachena!

 

 

La guerra non è ancora scoppiata, ma già si pensa ai pozzi iracheni… 

«Eni, si apre la via ai pozzi iracheni (...) il pieno sostegno del Governo Berlusconi alle posizioni degli Usa e della Gran Bretagna sulla guerra in Iraq (...)  potrebbe generare importanti ricadute economiche a favore dell’ENI (...) se la guerra si dovesse fare, si porrebbero le condizioni per l’ingresso del cane a sei zampe in territorio iracheno..» (Il Sole 24 Ore, 8 febbraio 2003). 

“Il 23 febbraio 2003, un mese prima dell'invasione, l'agenzia Ansa dà notizia dell'esistenza di un dossier circa gli affari italiani in Iraq. «L'Italia, che e' già presente con le iniziative dell'Eni ad Halfaya e Nassiriya, può giocare anch'essa un ruolo». Ecco cosa dice l'amministratore delegato dell'Eni, un mese dopo la caduta di Saddam. «L'amministratore delegato dell'Eni Vittorio Mincato ricorda agli azionisti come già nel passato il gruppo aveva messo gli occhi sull'area irachena di Nassiriya».  

Il 15 aprile 2003 il parlamento italiano autorizza la missione italiana in Iraq:
«I militari italiani presidieranno probabilmente il sud del Paese, a Bassora» (L’Arena, 23 aprile 2003).

«I soldati italiani verranno inviati a fine giugno nella zona di Bassora» (Corriere della Sera, 4 maggio 2003).

«Il Ministro della Difesa, Antonio Martino, conferma che gli uomini impiegati saranno 3000 e che l’area delle operazioni sarà quella di Bassora» (La Repubblica, 15 maggio 2003).

«L’ENI è molto interessata alla possibilità di entrare in Iraq (…) la situazione è in divenire, ma la seguiamo giorno per giorno». Parola di Vittorio Mincato, numero uno del gruppo, rispondendo alla domanda degli azionisti sull’interesse della società per il petrolio iracheno. (Adnkronos, 30 maggio 2003).

«I soldati italiani in Iraq hanno sostituito i marines del 25esimo Reggimento nella provincia di Dhi Qar, nel governatorato di Nassirya» (Istituto Affari Internazionali, 23 luglio 2003).

 

 

12 settembre 2004

 

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