ATESIA
        
        
        Quattro licenziamenti all'antica 
        
 
        
        
        
        Quattro licenziamenti, infine, ad 
        Atesia. E 800 «sospensioni dal servizio» per altrettanti 
        lavoratori del call center, invitati a «farsi risentire» a settembre 
        presso un numero telefonico che darà loro ragguagli su eventuali rimesse 
        al lavoro oppure no. Ma mentre per questi ultimi si può parlare 
        di decisione motivata da ragioni «commerciali» (gli 800 erano addetti 
        alla campagna «Tim out», attualmente finita), anche se il loro contratto 
        era ancora in corso, per i quattro licenziati si tratta invece 
        chiaramente di una ritorsione da parte dell'azienda. I quattro sono 
        infatti membri del «Collettivo precari Atesia», vicino ai Cobas, che 
        negli ultimi mesi hanno promosso scioperi - anche riusciti, con molto 
        seguito tra i lavoratori - contro l'attuazione dell'accordo firmato tra 
        azienda e sindacati confederali. In quell'accordo, infatti, non c'era 
        traccia della «stabilizzazione» richiesta da lavoratori che sono precari 
        in azienda ormai da anni, ma spuntavano invece «i contratti di 
        apprendistato e d'inserimento». Un'accettazione piena di quella «legge 
        30», che la stessa Cgil - in altre categorie, come i metalmeccanici o 
        gli alimentaristi - rifiuta e cerca di eliminare.
        
        Sull'opinione prevalente tra i lavoratori Atesia, insomma, non c'era 
        molto da discutere: lo sciopero «autorganizzato» andato peggio ha 
        ricevuto intorno al 50% di adesioni. Stupisce perciò il volantino 
        affisso ieri in bacheca da Nidil-Cgil, Cisl e Uil che parla di «alcuni `prezzolati' 
        da Atesia, infiltrati con lo scopo di creare caos e darle la scusa per 
        non trattare con le OO.SS». Una «voce» oltretutto attribuita a non 
        meglio specificati «collaboratori», nel peggior stile tardo-stalinista. 
        Tra i lavoratori licenziati e non, lo «stupore» è certamente minore, 
        visto che le polemiche tra organizzazioni sindacali in Atesia hanno 
        ormai una lunga storia. E certo non aiuta il «dialogo» il fatto che il 
        volantino sia comparso proprio la mattina che l'azienda provvedeva ai 
        licenziamenti dei quattro «avversari».
        
        I quattro, venerdì mattina, hanno promosso un'agitazione contro 
        gli 800 «allontanamenti», così come era avvenuto molte altre 
        volte. Trattandosi formalmente di «collaboratori» (una delle tante 
        ipocrisie che servono a mascherare la natura del rapporto di lavoro 
        precario), la sospensione del lavoro avviene tramite la «messa in pausa» 
        individuale. E in questo senso stavano sollecitando gli altri 
        lavoratori. La lettera di licenziamento immediatamente inviata ai 
        quattro «cattivi» non brilla davvero per chiarezza. «Ella è stata notata 
        dagli assistenti di sala (altra ipocrisia per «controllori») mentre 
        disturbava i suoi colleghi» e «li esortava ripetutamente a sospendere 
        l'attività lavorativa per partecipare a un'assemblea non autorizzata». 
        Chiunque abbia la minima esperienza di lavoro sindacale sa che questa è 
        l'assoluta normalità. Misure come il licenziamento, per fatti del genere, 
        venivano prese dai «padroni delle ferriere» all'alba del movimento 
        operaio. E in posti come Atesia sembra proprio che lì si sia tornati.