NO TAV: ESTENDERE IL FRONTE DI LOTTA

 

La lotta popolare anti-tav (come avviene in ogni vera lotta in difesa delle condizioni di esistenza dei lavoratori e della “gente”) ha costretto i “poteri forti” capitalistici che stanno dietro il progetto dell’Alta Velocità ad iniziare a scoprire le loro carte. Ha costretto le forze politiche a prendere posizione. Ha suscitato attenzione e simpatia tra i lavoratori, ben oltre Torino e il Piemonte. È bene ragionare su questo insieme di cose, per vedere come andare avanti e mettere a frutto la forza espressa dalla mobilitazione dei lavoratori e della popolazione della val di Susa. 

Promesse e realtà

È ormai quasi un trentennio che in val di Susa (al pari di quanto avviene nel resto dell’Italia e in buona parte dell’Europa Occidentale) si sta assistendo ad una progressiva de-industrializzazione, accompagnata dalla delocalizzazione delle imprese e ad un conseguente impoverimento generale. A tal proposito, si sono sprecati dotti convegni con “specialisti” ed “esperti” alla ricerca di “disinteressate” iniziative per il “benessere comune”. Ed ecco che dal cilindro di tali signori sono uscite le ricette che dovrebbero assicurare il rilancio della Valle verso un futuro di prosperità fatto di tanti nuovi posti di lavoro e benessere per tutti: Tav  e Olimpiadi 2006!

Valanghe di promesse su un futuro radioso, accompagnate dalla realtà di uno tsunami di cemento, asfalto, acciaio e bitume, più altre deliziose cosucce per il “bene e la salute” dei valligiani (amianto, uranio…). Valanghe di chiacchiere sul rilancio occupazionale accompagnate da un proliferare di cantieri con imprese sub-sub-sub-appaltate a condizioni lavorative in continuo ribasso (spesso in nero, va da sé), con morti sul lavoro di cui nessuno dei mass-media democratici tanto occupati a “magnificare le prodezze della modernità” scrive (o, al più, a cui dedica un micro-spazio, facile da dimenticare). Valanghe di bugie sulla valorizzazione della zona accompagnate dal concreto e progressivo deturpamento e sventramento ambientale della Val di Susa.

Un progetto che colpisce tutti i lavoratori dell’Europa

Ma questo è solo un aspetto della “prosperità” che sarebbe portata dal progetto Tav.

Esso infatti persegue una finalità più generale, che colpisce non solo i lavoratori e la gente e l'ambiente della val di Susa, ma tutti i lavoratori dell’Italia e dell’Europa (per non andare oltre). La galleria per la linea Lione-Torino non serve solo e non serve tanto a rimpinguare le tasche di alcuni monopoli capitalistici in difficoltà a spese dei lavoratori impiegati da essi (in condizioni precarie, a salari ridotti, ecc.) e a spese delle tasche di tutti gli altri lavoratori chiamati dalla “mano finanziaria” dello stato a fornire i soldi per il progetto. La Tav serve ai padroni e al capitale finanziario europei per far circolare più rapidamente le merci tra l’Est e l’Ovest dell’Europa e per incrementare lo sfruttamento dei lavoratori, di tutti i lavoratori, a scala continentale. Un calcolo dietrologico? Guardiamo i fatti e prendiamo sul serio le motivazioni date alla Tav da “lor signori”.

Da anni le imprese dell’Europa occidentale stanno trasferendo i loro impianti all’Est dove i diritti e i salari dei lavoratori sono poco più di zero. L’alta velocità serve (tra le altre cose) a favorire e rendere più efficiente questo processo, serve per permettere al padronato di organizzare una fabbrica con reparti rapidamente collegati tra loro sparsi per il continente e localizzati laddove riescono ad imporre condizioni di sfruttamento peggiori per i lavoratori. Il fortissimo interesse per la realizzazione del “corridoio 5” deriva proprio dal fatto che tramite esso il padronato potrà meglio mettere le mani su quell’enorme serbatoio di  forza lavoro a bassissimo costo e ad alta professionalità che si trova ad Est e, tramite ciò, ricattare con ancor più forza i lavoratori della parte occidentale del “vecchio continente”. Il progetto Tav non è separato dalla posizione della Federmeccanica sul contratto dei metalmeccanici, dal rifiuto di accettare il recupero salariale e dalla richiesta padronale di più flessibilità per una manciata di euro in più. Il progetto Tav in Europa (di cui il “corridoio 5” è solo un tassello) serve per serrare i tempi della circolazione delle merci (e delle persone), per serrare i tempi del lavoro nelle fabbriche e i tempi delle relazioni umane già così forsennati e disumani. A trarne vantaggio sono solo i dirigenti delle industrie, i finanzieri, i rappresentanti politici dei loro interessi, la classe dei capitalisti.

I nemici e gli alleati della lotta anti-Tav

È evidente il movimento di lotta anti-tav non può contare sui ministri Lunardi, Pisanu, sull’attuale governo di centro-destra e su tutti coloro che hanno le mani in pasta in questo colossale affare. È evidente che costoro sono altrettanti nemici del movimento di lotta. Ma non sono da meno i dirigenti dell’“opposizione di sinistra”. Più si avvicinano le elezioni e più Prodi ed i suoi alleati tendono a precisare quale sarà il loro programma di governo: ridare competitività al “sistema Italia” e perpetuare nella sostanza tutte le misure sociali (con forse qualche limature delle punte più estreme) introdotte da Berlusconi. Come potrebbe mai un simile governo tanto attento alle “necessità delle imprese” venire realmente incontro agli abitanti della Val di Susa? o mettere da parte il progetto Tav?

Né alcun aiuto potrà venire dai cosiddetti “tavoli di concertazione” tra autorità centrali e rappresentanti delle istituzioni locali. Qui non si tratta di discutere dell’onestà e della sincerità di questo o di quel sindaco. Ma di comprendere come simili “tavoli” sono per lo più “laboratori di chiacchiere” utili solo ad afflosciare la mobilitazione e a circoscriverla nell’ambito della Valle. Invece la questione Tav non è solo della Valle e, proprio per questo, non può essere risolta e battuta restando recintati nella zona. C’è un apparato economico mondiale che spinge a realizzare questo progetto, c’è un apparato istituzionale continentale che ne protegge la realizzazione. Come si può pensare di opporvisi con le sole forze, pur mobilitate così efficacemente e largamente, della val di Susa?

Per “tenere” e poter vincere è necessario rifiutare ogni scambio a perdere, ogni proposta di “monetizzazione” della salute e dello scempio ambientale ed ogni ipotesi di “tregua olimpica”. Ma, soprattutto, per il movimento di lotta è di vitale importanza iniziare a rivolgersi con tenacia ai suoi alleati che sono da ricercare solo ed esclusivamente tra i lavoratori, in Italia e Europa e nel resto del mondo. Tra quanti, cioè, ogni giorno ed in svariati modi subiscono, anche se in modo ancora molto differenziato a seconda dei continenti, i danni ed i guasti causati dagli stessi interessi capitalistici e dallo stesso sistema sociale che vogliono l’alta velocità.

La presenza dei delegati della Fiom nella lotta della valle è una leva per proiettarsi in questa direzione e va messa a frutto come si deve. Sia verso le altre regioni del territorio italiano. Che verso gli altri paesi europei, anche quelli dell’Est. Qui nei mesi scorsi ci sono stati scioperi in alcune stabilimenti di marchi automobilistici occidentali per strappare aumenti salariali: anche queste lotte e i lavoratori di questi paesi, all’altro terminale del “corridoio 5”, sono gli alleati del movimento anti-tav. Così come vanno messi a frutto i messaggi di solidarietà arrivati da altri settori in lotta, ad esempio da Scansano Ionico e dalla Francia, per costruire un fronte di lotta organizzato e ampio contro l’intera politica di attacco del capitale e dei governi europei ai lavoratori e alla “gente comune”. E di questo fronte di lotta da costruire fanno parte anche i popoli e gli sfruttati che in Iraq e nel Sud del mondo si stanno battendo contro le stesse imprese e gli stessi apparati statali che vogliono la Tav in val di Susa, contro le loro politiche di rapina, imposte “là” con mezzi ben diversi dai “tavoli di concertazione”.

Ecco i trafori di cui abbiamo bisogno! Quelli che fanno cadere le “montagne” erette dal mercato capitalistico e dalle politiche degli stati occidentali tra i lavoratori dei diversi paesi e continenti. Ecco l’alta velocità di cui abbiamo bisogno! Quella che fa marciare la mobilitazione, l’organizzazione e l’unificazione degli sfruttati sull’unico terreno che permette la difesa dei loro interessi: lo scontro di classe aperto! Ecco l’iniziativa che il governo vuole intimidire con la combinazione di manganelli e tavoli di concertazione.

Un programma e un’organizzazione di classe!

Allargare il fronte di lotta è, quindi, fondamentale, e questo richiede, a sua volta, anche un altro passo.

Negli ultimi anni ci si è mobilitati spesso, anche in massa, contro le misure del governo e del padronato. Nonostante ciò, i nostri nemici hanno tirato dritto per la loro strada ed hanno quasi sempre ottenuto ciò che volevano. Si pensi agli scioperi e alle manifestazioni contro il pacchetto sul mercato del lavoro del ministro leghista Maroni o alle mobilitazioni contro la guerra d’aggressione all’Iraq, guerra in fin dei conti provocata dagli stessi “interessi forti” che stanno dietro l’alta velocità e che sta scaricando sui popoli mediorientali (senza riuscirli a piegare) una quantità di violenza e devastazione enorme ed esponenzialmente crescente.

Questo è potuto succedere anche perché come lavoratori non siamo stati capaci di esprimere una nostra politica indipendente, un nostro programma ed una nostra organizzazione che di ciò si facesse carico. Anche la lotta della val di Susa ci dice quanto sia urgente che  lavoratori più attivi e più lungimiranti inizino a riflettere sulla necessità di dotarci di una nostra politica ed organizzazione di classe che alle ragioni del profitto e del mercato sappia contrapporre nella lotta le ragioni di chi vive del proprio lavoro, nella prospettiva di una nuova organizzazione sociale nella quale le conquiste della scienza e della tecnica siano utilizzate e sviluppate non per le esigenze del profitto, per l’incremento dello sfruttamento, per la disumanizzazione della vita sociale e la distruzione della natura, ma per i bisogni dell’intera collettività umana lavoratrice.

 

15 dicembre 2005



 

 


Organizzazione Comunista Internazionalista