Battere Berlusconi, certo!

Ma possiamo consegnare

le nostre aspettative di cambiamento nelle mani di Prodi?

 

Cominciamo con l’ovvio.

Noi comunisti del Che fare siamo con quanti vogliono liberarsi di Berlusconi.

Con gli operai e i lavoratori "fissi" che hanno visto il binomio governo-Confindustria attaccare su tutti i fronti: articolo 18, pensioni, salari, orari, flessibilità, contratti nazionali, ecc.

Con i lavoratori precari che con la legge 30 e con altre misure hanno visto ridursi ancor più al lumicino le speranze di poter un giorno accedere ad un’occupazione "stabile e sicura".

Con quanti hanno manifestato in questi anni contro la guerra e sentono la necessità di opporsi alle politiche guerrafondaie dell’Italia e dell’Occidente, che hanno avuto in Berlusconi uno dei loro più attivi sostenitori.

Con gli immigrati che sono stati tra i più colpiti da questo esecutivo attraverso la Bossi-Fini e una serie di norme e di prassi tese a criminalizzare e precarizzare al massimo grado l’esistenza di questi lavoratori che, sebbene non votino, fanno egualmente sentire al resto del mondo del lavoro la propria ostilità al governo in carica.

Con i settori femminili che hanno intuito come l’opera di governo del centrodestra (legge 40 sulla procreazione assistita, attacco alla 194, tagli alla spesa sociale, ecc.) mirasse a risospingere la donna in una posizione sempre più subalterna e priva di tutele, tanto nel mercato del lavoro quanto entro le mura domestiche.

Siamo, insomma, con la massa di quanti in questi anni hanno pagato direttamente e duramente le conseguenze dell’azione del governo del Polo e vogliono perciò, com’è giusto, rispedirlo a casa.

Nei cinque anni del governo Berlusconi le condizioni di esistenza della gran parte dei lavoratori sono, sotto ogni aspetto, peggiorate. Sia per i provvedimenti presi dal governo, sia per la copertura che esso ha dato (anche con l’"opportuno" intervento delle forze dell’ordine) alle decisioni del padronato e delle direzioni aziendali. Ciò che ha permesso di arginare in qualche modo questo fuoco di fila è stata solo ed esclusivamente la mobilitazione dei lavoratori e della "gente comune", con la sua spina dorsale costituita dalle lotte messe in campo dal proletariato industriale.

È un fatto, però, che queste iniziative di lotta e di mobilitazione non sono riuscite ad abbattere in piazza il governo del Cavaliere, e non sono riuscite neppure a incidere in modo sensibile sulla situazione politica: e senza un tale risultato, pure la limitazione dei danni conseguita nell’immediato è destinata ad essere rimessa in forse. Anche per questo motivo molti dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno preso parte alle mobilitazioni anti-Berlusconi avvertono l’esigenza di dare ad esse uno sbocco sul piano politico generale, sul piano del "potere politico", e credono di poterlo fare nelle prossime elezioni con l’affermazione elettorale del centro-sinistra e la formazione di un nuovo governo Prodi.

Un’analoga esigenza è presente anche in quanti si sono mossi negli anni passati (un po’ meno, per la verità, nei tempi più recenti) con il movimento no war, o in quanti si sono dati da fare per contrastare "singoli" aspetti della azione del governo uscente, dalla Bossi-Fini alle riforme Moratti, dalla Tav all’attacco alla 194.

Questa esigenza di voler pesare di più sulla "scena politica", nelle decisioni sia di politica interna che di politica internazionale che riguardano la vita e le prospettive di chi lavora, è sana e condivisibile. E per quel po’ che possiamo, abbiamo cercato di darle forza nelle iniziative di lotta di questi anni. Il problema da esaminare è "solo" come si può realmente conseguire un simile risultato, come si può mettere in atto una difesa coerente degli interessi proletari. Puntando sulla vittoria elettorale dell’Unione, e delegando ad essa il soddisfacimento delle proprie attese? puntando su una collaborazione coi "poteri forti" (Confindustria e dintorni) che sponsorizzano il ridimensionamento e la sconfitta elettorale di Berlusconi? o puntando invece in modo ben più determinato di quanto si è fatto finora, sulla lotta, sull’organizzazione, sullo scontro politico e sociale con le classi sfruttatrici, su una politica che sia realmente alternativa a Berlusconi e al berlusconismo?

In questo "speciale" dedicato alle elezioni del 9 aprile cerchiamo di spiegare cosa ci si può aspettare realisticamente da un ipotetico governo Prodi, e perché esso non si comporterà verso i lavoratori come un "governo amico", né agirà a favore della "pace con giustizia" – ciò che del resto inizia ad avvertire un certo numero di compagni e di votanti per il centro-sinistra. Spieghiamo poi che una vera alternativa al corso politico degli ultimi decenni è possibile, ma solo sulla base di una rigorosa autonomia politico-programmatica dagli imperativi del mercato, e del rilancio immediato della mobilitazione di massa, le sole "armi" che possono consentirci di condizionare dalla piazza i governi a venire, dichiaratamente nemici o falsi amici che siano, e di preparare l’avvento di un nostro governo, di un potere finalmente nostro.

Sommario

Cosa promette Prodi, e cosa possiamo aspettarci realisticamente dal suo governo (pp. 2-3)

Da che parte sta la Confindustria? Banale: dalla parte dei padroni (p. 3)

Un'alternativa di classe è possibile, ma va perseguita da subito e in modo coerente (pp. 4-5)

Promemoria. Dagli "assaggi" dei governi di centro-sinistra del 1996-2001 agli affondi del Berlusconi 2001-2006 (p. 6)

Lettera. Un militante di Rifondazione e la crisi del suo partito (p. 6)

 


 

 


Organizzazione Comunista Internazionalista