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4.12.2007

Dodici tesi su capitalismo e criminalità, oggi.

Ovvero: perché i governi borghesi non possono, né potranno mai fare

alcuna seria lotta contro la grande criminalità organizzata,

e cercano di concentrare l’attenzione sulle piccole “illegalità”.

 

  1. All’alba del ventunesimo secolo, in piena epoca di capitalismo imperialista globalizzato, la criminalità è essenzialmente criminalità organizzata.

 

  1. La criminalità organizzata costituisce, con l’insieme delle proprie attività (traffico di droghe, di armi, di persone, di organi, produzione in nero di merci contraffatte, pornografia, prostituzione, “pedofilia”, riciclaggio, ricettazione, estorsioni, usura illegale, racket di rifiuti tossici, doping sportivo, etc.), la prima industria capitalistica del pianeta, un vero e proprio pilastro del capitalismo mondiale.

 

  1. Questa industria ha la sua massima corposità, il suo massimo peso ed i suoi centri direttivi in Occidente, nei paesi ricchi e dominanti del Nord, non in quelli poveri dominati e controllati del Sud.

 

  1. Le attività dell’industria della criminalità organizzata non sono un’“anti-economia”. Sono, al contrario, parte integrante delle “economie nazionali” e dell’economia mondiale, in specie della finanza mondiale, di cui le organizzazioni criminali sono un socio in affari di primissimo ordine.

 

  1. Le organizzazioni criminali sono essenzialmente imprese capitalistiche, in quanto il loro fine primo ed ultimo è quello della accumulazione di capitali.

 

  1. La criminalità organizzata, l’industria e la finanza che fanno capo ad essa sono fenomeni universali. Non hanno nulla di “etnico”, sono “piante di ogni clima”. Nate in Occidente, si espandono ovunque se ne creino le condizioni favorevoli, sia per mezzo del processo di de-localizzazione, sia per impulso accumulativo “locale”.

 

  1. Le organizzazioni criminali non sono un “anti-stato” che minaccia gli stati esistenti, sono invece intrecciate con lo stato, con gli stati capitalistici, dall’alto in basso, dal basso in alto, in modo tale da essere da loro inseparabili. Il che non toglie, ovviamente, che possano esserci, e vi sono, conflitti parziali con altri rami del capitale o con questa o quella politica governativa.

 

  1. Le imprese criminali sono imprese ad altissimo tasso di profitto. Esse costituiscono nel loro insieme una vera e propria controtendenza alla caduta del saggio di profitto, in quanto imprese specializzate in attività altissimamente remunerative. Ciò spiega anche perché la concorrenza tra loro sia, di solito, così acuta.

 

  1. Le imprese criminali costituiscono un fenomeno profondamente radicato nel tessuto sociale delle società capitalistiche “avanzate”, in quanto sono imprese specializzate nel dare risposte devianti ai bisogni insoddisfatti dall’economia e dalla società “ufficiale” (leggi: bisogno di droga, di prostituzione, di violenza sui minori, di doping sportivo, etc., ma anche il crescente bisogno di produzione low cost, a cui risponde l’attività in grande espansione di  produzione di merci contraffatte).

 

  1. La microcriminalità costituisce, nella maggior parte dei casi (v. spaccio di droga), una propaggine visibile della macrocriminalità, che “ama” invece, per necessità, la segretezza. Quando non lo è in modo immediato, ha la sua causa prima nella crescita della povertà e dell’emarginazione, all’interno delle quali, comunque, le organizzazioni criminali cercano la propria manovalanza.

 

  1. Da tutto ciò deriva che nessuna seria lotta per sradicare la criminalità organizzata può essere condotta né dall’economia di mercato, né dagli stati e dai governi capitalistici. Il pugno di ferro contro la “criminalità” di strada serve anche a coprire questa scomoda verità. Anche lo sradicamento della micro-criminalità è, per questi stati, impossibile poiché non sono in grado di estirpare né la povertà né la marginalità, che al contrario dilagano in molti paesi del Sud del mondo e sono in crescita anche nel Nord.

 

  1. La sola forza che potrà realizzare questo doppio sradicamento è quella dei proletari e degli sfruttati del Nord e del Sud del mondo, autoctoni e immigrati, organizzati e decisi insieme a dare una formidabile “ripulita” alle proprie società, “ripulendo” in questa lotta per la vita e la morte contro il capitalismo anche sé stessi. 

4.12.2007

    ORGANIZZAZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALISTA


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