AI LAVORATORI DELLA ZASTAVA E DI TUTTA LA JUGOSLAVIA


 

Cari compagni,

con molto dispiacere abbiamo appreso che il previsto incontro del 10 giugno è stato rinviato a causa delle difficoltà insorte, cui fate riferimento nel vostro comunicato.

Approfittiamo dell’occasione per trasmettervi il testo che avremmo voluto comunicarvi nel corso del meeting, e che noi, al pari vostro, consideriamo una scadenza estremamente importante.

Mai come in questa fase sono evidenti i segnali di preparazione, da parte degli stati imperialisti, di una nuova offensiva tesa a completare l’opera di disgregazione e di aggressione avviata negli anni scorsi.

Si fa quindi sempre più urgente la necessità di un’azione internazionalista per mettere fine alle manovre delle potenze occidentali che puntano a proseguire l’attacco nei confronti del popolo serbo e degli altri popoli della ex-Jugoslavia.

Noi speriamo che le risposte evasive, quando non apertamente ricattatorie, ricevute dai rappresentanti dei sindacati istituzionali italiani ed europei, non abbiano su di voi un effetto paralizzante nel proporre una risposta internazionale ed internazionalista all’aggressione e alla rapina imperialista. La strada da voi perseguita fino ad ora con determinazione, della ricerca di contatti e del confronto con i lavoratori delle potenze occidentali, rimane un percorso valido da seguire per contrastare efficacemente le mire imperialiste.

Vi sollecitiamo quindi a rilanciare proposte di iniziative comuni di lotta contro le manovre occidentali ed i preparativi di nuovi attacchi. Da parte nostra ci impegniamo a sostenere, nei limiti delle nostre forze, tali iniziative e a continuare l’opera di informazione e di denuncia nei confronti dei lavoratori italiani della politica seguita dal governo e dai capitalisti italiani.

Un abbraccio caloroso dai compagni del che fare.

 


Cari compagni,

come militanti comunisti internazionalisti in campo sindacale e politico siamo particolarmente fieri e commossi di potervi incontrare di nuovo e partecipare a questa iniziativa.

Noi consideriamo di straordinaria importanza il fatto che proprio qui, in Jugoslavia, e ad opera vostra – della punta avanzata della classe operaia jugoslava -, si chiamino ad incontrarsi i rappresentanti del proletariato di quest’area del mondo per riflettere sulle proprie condizioni complessive oggi e sui mezzi per difendere complessivamente i propri interessi.

Non potremo mai dimenticare, infatti, come la "vecchia" Jugoslavia sia stata il teatro designato dall’imperialismo prima per promuoverne lo smembramento e la guerra cosiddetta interna con la complicità delle micro-borghesie locali ad esso svendutesi e poi, nel territorio così ristretto alla sola Jugoslavia attuale per portare un attacco diretto contro questo paese, la sua popolazione e, noi riteniamo, la sua classe operaia in primo luogo con la scusa, particolarmente odiosa in bocca a degli autentici macellai, di volervi riportare una violata "democrazia multietnica" – di cui oggi abbiamo la dimostrazione in atto di quel che concretamente significa -. Né possiamo dimenticare che gli orrori consumatisi con la guerra di un anno fa non si sono conclusi, ma continua invece sistematica l’opera di intervento imperialista qui da voi e in tutta la regione balcanica.

Di fronte a questo attacco mostruoso la classe operaia jugoslava, anche se non è riuscita a imporre a tempo e in maniera debita, la propria soluzione dei problemi sul tappeto, non si è mai fatta protagonista in prima persona dell’opera di smantellamento prima della "vecchia" Jugoslavia né, poi, e tanto meno! di alcun appoggio all’operazione delle cancellerie e degli arsenali imperialisti occidentali per promuovere una trasformazione della politica interna ad uso e consumo degli aspiranti padroni assoluti della regione.

Oggi, in particolare, la classe operaia jugoslava, anche con questa iniziativa, ribadisce che la soluzione dei problemi non sta né, ovviamente, nel mettersi a servizio dell’occidente né nel rinchiudersi nel proprio angusto spazio statuale alla coda del "proprio" governo e della sua politica, ma nello sforzo di riannodare i legami tra tutte le parti divise del proprio esercito mondiale di classe, a cominciare dallo sforzo di ricostruire un’unità d’intenti e di organizzazione tra quelle dell’area della "vecchia" Jugoslavia che, noi crediamo, potrà e dovrà rinascere come Jugoslavia dei lavoratori, Jugoslavia socialista in un’Europa ed in un mondo socialisti.

Voi avete mostrato di comprendere una cosa non facile, ma vitale: che il nemico non è il vostro vicino fratello operaio croato, albanese, kossovaro o altro, e non lo è neppure quello italiano, francese, inglese, tedesco od americano, anche quando costoro sono stati schierati contro di voi e non hanno saputo reagire o si sono mostrati indifferenti oppure persino, come nel caso del paese da cui veniamo, sordi e indirettamente complici dell’attacco che vi veniva portato. Il problema fondamentale è che, in determinate occasioni, singoli settori od anche parti fondamentali del proletariato possono dimostrarsi arretrate od anche qualcosa di peggio, ma in nessun caso il proletariato può storicamente avere, in qualsivoglia sua parte, degli interessi di classe suoi che lo oppongano alle restanti altre sue parti, mentre l’insieme dei suoi interessi storicamente lo oppone in un sol blocco al blocco unitario del capitalismo. Se voi siete stati, infatti, posti direttamente nel mirino dell’imperialismo, l’attacco imperialista non è solo contro di voi, ma contro l’insieme del proletariato della regione e mondiale, contro la sua unità, contro la sua autonomia ed il suo antagonismo di interessi di cui voi vi trovate ad essere l’anello fondamentale. Questo insieme, questa unità, questa autonomia e questo antagonismo sono stati (non da oggi) spezzati e noi dobbiamo sforzarci di ricostruire.

E’ quello che anche noi, nella misura delle nostre deboli forze, ci sforziamo di mostrare nel nostro paese, che è stato e rimane uno di quelli che vi ha massacrati e cerca di togliervi la pelle, per dire al proletariato italiano: non credete alle menzogne della vostra borghesia assassina o non pensate che la sorte dei vostri fratelli jugoslavi non vi riguardi: ogni strappo dei legami all’interno della classe operaia si traduce in un peggioramento delle sue condizioni per l’insieme di essa e non solo alla periferia, ma nel cuore stesso delle metropoli; non c’è alcun scudo imperialista dietro il quale noi possiamo ripararci e lucrare, ma è proprio questo scudo che qui, riallacciando l’unità internazionale delle nostre forze, dobbiamo colpire e spezzare. I proletari di tutto l’Este Europa "liberati" dall’imperialismo, così come quelli di ogni altra parte del mondo, dall’Africa all’America Latina che hanno goduto di un’analoga sorte, hanno immediatamente sperimentato un peggioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita, ma questo peggioramento non si è fermato lì: è penetrato nelle stesse metropoli, nel cuore stesso dei centri "affluenti" straripanti di sovrapprofitti e si è tradotto in un analogo (anche se "differenziale") peggioramento destinato tendenzialmente ad aggravarsi. L’imperialismo a mano libera significa per tutti noi mani legate, sfruttamento e miseria e poi guerre (tra noi stessi, se non sapremo fermarle) per gli interessi del capitale.

Questa è la realtà della "globalizzazione" capitalista. Una realtà che nasce dallo sviluppo stesso del sistema sociale ed economico capitalista e da cui, noi diciamo, non si potrà tornare comunque indietro rimanendo all’interno di questo stesso sistema, ma unicamente contrapponendosi ad esso e sovvertendolo attraverso la nostra azione unitaria di classe.

Due anni fa, proprio in Italia, si erano trovati assieme degli esponenti dei sindacati jugoslavi di tutte le nazionalità e stati della "vecchia" Jugoslavia e proprio da uno di essi abbiamo udito su questo tema delle parole che corrispondono pienamente a ciò che noi sentiamo e diciamo e vogliamo ripeterle qui perché più attuali che mai. Quel compagno diceva:

"Il lavoro unisce o divide? La risposta comune è: unisce, se i lavoratori sono organizzati e riescono a controllare i lavori, se i loro sindacati si internazionalizzano come sta facendo il capitale e si rendono autonomi dai padroni, dai governi e dai partiti (del capitale). Altrimenti, se il processo di globalizzazione viene subito passivamente, il lavoro si trasforma in uno straordinario strumento di divisione: tra chi ce l’ha e chi non ce l’ha, tra chi ha più diritti, tra chi ne ha meno e chi non ne ha. Il capitale è mobile, parla ovunque la stessa lingua senza problemi etnici, viaggia senza lacci e approda nei lidi più favorevoli, dove ci sono mercati di lavoro da occupare o forza lavoro da comprare al prezzo più basso. Senza controllo, senza regole e senza conflitto di classe ogni territorio vergine conquistato verrà utilizzato contro altri territori… Parlare di solidarietà internazionale rischia di restare solo una bella parola d’ordine se non si interviene in un processo che, a diversi livelli, ci coinvolge tutti".

Diceva ancora quel compagno: "noi abbiamo invocato dai proletari d’Occidente questa solidarietà e non l’abbiamo avuta (o ne abbiamo avuto solo delle briciole)". E’, purtroppo, vero e, a due anni, di distanza, ne possiamo misurare tutte le conseguenze, in Jugoslavia devastata dalla guerra e sempre nel mirino dell’imperialismo, nei Balcani, ma anche, a diversi livelli, qui da noi. Siamo tuttora in ritardo, ma proprio per questo dobbiamo affrettare il passo, intensificare i nostri sforzi in questa direzione anche perché, senza voler mai e comunque mistificare la realtà, abbiamo già sotto gli occhi dei primi segni di una reazione della nostra classe nel senso giusto. Manifestazioni antimperialiste a favore della Jugoslavia si sono avute e si hanno un po’ in tutto il mondo, dall’Est Europa a voi vicino sino alle piazze degli Stati Uniti e, in queste manifestazioni, cresce la coscienza che battersi per la dignità e la vita delle popolazioni jugoslave non significa battersi per un lontano, per un estraneo, ma significa difendere, insieme, la propria dignità e la propria vita presente e futura. Ad un capitale che non ha confini e parla una sola lingua rispondiamo allo stesso modo. Dallo sviluppo di questo movimento ci aspettiamo il migliore ed il solo aiuto reale che vi spetta: nessun altro al di fuori di ciò potrà tendervi una mano; meno che mai "l’amicizia" di qualche stato occidentale interessato magari ad "aprire" alla Jugoslavia per trascinarla dietro di sé in un nuovo gioco di conflitti inter-borghesi di cui, poi, paghereste nuove ed estreme conseguenze.

Questo ci pare il senso profondo della vostra attuale iniziativa e di tutto il lavoro che l’ha preceduta e vi ha visti attivi in ogni parte d’Europa a promuoverla e per questo, lo ripetiamo, siamo fieri e commossi di poter essere parte di essa.