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Un lavoratore di un albergo ci scrive.

Oggi si fa un gran parlare del settore turistico in Italia come una buona opportunità per i lavoratori e come compensazione della crisi che si sta vivendo nel settore industriale.
Al di là delle parole la situazione che io vivo nel settore del turismo non prospetta niente di buono per i lavoratori sia per il trattamento economico che per le condizioni di lavoro.
Partiamo dalle cameriere che sono uno dei settori fondamentali negli alberghi.
Iniziano la giornata alle 8 del mattino e finiscono alle 16 e 30 con mezz’ora di pausa; queste lavoratrici devono fare all’incirca 12 camere al giorno, gli standard di perfezione della camera sono molto elevati quindi sono sottoposte alla pretesa stressante di consegnare le camere in tempi brevi ed in uno stato perfetto cosa che spesso le fa incorrere in errori puntualmente fattogli pesare dai capi.
Queste lavoratrici non ricevono visite mediche aziendali per il fatto che in teoria non sollevano pesi in quanto sono supportate nel lavoro dal facchino che fa i lavori più pesanti come raccogliere la biancheria e sostituirla con quella pulita.
La realtà è che ogni cameriera non ha a sua disposizione un facchino e quindi è costretta da sola a spostare letti e comodini per pulire e a raccogliere dei grossi fagotti di lenzuola e asciugamani in modo da poter accelerare i tempi di consegna della camera, il tutto, come si può immaginare, spesso senza munirsi delle attrezzature che le permettano di svolgere il lavoro proteggendosi da prodotti di pulizia o dalle cose intime utilizzate dai clienti.
In teoria la roba dovrebbe essere portata via con i carrelli i quali sono contati o non utilizzabili perché nei corridoi in alcune zone ci sono dei gradini.
A volte avvengono delle discussioni accese tra le cameriere e i facchini che li accusano di ritardare il loro lavoro di supporto; ma non è facile per un facchino servire più cameriere spesso dislocate in aree distanti dell’albergo.
Visto l’opposizione dei facchini a queste condizioni di lavoro non è un caso che l’azienda ai facchini a contratto a tempo indeterminato affianchi dei lavoratori a chiamata, cioè degli extra secondo la definizione tecnica, per la maggioranza sono lavoratori immigrati, maghrebini, sudamericani e cingalesi i quali nella speranza di poter essere chiamati di nuovo devono accettare queste condizioni senza opporsi.
Da notare che mi è capitato di vedere tra questi lavoratori anche dei giovanissimi italiani o lavoratori italiani sui quarant’anni che hanno perso il lavoro dalle ultime ristrutturazioni e chiusure di fabbrica, anche se questa presenza è ancora ridotta.
Non sono pochi i casi in cui questi lavoratori portati all’esasperazione dagli stessi lavoratori fissi dell’albergo, tra i quali alcuni immigrati, che su di essi scaricano i lavori peggiori, avvengono delle reazioni di rabbia con la conseguenza di non essere più chiamati a lavorare.
Da tener presente che questi lavoratori extra per contratto non possono essere chiamati a lavorare oltre gli undici giorni altrimenti l’azienda potrebbe essere costretta, dietro una vertenza, ad assumerli o a risarcirli in denaro.
Mi hanno raccontato al sindacato che molti di questi lavoratori, per la maggioranza immigrati, preferiscono prendere i soldi piuttosto che farsi assumere dall’azienda, alla quale hanno fatto vertenza, per paura di rappresaglie; comunque le procedure di queste vertenze richiedono tempi molto lunghi per la risoluzione, si parla di attese anche di qualche anno.
A queste figure professionali vanno aggiunti i cuochi, i lavapiatti, i tutto fare meglio identificati con la definizione di "sguatteri".
Questi lavoratori lavorano spesso anche 12 ore al giorno e spesso tra la fine di un turno e l’inizio del turno successivo passano meno di otto ore calcolando che in questi tempi va eliminato il tempo di viaggio per rientrare a casa e per tornare a lavoro.
Queste condizioni sono presenti innanzitutto tra i lavoratori tutto fare che non a caso sono per la maggioranza immigrati, innanzitutto cingalesi, e con rapporto di lavoro a chiamata.
Molte volte questi lavoratori tra i quali anche i cuochi si possono vedere a mensa dormire seduti appoggiati sui tavoli, infatti questi lavoratori fanno lo spezzato, nel senso che non fanno le otto ore continuate ma le fanno nell’arco delle 10 o 4 ore, il tutto stabilito per contratto per venire incontro ai tempi morti dell’azienda.
A questi lavoratori vanno aggiunti gli stagisti che sono degli studenti per la maggior parte provenienti dalle scuole alberghiere i quali sulla carta dovrebbero fare soltanto un esperienza teorica e fondamentalmente visiva, nella realtà vengono fatti lavorare regolarmente diventando forza lavoro gratuita che quando ci sono gli scioperi rimpiazzano i lavoratori in sciopero.
A questo si aggiunga la mancia che i clienti lasciano, che è un elemento di forte contrapposizione tra i lavoratori che sono nella posizione (ricevimento, portineria, facchini bagagisti o addetto alla consegna dei bagagli in camera) di accedervi e quelli che ne restano fuori; l’importanza della mancia la si può comprendere se si pensa che tra i lavoratori con il IV livello a quelli con un livello ed una qualifica più bassa, che sono la maggioranza dei lavoratori degli alberghi che svolgono i lavori di fatica, il salario si aggira tra i €1.000 e i €700, 800 spesso compresi di scatti di anzianità ed assegni familiari.
Uno dei maggiori problemi che il settore degli alberghi sta facendo i conti è quello delle terziarizzazione e cioè di far gestire a delle società esterne con dei propri lavoratori mansioni o interi reparti dell’albergo.
Un caso molto significativo si è avuto all’hotel Hilton di Milano che ha terziarizzato alcuni piani dell’albergo a delle cooperative che fanno uso di cameriere addette alla pulizia delle camere, innanzitutto extracomunitarie e dell’Est Europa con condizioni di lavoro e trattamenti salariali molto peggiori dei lavoratori dipendenti dell’albergo.
Il sindacato ha organizzato delle manifestazioni di solidarietà sotto l’albergo che non hanno avuto seguito né tra i lavoratori dell’albergo interessato né dai lavoratori e delegati sindacali di altri alberghi definendo la terziarizzazione un problema che non riguardava i loro alberghi.
A quanto pare il direttore dell’albergo avendo visto il fallimento di queste iniziative di lotte ha allargato la cessione di qualche ulteriore piano dell’albergo alle cooperative.
Ciò che queste cooperative garantiscono è un abbassamento dei costi dell’azienda committente ed una riduzione dei tempi di consegna delle camere pulite con l’utilizzo di un minore numero di lavoratrici.
L’opposizione dei lavoratori ha fatto leva sul fatto che questo turn-over tra le lavoratrici delle cooperative andrebbe ad incidere negativamente sulla qualità del servizio perché il cliente perderebbe quel senso di familiarità che egli avrebbe nel vedere sempre lo stesso personale.
Durante la mobilitazione l’interlocutore dei pochi lavoratori presenti erano i clienti ai quali veniva dato un volantino che li invitava a sensibilizzare l’azienda su questo punto del disagio della perdita della familiarità dell’ambiente.
Quindi nessuna parola di solidarietà verso le condizioni di queste lavoratrici delle cooperative e verso i lavoratori fissi che non avevano partecipato alla protesta, anzi a tratti vi erano commenti che esprimevano contrapposizione verso questi lavoratori.
Nel fare il giro per gli alberghi durante la preparazione dello sciopero di quattro ore contro la riforma delle pensioni ho potuto assistere ad assemblee poco partecipate con una media di 15 lavoratori ad assemblea e con la partecipazione per la maggior parte delle volte di lavoratrici con mansioni di cameriera, con la partecipazione di qualche lavoratrice immigrata e in un caso di una lavoratrice extra che è anche intervenuta per denunciare la sua condizione di lavoratrice e di donna con i suoi carichi di problemi in famiglia.
Questa situazione di debolezza con bassa partecipazione veniva lucidamente spiegata dai lavoratori dalla sfiducia che i lavoratori hanno verso il sindacato, responsabile di aver lasciato passare tutta una serie di condizioni peggiorative, dalla paura di perdere il posto di lavoro, ma innanzitutto dal fatto che oggi ci sono un gran numero di lavoratori precari senza diritti sindacali e ricattabili che vanno a pesare sul numero di lavoratori dipendenti e dal fatto che i lavoratori che vanno in pensione o che cambiano lavoro vengono rimpiazzati da questi lavoratori a giornata o a chiamata o a tempo determinato.
Questo è solo una parte della realtà presente in questo settore del turismo che dovrebbe essere l’opportunità per i tanti lavoratori che vedono chiudere le proprie fabbriche o per i giovani disoccupati secondo il governo di centro-destra e i programmi di sviluppo del centro-sinistra.
Da questa situazione si comprende l’importanza di doversi rimboccare le maniche e partire dall’abc del lavoro di sindacalizzazione e di riattivizzazione dei lavoratori sui posti di lavoro che sia capace di coinvolgere queste realtà di lavoratori precari per l’unità di tutti i lavoratori sui posti di lavoro senza distinzioni e pregiudizi.

Franco P.

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