I fatti e i temi del numero 65 di che fare

Prosegue cruenta la guerra infinita dell’Occidente contro le masse sfruttate del Sud e dell’Est del mondo. Prosegue con non piccole difficoltà -esterne e interne- per gli aggressori, quand’anche la fiera resistenza delle masse irachene e mediorientali sconti difficoltà politiche anche maggiori.

La guerra di Bush-Blair-Berlusconi in Iraq-Afghanistan-Palestina è parte dell’attacco del capitale all’intero mondo del lavoro, che -con modalità evidentemente differenziate- non risparmia neanche gli sfruttati occidentali. Il marasma internazionale che monta dallo scatenamento della concorrenza e dagli scontri bellici che ne sono determinati non può essere tenuto lontano dai confini delle metropoli, dal cui cuore malato pulsano il marasma e la guerra  e in cui si è intanto accesa la miccia alla rivolta dei giovani immigrati di terza generazione nelle banlieues parigine.

I lavoratori occidentali stentano a guardare in faccia questa realtà. Continuano a non prendere sul serio Bush e il suo programma di “trenta anni di guerra”. Nella stragrande maggioranza -soprattutto in Europa- continuano a sperare che la situazione si possa aggiustare senza troppi traumi, che col voto si possa mandare a casa qualche governo più irresponsabilmente guerrafondaio, che possa riprendersi un percorso di “pace” e “sviluppo” all’interno del quale trovare riparo dagli attacchi forsennati degli ultimi anni.

Questo atteggiamento -metter la testa sotto la sabbia finché non passi il peggio- è in qualche modo favorito dai tentennamenti delle stesse borghesie europee, che si trattengono dal dare corso pieno all’offensiva frontale di cui anche i propri capitalismi avrebbero bisogno per non perdere terreno nella concorrenza mondiale. Laddove -come negli Usa- il capitale ha messo sul piatto il proprio programma, esterno e interno -vedi da ultimo l’annuncio di 30mila licenziamenti alla General Motors-, assistiamo non da ieri a una maggiore vivacità del fronte interno, che, nella maggiore continuità delle iniziative contro la guerra e nei segnali -non certo univoci- dal mondo del lavoro, è sollecitato a ridestarsi all’organizzazione e alla lotta dopo aver visto il “sogno americano” andare progressivamente in frantumi.

Certo, anche in Europa non mancano i segnali di preoccupazione e scontento delle masse proletarie. Li abbiamo registrati nel no francese e olandese ai referendum sulla costituzione europea, nella polarizzazione del voto tedesco, nei segnali di ripresa della mobilitazione in Francia -con lo sciopero generale e le lotte nei trasporti, purtroppo tuttora colpevolmente incomunicanti con la rabbia proletaria e giovanile delle banlieues-, negli scioperi in Italia contro la finanziaria di Berlusconi e per il rinnovo dei contratti.

Queste lotte restano però drammaticamente al di sotto di quelle che sarebbero le necessità anche della semplice autodifesa degli sfruttati. In esse vediamo spinte contrastanti. C’è attesa per la caduta “elettorale” di Berlusconi e per l’avvento dell’auspicato governo di centrosinistra, mentre la disponibilità a non cedere del tutto si traduce, allo stato, nel serrarsi attorno alla Cgil -e alla Cisl- e nel rilanciare il valore dell’“unità sindacale” a cui delegare un compito di mera pressione verso il quadro politico. Al tempo stesso, laddove la polarizzazione dei lavoratori avviene anche sul versante politico, vediamo che le aspettative operaie vanno a rifugiarsi, in un caso significativo, verso il radicalismo operaio alla Lafontaine dai tratti pericolosamente xenofobi e anti-immigrati.

Questi e altri i temi che trattiamo in questo numero del giornale. Lo facciamo senza nulla edulcorare delle difficoltà che attraversano il nostro fronte, stando come sempre in campo perché possano essere respinte le politiche che fomentano odio e divisione tra le fila del proletariato, le cui forze vogliamo contribuire a unificare nella battaglia contro il capitalismo.

Sommario

 

  • Il congresso Cgil e il (futuribile) governo Prodi, pp. 2-3

  • Lettere: dall'Ortomercato di Milano ("Dare una casa ai lavoratori...") e dalle mobilitazioni nelle università ("La nostra lotta non può rimanere confinata nelle scuole e nelle università...", pp. 4-5

  • La "guerra infinita" contro i lavoratori immigrati in Europa, pp. 6-9:

    • La rivolta dei banlieusars parla a tutti i lavoratori, immigrati ed europei

    • Contro il pacchetto Pisanu, contro il nuovo giro di vite (bipartisan) anti-immigrati

    • Parigi: 8 maggio 1945, 8 maggio 2005, il colonialismo continua...

    • Contro il colonialismo italiano di ieri e di oggi

  • Germania: la Grosse Koalition è una "soluzione" del tutto provvisoria, pp. 10-11

  • Dal e sul Medio Oriente, pp. 12-14

    • La morsa dell'Occidente si sta stringendo sull'Iran

    • Iran, l'Ulivo va alla guerra. A quando un'iniziativa contro la guerra?

    • Ebrei, stato di Israele e Medio Oriente di popoli liberi e uguali

    • La resistenza in Iraq e "noi", così poco... resistenti

  • Con l'America che marcia al grido di "Via i criminali che ci governano!", pp. 15-18

    • Le vicende contraddittorie del movimento sindacale

    • Le iniziative del movimento no war

    • Sulla storia dell'Afl-Cio

  • Ancora sul movimento in America Latina, pp. 18-19

  • Immigrant and Western workers: a single struggle against imperialism, p. 20 (english and arabic)

 

 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

Organizzazione Comunista Internazionalista